Famiglia

Immigrate: colori di donna scopre. L’altra metà del cielo

Associazione Colori di donna

di Redazione

Tre anni fa un gruppo di donne si è messo assieme per aiutare altre donne: le immigrate presenti a Padova. Nasce così ?Colori di donna? un?associazione che non ha ancora una sede, ma che lavora all?interno della società. «Siamo donne di diversi Paesi», spiega Essaraj Najat, marocchina, presidente dell?associazione, «e cerchiamo di aiutare le altre immigrate a inserirsi nel tessuto cittadino». Tra le prime attività messe in pista dall?associazione vi sono state alcune serate a tema, realizzando delle giornate dedicate a ogni Paese, un modo per far conoscere la propria culturale e le proprie origini, ma anche un modo per incontrarsi tra donne e trovare insieme soluzioni ai problemi, anche pratici che si incontrano giorno per giorno. Inoltre gli incontri tra di loro hanno aiutate queste donne ad approfondire le motivazioni del proprio agire e del perché mettersi insieme per aiutare le altre. «Quest?anno», spiega ancora Essarraj Najat, «abbiamo lavorato come mediatrici culturali all?interno delle scuole medie e superiori. È un modo per far sentire la nostra voce, far conoscere il lato positivo dell?immigrazione». L?associazione è ospitata alla Casa delle donne di piazza Napoli e lì è attivo uno sportello che dà informazioni alle straniere sulle leggi italiane e dell?Unione europea, sul diritto d?asilo, sul soggiorno e la cittadinanza, sulla salute e il lavoro. Colori di Donna collabora con gli enti, le associazioni e le istituzioni del territorio nella preparazione di incontri interculturali e nelle attività di divulgazione di una cultura multietnica attraverso dibattiti e convegni. Per molte donne immigrate l?integrazione è a volte più difficile che per gli uomini. «Quando una donna viene in Italia con il ricongiungimento familiare dipende dal marito che diventa come una barriera tra lei e la società italiana. Ma quando ha dei figli deve uscire di casa, andare a scuola avere contatti con l?esterno. Ed è per questo che la donna straniera non deve isolarsi, ma uscire facendo capire che ha una sua identità», spiega. «Noi ci siamo riuscite e non abbiamo perso la nostra identità, che è la cosa fondamentale».


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