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Illegittimo lo sgombero per precarietà abitativa

La sentenza del Tar della Lombardia

di Redazione

Il TAR della Lombardia, con sentenza n. 981/2010 ha dichiarato che gli sgomberi di insediamenti rom e sinti devono far fronte a reali situazioni contingibili di pericolo e di emergenza e non possono basarsi semplicemente sulla precarietà abitativa.

Secondo l’Asgi, che commenta la notizia sul suo sito, la sentenza crea un precedente giurisprudenziale assai importante per la causa dei diritti dei Rom e dei Sinti in Italia. La sentenza nello specifico ha annullato l’ordinanza del Sindaco del Comune di Gambolò, volta ad ordinare lo sgombero di un gruppo di Sinti cittadini italiani, insedianti con le loro roulottes da almeno trent’anni in un’area periferica  del Comune.

Il Sindaco aveva ordinato ai Sinti di liberare l’area, sulla base dei rapporti della Polizia locale che avevano indicato la precarietà delle condizioni igienico-sanitarie dell’insediamento. Il Sindaco aveva dunque invocato gli artt. 50 comma 5 e 54 del D.lgs. n. 267/2000, come modificato dal D.L. n. 92/08,  sostenendo che l’ allontanamento del gruppo di Sinti poteva essere  giustificato da motivi di tutela della salute pubblica  e della sicurezza urbana.

Accogliendo il ricorso inoltrato dai Sinti medesimi, il TAR Lombardia ha invece sostenuto che i poteri di ordinanza del Sindaco per motivi di tutela della salute pubblica, di cui all’art. 50 comma 5 d.lgs. n. 267/2000, possono essere giustificati solo da circostanze imprevedibili all’origine di vere e proprie emergenze igienico sanitarie non fronteggiabili con mezzi ordinari (Consiglio di Stato, sez. V. sentenza n. 868 dd. 16.02.2010). Nell’ordinanza sindacale, invece,  i paventati pericoli per la salute dei residenti, indotti, secondo il Sindaco di Gambolò, dall’insediamento  dei Sinti,  non risultavano minimamente accertati e documentati, rilevandosi soltanto una situazione di precarietà igienica dei luoghi, che ben può essere affrontata con mezzi ordinari.

Ugualmente, il TAR Lombardia rileva che l’adozione dell’ordinanza di allontanamento non poteva nemmeno essere giustificata da motivi di sicurezza urbana. Anche dopo le modifiche introdotte dal decreto-legge n. 92/2008 ed i nuovi poteri attribuiti ai Sindaci in materia,  il potere di ordinanza sindacale  ai sensi del nuovo art. 54 del d.lgs. n. 267/2000  deve sempre riferirsi alla tutela della sicurezza pubblica, intesa come un’attività di prevenzione e repressione dei reati penali, come indicato dalla giurisprudenza costituzionale (Corte Cost., n. 196/2009), escludendosi invece gli ambiti di riferimento della polizia amministrativa locale.

Di conseguenza, la presenza di situazioni di degrado o marginalità urbane, incuria o occupazione abusiva di immobili, di alterazione del decoro urbano, richiamate dal D.M. 5 agosto 2008, non possono giustificare di per sé l’attribuzione dei poteri di ordinanza del Sindaco, se non viene  dimostrato il nesso con fenomeni  di criminalità suscettibili di minare la sicurezza pubblica e la capacità obiettiva di tali situazioni di degrado di determinare  situazioni contingibili ed immediate di pericolo per la collettività. Altrimenti, il potere di ordinanza dei Sindaci sarebbe suscettibile di incidere su diritti individuali fondamentali  in modo assolutamente indeterminato e al di fuori delle garanzie costituzionali e internazionali.

La sentenza del TAR Lombardia sottolinea infine che, anche alla luce della consolidata presenza della comunità Sinti sul territorio del comune di Gambolò da almeno tre decenni, la questione dovrebbe essere oggetto di accurata ponderazione, tenendo conto  del rispetto dei diritti fondamentali degli appartenenti alla comunità Sinti e del necessario bilanciamento con l’interesse pubblico, anche alla luce degli strumenti istruttori e partecipativi previsti tanto dalla legge n. 241/90 quanto dalla legge regionale n. 77/1989 in materia di interventi per le popolazioni nomadi.

Il Comune di Gambolò è stato condannato al pagamento delle spese legali.

 

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