Politica

Ilaria Borletti: basta veti ai volontari per la cultura

L’ex presidente del Fai e deputata di Scelta Civica è stata nominata sottosegretario alla Cultura e al Turismo. Dice: «La questione delle risorse umane è decisiva per il futuro del nostro patrimonio»

di Giuseppe Frangi

L’esperienza certo non le manca, avendo vissuto gli ultimi anni in prima linea come presidente del Fai nella difesa e nella promozione di beni culturali importanti, delicati e per i quali lo stato non sarebbe in grado di muovere un dito. Ilaria Buitoni Borletti, che mesi fa aveva fatto la scelta di lasciare il Fai per continuare il suo impegno nella politica nelle fila di Scelta Civica, è stata nominata sottosegretaria alla cultura. «Sono contenta, anche se so l’impegno che mi attende. D’altra parte la mia scelta andava nella direzione di giocare il mio impegno per la cultura ad un livello istituzionale. E ora ci si deve rimboccare le maniche»

Si trova a lavorare con un ministro che appena nominato è stato oggetto di critiche…
Non capisco come si possa giudicare una persona senza averla visita neppure un minuto all’opera. Ci siamo conosciuti in parlamento, prima ancora delle rispettive nomine, e posso dire che con lui è scattata subito una buona intesa. Credo che collaboreremo bene insieme, sapendo che il compito che ci attende è realisticamente complicato, anche per la drammatica mancanza di risorse.

Sono state accorpate le deleghe della Cultura con quelle del Turismo. Una scelta che la trova d’accordo?
Sono d’accordo, se però ci sarà la possibilità di mettere in campo visioni strategiche e non limitarsi a progetti che vivono solo sulla carta. L’area archeologica campana è probabilmente la più importante al mondo, ma non basta dirlo e comuncarlo. Bisogna che questo patrimonio venga dotato di infrastrutture. Ci vuole una visione complessiva, allora ha senso l’accorpamento tra turismo e cultura.

In effetti il primo maggio lo stesso ministro Bray è rimasto ostaggio della Circumvesuviana che sli ha impedito di raggiungere Pompei…
Certo, un episodio che parla da solo.

Lei ha sempre sostenuto il ruolo che i volontari possono avere nella gestione dei beni culturali. Che spazi si potrebbero aprire?
Credo che la questione delle risorse umane sia una questione chiave e va affrontata senza pregiudiziali. Questo per dire che i sindacati non possono essere così rigidi nella loro visione e che la capacità che il volontariato ha nella promozione della cultura è un patrimonio troppo importante perché resti ostaggio di vecchie logiche. Sono tutte energie che vanno liberate e armonizzate con il contesto, senza veti preventivi.

Una delle sfide che l’attende è la decisione che riguarda la Pinacoteca di Brera. Una situazione che si trascina ormai da 40 anni. La fondazione è lo strumento giusto?
Bisogna affrontare la questione senza partiti presi. Non dico che la Fondazione sia lo strumento che risolve tutto, ma chi la criminalizza a priori fa un ragionamento molto ideologico. L’efficiacia e l’affidabilità di una Fondazione dipende da molte varianti, alle quali bisognerà prestare la massima attenzione. Ma è anche vero che uno strumetno come questo permette un’elasticità di cui la gestione statale oggi non è capace. L’esempio del Museo Egizio credo possa essere considerato un successo. Ma ricordiamoci che anche la National Gallery di Londra, che credo sia un’assoluta eccellenza a livello mondiale, è una Fondazione.

C’è chi teme il rischio di un’alienazione del patrimonio…
Ma è un timore fuori luogo. È chiaro che una Fondazione non potrà mai togliere allo Stato la prerogativa della tutela del Patrimonio. Per fare un esempio, una Fondazione non potrà mai dare in prestito un’opera come il Cristo Morto di Mantegna se il proprietario, cioè lo Stato, fissa una regola che impedisce i trasferimenti di opere di eccezionale importanza. C’è da star tranquilli, nessuno potrà trasformare Brera in un supermercato dei capolavori…
 

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