Cultura & Sociale
Il welfare? È in biblioteca
Una ricerca britannica dimostra che ogni anno le biblioteche inglese generano valore sociale per 3,4 miliardi di sterline. Realizzando svariate attività inclusive. In Italia sono spesso relegate alla sola consultazione e prestito di libri. Ma qualcosa sta cambiando. Antonella Agnoli autrice de “La casa di tutti. Città e biblioteche” ci accompagna in un viaggio ideale, da Bologna a Rosarno a Lecce, alla scoperta di luoghi in cui l’ energia sociale ha generato cultura
In Gran Bretagna un recente rapporto commissionato da Libraries Connected mostra come le biblioteche britanniche generano ogni anno un valore di almeno 3,4 miliardi di sterline grazie a servizi a sostegno dell’alfabetizzazione dei bambini, dell’inclusione digitale e della salute.
I ricercatori dell’University of East Anglia hanno scoperto che il valore economico prodotto dalle biblioteche potrebbe equivalere a sei volte i loro costi di gestione. Un buon motivo perché la classe politica scelga di investire in questi luoghi per offrire nuovi servizi alla comunità.
Ma non è tutto.
Lo studio dimostra che le biblioteche sono incredibilmente sensibili ai bisogni della comunità in cui sono inserite. Per esempio si è visto che in Inghilterra consentono alle persone emarginate di superare il loro isolamento sociale.
Durante la pandemia da Covid-19, per esempio, erano proprio i bibliotecari a chiamare gli utenti più a rischio solitudine fornendo servizi a domicilio. Il rapporto evidenzia che, oltre a essere luoghi del prestito di libri, si stanno trasformando in spazi per la comunità in cui è possibile stampare un curriculum, avere accesso alla propria posta elettronica, partecipare a corsi.
In Inghilterra stanno sempre più diventando servizi pubblici aperti alla comunità, investiti in pieno dai cambiamenti sociali e tecnologici del nostro tempo. Le biblioteche stanno ripensando la loro identità superando la visione tradizione di promozione del libro e della lettura per introdurre una pluralità di servizi che le rendono veri e propri incubatoti socio-culturali.
Le biblioteche permettono l’accesso a tutti, sono gratuite e non chiedono nulla a nessuno ma favoriscono contatti casuali che si trasformano in legami che consentono di avere risorse sociali migliori di quelle di partenza
— Antonella Agnoli
E in Italia? Lo abbiamo chiesto ad Antonella Agnoli, appassionata viaggiatrice tra persone e libri nei luoghi della conoscenza condivisa. Negli anni Settanta ha fondato e diretto la biblioteca di Spinea in provincia di Venezia e nei primi anni 2000, per il Comune di Pesaro, ha progettato la nuova biblioteca della città di cui è stata direttore scientifico. Negli ultimi dieci anni ha collaborato con vari architetti alla progettazione di biblioteche in molte città italiane e svolto un’intensa attività di formazione dei bibliotecari. Per Laterza ha da poco pubblicato La casa di tutti. Città e biblioteche. Un libro sulla città, sulle biblioteche e sulla cittadinanza attiva.
Agnoli la ricerca inglese ci racconta di biblioteche accoglienti, stimolanti, che promuovano attività e iniziative culturali. Biblioteche inclusive che ascoltano i bisogni della continuità. Possiamo dire che anche in Italia è così?
Gli inglesi, diversamente da noi, hanno sempre pensato che le biblioteche hanno un valore sociale. La novità di questi ultimi anni è che si sta capendo che tutto il sistema culturale porta dei benefici sociali e non solo economici e turistici. Si è compreso che la cultura produce un benessere nelle persone e, dunque, anche le biblioteche possono giocare un ruolo importante in questo senso. Sono spazi che dovrebbero essere considerati come di base. Offerti ai cittadini come si fa con la sanità pubblica. Ma purtroppo nel nostro Paese non è così. Per esempio quando si fa un nuovo piano regolatore di una città le biblioteche non compaiono mai tra gli standard urbanistici, ossia tra quegli spazi pubblici o di uso pubblico, che devono essere necessariamente previsti. Continuiamo a essere legati all’idea di biblioteca come spazio prevalentemente per lo studio e la lettura. Così allontaniamo i ragazzi. Nel libro racconto di un bambino che ho incontrato nella piazza antistante la biblioteca di Vernate, un comune di 3290 abitanti della città metropolitana di Milano, al quale ho chiesto perché non entrava in biblioteca e lui mi ha risposto che quel luogo gli ricordava la scuola che dopo il Coronavirus aveva abbandonato. Nelle sue parole tutto il pregiudizio che in Italia c’è sulle biblioteche.
È importante quindi creare un nuovo immaginario dello spazio biblioteca?
Certo a cominciare dal nome. Il mondo anglosassone le chiama “library” lasciando intendere che sono luoghi di relazione. Ricordo che quando sono stata per la prima volta negli Stati Uniti, molti anni fa, mi ha colpita la quantità di homeless, senzatetto, che c’erano nelle biblioteche. Proprio l’altro giorno a Bologna un signore cinquantenne, che ha perso il lavoro, ha raccontato a una testata locale che di notte dorme in una tenda e di giorno passa il suo tempo in Sala Borsa. Questo luogo dei cittadini che ha la magia di far diventare tutte le persone uguali una volta varcata la sua soglia. Se sei in un luogo dove non ti senti giudicato è più facile avere fiducia. Come spiego nel libro ricostruire la fiducia nelle nostre città è il primo passo per affrontare i problemi che dobbiamo risolvere se vogliamo lasciare in eredità un mondo decente ai nostri figli e ai nostri nipoti. Per farlo abbiamo bisogno di molte cose. Sicuramente di una cittadinanza attiva che si interessi e si impegni per sostenere la crescita personale e l’azione. Ma, anche, di luoghi dove si possano trovare beni culturali di ogni tipo e si possa partecipare a esperienze creative come corsi, laboratori, progetti. Spazi, non commerciali, per l’incontro anche casuale non programmato. Le biblioteche possono essere un centro propulsore perché tutto questo avvenga.
C’è una strada per costruire questo nuovo modo di pensare le biblioteche?
Creare una stretta collaborazione tra scuole, biblioteche, università, gruppi teatrali e musicali, musei, cittadini attivi. Occorre pensare a strategie per rafforzare e rendere efficace quella che nel libro chiamo l’energia sociale. Come spiego è importante che le scuole siano aperte al pomeriggio, le biblioteche creino percorsi per i ragazzi che si sentono respinti dalla scuola, magari in collaborazione con gli stessi studenti delle superiori, come è avvenuto nel quartiere Pilastro a Bologna dove accanto alla biblioteca Spina c’è la Casa Gialla un luogo nato dall’ascolto dei bisogni dei ragazzi e delle ragazze. All’inizio gli incontri non sono stati molto proficui. I ragazzi pensavano che non si voleva veramente capire di cosa avessero bisogno poi quando hanno compreso che volevamo progettare la loro casa, che sarebbero stati loro a disegnare i diversi spazi tutto è cambiato. Si sono mostrati entusiasti, collaborativi e con tante idee. Dalla ragazza che voleva un posto dove fare le unghie perché da grande avrebbe voluto diventare estetista, al ragazzo che ha chiesto una cucina per fare un corso come chef.
Pian piano ha preso forma Casa Gialla che ha aperto i battenti nel luglio 2021 ed è frequentata da decine di ragazzi che trovano ad accoglierli operatori con competenze soprattutto psicopedagogiche e tanti laboratori dall’hip-hop, alla break-dance, fino al beauty corner, un angolo con uno sgabello per nail art, gel e decorazioni per unghie molto richieste dalle ragazze del quartiere. Forse, come scrivo nel libro: “Alcuni storceranno il naso, il dibattito su cosa è giusto fare in biblioteca è sempre molto acceso. Ma se laccarsi le unghie è un modo per far venire le ragazzine, che poi scoprono che lì dentro possono fare tante altre cose, e possono stare insieme a farsi le treccine, perché no? Al club del libro non venivano più e in questo modo invece riusciamo a coinvolgerle. Tra l’altro, molto spesso le adolescenti hanno un rapporto difficile con il proprio corpo e sentirsi più belle aiuta a dare loro un po’ di sicurezza”.
Un altro esempio di energia sociale che genera cultura è a Rosarno dove degli straordinari giovani con sacrificio e passione hanno riaperto, restaurato e trasformare la mediateca Foberti trasformandola da luogo legato quasi esclusivamente al libro a centro di formazione, produzione e accesso alla cultura per tutti. Nasce FaRo, fabbrica del sapere.
La bellezza di questi luoghi è soprattutto che all’interno trovi persone che stanno con te, ti insegnano delle cose e ti accolgono. Tutto questo genera fiducia. Una cosa di cui abbiamo assolutamente bisogno.
Le biblioteche sono un luogo di eguaglianza …
Certo. Dimentichiamo che spesso i luoghi di cultura sono a pagamento mentre in biblioteca tutto è gratuito. Essendo ormai gran parte dello spazio pubblico delle nostre città privatizzato e occupato da macchine. Sempre più pezzi delle nostre città ci vengono sottratti. Anche per stare seduti è necessario consumare qualcosa. Avere un posto dove puoi stare tutto il giorno senza che nessuno ti chieda di consumare non è una cosa da poco.
Nel 2022 a Lecce è stata aperta la biblioteca OgniBene, diventata subito un luogo amato e frequentato da molti ragazzini. Qui i genitori giocano con i figli a calcetto, seguono corsi di coding e c’è il club dei manga. I bambini piccoli ascoltano storie raccontate con il kamishibai, un antico metodo giapponese. C’è il prestito dei libri. Un giorno un bambino ha chiesto: “Come è possibile che nella nostra città esista un luogo così fantastico? Non sembra
di essere al Sud. Ma quanto costa?” Ecco non siamo più abituati alla gratuità dei luoghi.
In una società in cui solo se hai la fortuna di nascere in una famiglia che ti consente di accumulare risorse sociali qualitativamente migliori hai la possibilità di intessere relazioni utili per il tuo futuro. Ecco che le biblioteche consentono a tutti l’accesso e non chiedono nulla a nessuno ma favoriscono contatti casuali che si trasformano in legami. Dunque, questi spazi gratuiti consentono incontri che, se pur superficiali, permettono l’accesso a risorse sociali migliori di quelle di partenza.
Quindi è corretto dire che la strada per ripensare le biblioteche è far partecipazione alla progettazione chi poi vivrà quel luogo?
Sì, perché non esistono più modelli replicabili. Ogni luogo risponde a quelli che sono i bisogni della sua comunità. Dobbiamo pensare che le biblioteche sono luoghi dove si possono ritrovare persone, e soprattutto ragazzi, che provengono da ambienti familiari molto diversi. Una cosa magnifica di questi spazi è il fatto che di solito si entra per un motivo, come prendere in prestito un libro, e si scopre che c’è un corso di uncinetto, la conferenza sull’Alzheimer o il torneo settimanale di burraco. Insomma scopri che sono luoghi vivi.
Leggi anche l’esperienza di OgniBene, la community library di Lecce.
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