Formazione

Il Welfare che non c’è più

Un bilancio dopo quasi tre anni di politiche sociali del governo. Tra annunci di misure mai realizzate, roboanti promesse e concertazioni mai partite non c’è da stare allegri.

di Gabriella Meroni

“Bobo, hai letto bene quello che ti ho lasciato scritto?”; “Sì, Livia, non ti preoccupare. So tutto a memoria”. Perugia, 5 luglio 2001. L?ex ministra della Solidarietà sociale, Livia Turco è seduta accanto al neoministro del Welfare (con Affari sociali incorporati), Roberto Maroni. Sono a una festa per la Terza età, sotto un tendone, fa caldo e le tovaglie di plastica appiccicano. I due si sorridono, intorno è tutto un luccicare di flash. “Hai fatto un sacco di cose buone, Livia”, si sdilinquisce Maroni, che ha giurato da meno di un mese. “Lascia stare”, civetta la Turco, che quando ha lasciato la poltrona di via Veneto ha pianto. Non sapevano i due (o forse uno sì?) di essere solo all?inizio, al prologo di un triennio (quasi) in cui del Welfare del governo si sarebbe fatta fatica a ritrovare traccia, delle politiche sociali di un tempo sarebbero rimasti brandelli e sui fondi sociali si sarebbero abbattute sforbiciate senza precedenti. Un declino sancito nei giorni scorsi dalle parole dello stesso Maroni (“Urge la riforma del Welfare”) ma soprattutto da quelle degli alleati, in primis il vicepremier, Gianfranco Fini (“Apriamo il tavolo sul Welfare entro il 10 marzo”) e il segretario Udc, Marco Follini: “Bisogna rendere più forte il sistema della sicurezza sociale”. Ma vediamo, voce per voce, quanto il governo ha realizzato fin qui sui vari fronti sociali, e quanto, invece, si è limitato ad annunciare. UNA PRIORITA’: LA FAMIGLIA Festa e Osservatorio non bastano Innanzitutto, la famiglia. Sbandierata come priorità assoluta, oggetto del primo capitolo del Libro Bianco pubblicato un anno fa, ha ricevuto molti elogi, ma pochi sostegni. Eppure all?inizio della legislatura le promesse erano state tante e roboanti: sussidi economici alle famiglie anche temporaneamente in difficoltà, sportelli per famiglie che assistono malati cronici e disabili, buoni salute e potenziamento dell?assistenza domiciliare, soprattutto se svolta da organizzazioni del Terzo settore. L?unica voce positiva in bilancio è finora il contributo di mille euro, una tantum, per i secondogeniti. A meno che non si voglia considerare come misura significativa l?istituzione della Festa nazionale della famiglia, annunciata per il 15 maggio, o l?insediamento, a gennaio, dell?Osservatorio sulla famiglia. Si sta ancora studiando, invece, la riforma fiscale annunciata due anni e mezzo fa, e che avrebbe l?esenzione totale ai nuclei che guadagnavano (allora) meno di 22 milioni di lire l?anno. Il bilancio è magro. Povertà e aiuti al reddito Non c?è problema, siamo più ricchi La legislatura era partita con un?infuocata polemica sulla non riconvocazione della Commissione povertà, rimasta ferma da giugno a dicembre 2001, e poi disciolta causa dimissioni in massa dei suoi componenti. La riconvocazione dell?organismo è del marzo 2002. Presieduta dal sociologo Giancarlo Rovati, presenta il suo primo rapporto a dicembre 2003, la cui novità principale è segnalare che la povertà in Italia è diminuita di un punto percentuale, dato che ora interessa non più il 12 ma l?11% delle famiglie. Tra le righe, il professore segnala anche che la povertà è invece estesa tra anziani e minori, ma la cosa passa inosservata. Il 31 luglio 2003, durante il semestre europeo a guida italiana, l?Italia presenta il Piano nazionale di azione sull?inclusione sociale e contro la povertà (Nap, dal nome in inglese), valido fino a tutto il 2005. Include strumenti per il sostegno all?occupazione, all?imprenditorialità, al reddito. “In autunno tradurremo le indicazioni del Piano e del Libro bianco in provvedimenti concreti nella legge Finanziaria”, promette Maroni. Di fatto: il reddito minimo di inserimento è stato cancellato per mancanza di fondi, il reddito di ultima istanza sulla carta c?è, ma è stato demandato alle Regioni, che dovranno provvedervi con i propri scarsi fondi (vedi capitolo sul fondo sociale). Fisco amico del non profit Deducibilità totale? Neanche al 10% Altro che la nostra + Dai ? Versi! Il Welfare nostrano sembrava molto più avanti. “Detassazione delle donazioni a favore del non profit e del volontariato e una ?Tremonti del sociale? che utilizzi la leva fiscale per il rilancio del non profit, sono i due provvedimenti che il governo intende realizzare per incentivare il non profit”: così scrivevamo nel luglio 2001 sul nostro sito www.vita.it. A ottobre 2002, a Vita il ministro ribadiva: “Lo Stato fa un passo indietro come gestore di servizi che avrebbe garantito e spesato con la leva della fiscalità generale. In questo modo, posso usare la leva della defiscalizzazione come volano a ciò che i corpi intermedi fanno nel campi dei servizi di pubblica utilità. In questo progetto la deducibilità totale delle donazioni è un passo necessario. Quando accadrà? Entro fine anno”. Il resto è cronaca: nel febbraio 2003 Maroni aderisce alla proposta di legge + Dai – Versi, che prevede la deducibilità delle donazioni al non profit fino al 10% del reddito dichiarato. Poi sparisce. I diritti dei bambini Nidi in azienda. Che volete di più? A parte la perdita della delega sulle adozioni internazionali, non si registra granché di significativo. Nell?aprile 2002 si insedia il nuovo Osservatorio infanzia, che a novembre produce il Piano straordinario per la chiusura degli istituti, prevista entro il 2006. Promette promozione per l?affidamento familiare, formazione e rimborsi spese per le coppie affidatarie, incentivi alle associazioni e uno speciale fondo per sostenere i genitori adottivi di minori con più di 12 anni o con handicap. Promette, dicevamo, perché di operativo non c?è un bel niente. L?unica misura diretta ai più piccoli è costituita dal fondo (10 milioni) per gli asili nido aziendali, che serviranno a far partire un centinaio di nuove strutture. 328, la grande riforma Da tre anni in frigo. Mal conservata Tra le eredità più importanti della scorsa legislatura c?è la legge 328, la ?riforma dell?assistenza sociale?, che sta in frigorifero ormai da tre anni. Non è dimenticanza da poco: si tratta infatti della normativa quadro che dovrebbe stare alla base di tutto il sistema di protezione sociale italiano. A tre anni dall?approvazione, però, solo la metà delle Regioni si è dotata degli strumenti legislativi necessari per attuare la norma, mentre i decreti attuativi del governo sono in alto mare. Le Acli hanno raccolto mille firme di sindaci e amministratori per chiedere al governo di uscire dall?impasse. Al momento della consegna della petizione, la promessa: i Livelli essenziali di assistenza (senza la definizione dei quali la 328 non parte) saranno pronti in primavera. Dovevano essere licenziati, per legge, entro il 31 dicembre 2002. Fondo sociale nazionale Per la prima volta ha visto la scure La Finanziaria 2004 è riuscita per la prima volta laddove le altre avevano fallito: ha tagliato il Fondo nazionale per le politiche sociali. Nel 2003 era di oltre 1.716 milioni di euro, quest?anno è fermo a 1.690. Non solo: la quota destinata alle Regioni per le politiche sociali, previste dalla 328, sembra essere stato decurtato (il tono ipotetico è giustificato dall?assoluta confusione delle cifre di questi giorni) di circa 300 milioni; dal Fondo sono poi stati distratti 129 milioni per finanziare il nuovo Dipartimento per le politiche antidroga, passato alla presidenza del Consiglio. In un incontro romano, Maroni ha promesso di metterci una pezza, ma il disagio tra i governatori, che si vedranno costretti a tagliare i servizi sociali, si è espresso con un clamoroso ricorso al Tar (poi ritirato) da parte della Regione Veneto, il cui assessore Antonio De Poli presiede anche la Conferenza degli assessori regionali alle Politiche sociali. Politiche per i disabili Legge Biagi e ?dopo di noi?. E poi? Il 13 febbraio si è svolta la riunione preparatoria per l?insediamento dell?Osservatorio nazionale sulle disabilità, che avrà sede a Milano. A sedere nel neonato organismo sono soprattutto associazioni lombarde, mentre i due più rappresentativi coordinamenti nazionali, Fish e Fand, sono rimasti fuori. La semi-costituzione dell?Osservatorio segue allo stanziamento di 15 milioni per 41 progetti relativi al ?dopo di noi? (assistenza a disabili gravi adulti), finiti al 100% a enti locali. Da segnalare anche l?articolo 14 della legge Biagi che riguarda l?inserimento al lavoro dei portatori di handicap. Approvata, invece, la legge sull?amministratore di sostegno. Terzo settore e volontari Poco confronto, una bozza di legge Il 9 marzo 2002 si insedia a Milano l?Agenzia per le onlus. È un momento in cui tra ministero del Welfare e associazioni c?è ancora feeling, e le dichiarazioni di stima reciproca si sprecano. Si arriva perfino a ipotizzare un tavolo di confronto permanente tra ministero e Forum del Terzo settore (che però non nascerà mai) e una Conferenza nazionale del volontariato da convocare ogni anno (la prima e ultima è stata ad Arezzo nel 2002). Partono invece le consultazioni per arrivare a una riforma della legge di settore, la 266. A oggi, la bozza è pronta.


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