Volontariato

Il volontariato marcia con gli Schützen

Così Bolzano ha blindato il terzo settore

di Francesco Dente

È l’unica provincia che non abbia istituito un Centro servizi per il volontariato. Perché qui l’amministrazione controlla tutto. Con generosità ben calcolata… Non si sa mai. Meglio stare attenti. L’Albero della Cuccagna (Michl) sarà pure un simbolo beneaugurante ma è bene metterlo in sicurezza. L’operazione, effettuata su richiesta dell’associazione di volontariato Brauchtums verein di Lutago, cittadina della Valle Aurina nel Sud Tirolo, è costata 5mila euro. Più salato, invece, il conto per il restauro degli abiti tradizionali, dei pantaloni in pelle, delle giubbe e per l’acquisto di nuovi cappelli per le signore della banda di Sant’Andrea, frazione di Bressanone. Ben 8mila euro.
Piccoli contributi, a pioggia, finanziati con le risorse del Fondo speciale per il volontariato istituto dalla 266. Somme delle fondazioni d’origine bancaria che, in base alla legge quadro, dovrebbero servire per l’istituzione di Centri di servizio (Csv) gestiti dal volontariato ma che in provincia di Bolzano sono amministrate direttamente dal Comitato di gestione e dalla Provincia che svolge le funzioni di segreteria del Comitato. Qui, infatti, il Csv non è mai nato. Una prassi unica in Italia e che suscita perplessità sulla sua legittimità. Come confermano a Vita Marco Granelli, presidente di Csvnet, e Roberto Giusti, coordinatore della Consulta nazionale dei Comitati di gestione. «Il volontariato diventa solo destinatario delle risorse e non soggetto che decide ed effettua le proprie scelte di sviluppo», commenta Granelli. D’accordo Stefan Hofer, presidente del Dachverband, la Federazione provinciale delle associazioni sociali: «Se ci fosse il Csv la distribuzione delle risorse sarebbe diversa e il sociale avrebbe più soldi».
Granelli e Giusti fanno luce su un punto centrale: il volontariato altoatesino non ha mai (salvo alcuni tentativi nel passato) sollevato la questione. Il motivo? Si può intuire. Le risorse per le associazioni non mancano, anzi. Secondo l’ultimo censimento Istat 2005 sul volontariato, le compagini della solidarietà organizzata altoatesine, con quasi il 32,9%, sono quelle che registrano la percentuale più alta in assoluto di entrate da sussidi e contributi a titolo gratuito da fonte pubblica (11,6% in Italia).
«Visto che i soldi arrivano, nessuno ha grande interesse a cambiare le cose», taglia corto Hofer. E chi, del resto, dovrebbe farlo? Il 40% delle organizzazioni opera nel settore della ricreazione e cultura (13,5% Italia). Le bande, i gruppi folkloristici e i famosi schützen (discendenti dell’esercito tirolese che oggi svolgono soprattutto funzioni di tutela delle tradizioni cristiane e dei costumi locali) rappresentano il cuore dell’identità altoatesina ma soprattutto il bacino elettorale dell’establishment tirolese. La legge provinciale 11/93, a tal proposito, considera il volontariato anche un «momento aggregante di socializzazione soprattutto nelle comunità marginali». «È una definizione in cui può rientrare qualsiasi associazione che abbia una qualche finalità sociale, anche in senso lato», afferma Renato Frisanco, ricercatore della Feo-Fivol. Il punto è che si tratta di organizzazioni che forse figurerebbero meglio nel registro delle associazioni di promozione sociale anziché del volontariato, come accade in altre regioni. La Provincia lo ha istituito nel 2004 ma, al momento, conta solo 31 associazioni contro le 1.772 incluse nell’elenco del volontariato. Temono di perdere i benefici finanziati con le risorse del Fondo del volontariato? Non è l’unica particolarità tirolese. Il Comitato di gestione, diversamente dalle previsioni della legge quadro, assegna le risorse solo alle organizzazioni iscritte nel registro. Prassi, osserva Frisanco, che rischia di produrre «una tendenziale istituzionalizzazione del volontariato». Il timore, insomma, è quello del collateralismo e del “paternalismo istituzionale”. Sarà un caso se il presidente della Provincia, Luis Durnwalder, è alla testa anche del Comitato di gestione e dell’Osservatorio del volontariato?


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