Sostenibilità

Il vero contagio? È la cattiva informazione

Influenza A

di Redazione

Paura e allarme. Le due parole dominanti sui media negli ultimi sei mesi. A cui però fanno riscontro dati di mortalità molto più bassi rispetto a quelli di una normale influenza stagionale. Genesi e risultati dell’ennesimo allerta sanitario mondialedossier a cura di Piero Pacchioli
Mucca pazza, antrace, Sars, aviaria e ora A H1N1. Almeno ogni due anni un nuovo allarme sanitario monta sui media. Se ne parla per mesi ma poi passa e tutti, senza grandi vittime, oggi sono praticamente dimenticati. L’ultima emergenza si chiama «influenza A H1N1». Come negli altri casi, ci troviamo a porci le solite domande: ma quanto è pericolosa questa nuova influenza? E quanto potrà diffondersi? Quante vittime potrà fare? «A tutt’oggi nessuno è in grado di stabilire con certezza cosa accadrà», spiega Rossella Miracapillo dell’Osservatorio Farmaci e salute di MC. «Di certo c’è che il virus sembra accelerare la fine di alcuni soggetti particolarmente deboli. Questo è vero anche per le influenze stagionali, però, e quindi non identifica un rischio specifico del nuovo virus».
Come spiegare allora tutta la paura dei cittadini di fronte a questo virus? Probabilmente il motivo dell’allarme che circola ormai in tutto il Paese deriva da una scorretta informazione. «Non va sottovalutato comunque che il rischio sociale è effettivamente elevato», dice Roberto Coslovi, neuropediatra ed ex direttore della Ssd di Follow up del neonato a rischio dell’Azienda ospedaliera San Giovanni-Addolorata di Roma, «perché è possibile che un gran numero di persone si ammali in tempi relativamente ristretti con un dispendio economico elevato».

L’equazione inconscia
“Paura e allarme”, comunque, sono i due sostantivi che hanno caratterizzato tutta l’informazione sul tema degli ultimi sei mesi su giornali, telegiornali, siti internet. E discorsi della gente. La confusione nei cittadini è data dai titoli dei giornali o dei telegiornali che annunciano il “contagio” e che molto spesso sono alternati ad articoli che annunciano “morti”.Questo determina un’equazione inconscia. «Infatti nessun articolo ha mai precisato che il contagio in sé non è pericoloso in quanto i sintomi possono avere una enorme gradualità, da lievissimi nella stragande maggioranza dei soggetti fino a sintomi gradualmente più gravi a seconda del soggetto colpito, esattamente come accade anche nell’influenza stagionale. Infine il numero dei morti piuttosto ballerino, sempre citato nei titoli, crea nella mente del lettore una sequenza di questo tipo “paura, allarme, contagio, morte”, il che ha comportato l’implicito sillogismo che ogni contagio può significare morte», spiega Rossella Miracapillo.
La cronologia
Ripercorrendo la cronologia degli avvenimenti, i primi articoli sono comparsi a partire dal 24 aprile e subito i titoli sono stati estremamente allarmanti, ma sin da subito contrastanti. In quel momento la macchina della paura è partita. Ci sono volute meno di due settimane. Nei giorni seguenti, ogni giorno ogni media dedicherà un titolo di prima pagina alla infezione.L’11 giugno l’Oms ha dichiarato la prima pandemia globale portando l’allerta al livello 6. Le notizie saranno sempre più allarmanti e il governo a tempo di record individua la copertura economica di circa 400 milioni della campagna vaccinale e la inserisce nel Dpef , il documento di programmazione economica approvato a luglio. Cosa si acquista? «48 milioni di dosi di vaccino», secondo il ministro Maurizio Sacconi, «che verranno prodotte tra novembre e gennaio 2009». «La fornitura sarà a carico delle aziende farmaceutiche con cui il ministero ha un contratto di prelazione dal 2005», ha dichiarato Antonio Tomassini, presidente della commissione permanente sulla Salute al Senato.
La pandemia incalza e il 2 settembre arriva la prima vittima italiana. Un uomo di 51 anni a Napoli. In Italia è il panico, scatta il pressing sulla fornitura di vaccino. Il vaccino è urgente e la gente lo richiede a gran voce. A poco servono le rassicurazioni sul fatto che la prima vittima fosse affetta anche da altre gravi patologie. L’elenco dei morti si allunga e a tutt’oggi se ne contano 71, una percentuale, rispetto al totale dei malati, pari allo 0,0029%. Di questi 71 quasi tutti erano affetti da gravi patologie e certamente non rassicura il fatto che probabilmente la loro fine sarebbe arrivata comunque a causa di qualunque altro virus. Infatti, essendo alcuni di loro immunodepressi o avendo altre patologie gravi, erano una porta spalancata su qualunque tipo di virus, che forse però non avrebbe avuto un esito letale così veloce.

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