Politica

Il vero Catilina. Un idolo dei miseri

Fu una figura straordinaria e anomala. Uomo di grandissimo carattere, ma dall’immagine impresentabile. Tutti i moralisti di Roma si scagliarono contro di lui. A cominciare da Cicerone. Dalla sua parte

di Redazione

Grande in vigore d?animo e di membra, ma d?ingegno malvagio e vizioso, fin dalla prima giovinezza gli piacquero guerre intestine, stragi, rapine, discordie civili. Il corpo resistente alla fame, al gelo, alle veglie oltre ogni immaginazione. Animo temerario, subdolo, mutevole, simulatore e dissimulatore di qualsivoglia cosa, avido dell?altrui, prodigo del suo, ardente nelle cupidigie, facile di parola, niente saggezza».
Così, seguendo il classico cliché della corruzione dei costumi – e dimenticando per spregio persino il cognome, Sergio, che lo distingueva come nobile – Sallustio presenta Catilina, l?uomo a cui Cicerone deve la sua fortuna politica. «Spirito vasto, anelava sempre alle cose smisurate, al fantastico, all?immenso. Dopo la dominazione di Silla era stato invaso da una sfrenata cupidigia d?impadronirsi del potere, senza farsi scrupolo della scelta dei mezzi pur di procurarsi il regno. Sempre di più, di giorno in giorno quell?animo fiero era agitato dalla povertà del patrimonio e dal rimorso dei delitti, entrambi accresciuti dai vizi sopra ricordati».
La verità è diversa, molto. Motore e ingranaggio di quella Roma corrotta, ?tormentata dai due mali funesti e fra loro discordi, il lusso e l?avidità? che vivrà il terrore delle guerre civili attenendo la clemenza di Cesare, Catilina è soprattutto altro. Qualcosa d?incomprensibile per Sallustio, uomo del ceto medio abbiente, esempio perfetto del progressismo moderato che si illude (o spera, in malafede) di superare la crisi del I secolo senza la riduzione dei privilegi. Catilina è l?interprete del vasto, insanabile disagio emerso nel secolo precedente con i Gracchi, e che le bocciature ai suoi tentativi di diventare console stigmatizzano. Basta guardare gli uomini che lo seguono nel disegno di rovesciare l?oligarchia senatoriale. Non sono gli stessi che Sallustio fa parlare nel suo capolavoro, La guerra di Giugurta, per bocca di Memmio o del console Mario. Non sono cioé homines novi, italici, borghesi, imprenditori consapevoli di muovere l?economia e quindi di appartenere di diritto alla classe dirigente. Catilina è l?idolo di un popolo diverso, il popolo dei braccianti, degli artigiani, dei lavoratori stagionali senza diritti, degli artigiani e dei piccoli possidenti espropriati da Silla a favore dei suoi veterani, dei nobili declassati e anche degli utopisti, degli ambiziosi frustrati, dei sicari senza nome. Infine, nelle ultime settimane, Catilina diventa la bandiera persino degli schiavi. Una folla di gente diversa, strana, inconciliabile, accomunata dai debiti e da un impossibile miraggio: una società più giusta.
Nato nel 108 a Roma, Lucio Sergio si appassiona di lettere classiche e ginnastica, prima di iniziare la carriera politica tra i seguaci di Silla. Eletto questore (78) passa rapidamente alla carica di edile (70), impressionando i senatori al punto da essere eletto a tempo di record pretore (68) e un anno dopo propretore in Africa (67). Comincia qui il suo periodo oscuro, contrassegnato da un?accusa di profitti illeciti (66), causa che gli impedisce di proporre la sua candidatura alle lezioni consolari nei termini legali. In realtà Silla ha già deciso di far eleggere candidati populares, tagliando fuori i nobili in decadenza come Catilina che avevano sostenuto la sua ascesa. Il piano del dittatore acceca Catilina che, nel dicembre del 66, partecipa a una prima cospirazione antisenatoriale, promossa forse da Cesare e Crasso. I congiurati avrebbero dovuto uccidere i consoli all?alba del primo giorno del 65. Ma il piano fallisce.
Catilina non si dà per vinto e ripropone la sua candidatura per l?anno successivo. Ai primi di giugno riprende però il complotto, convocando i suoi simpatizzanti in casa. «Noialtri, valorosi, prodi, nobili e non nobili, siamo diventati volgo, senza credito, senza autorità, asserviti a padroni ai quali, se lo Stato valesse, avremmo incusso timore. Tutto il credito, la potenza, l?onore, le ricchezze sono presso i tetrarchi o dove essi desiderano. A noi hanno lasciato le ripulse, i pericoli, i processi, gli stenti. Fino a che punto, o valorosi, sopporterete ciò, un misero». Ma qualcuno parla e il timore di un rovescio a Roma porta alla vittoria nelle elezioni consolari del 63 gli avversari di Catilina, Cicerone e Antonio.
La propaganda sovversiva si infittisce. Catilina recluta nuovi adepti negli strati più umili della società, allontanando da sé Cesare Crasso, attentissimi a non inimicarsi i ceti abbienti. Progetta ancora un assassinio di consoli, per il mese di marzo, ma l?ennesimo fallimento lo costringe a ricorrere alle armi. Con un piccolo esercito affidato ad un ex generale di Silla, Manlio, Catilina si dà alle razzie, alle rapine, agli incendi, colorando a tinte fosche la propria candidatura per il consolato del 62 e fornendo a Cicerone il pretesto per denunciare in senato la congiura, nell?ottobre del 63. Un allarme che fa assumere i pieni poteri ai consoli, che richiamano l?esercito per contrastare la marcia su Roma dei catilinari.
Arriva la notte fatidica, tra il 6 e il 7 novembre. In casa di Marco Leca due congiurati propongono di uccidere Cicerone, quella notte stessa, ma qualcuno lo avvisa e il piano viene sventato. Il giorno successivo, Catilina in senato è costretto ad assistere alla prima Catilinaria, in cui Cicerone lo accusa di attentare alla sicurezza dello Stato. Catilina lascia l?aula e la città minacciando i senatori, ma il giorno dopo Cicerone insiste: con la seconda orazione accusa apertamente i complici di Catilina rimasti a Roma.
Raggiunta Fiesole, mentre si prepara alla battaglia definitiva, Catilina fa scrivere dal comandante del suo esercito, Manlio una lettera a un senatore, per raccontare i motivi della rivolta. «Abbiamo preso le armi né contro la pace né per nuocere ad altri, ma perché le nostre persone fossero sicure dall?ingiustizia. Sventurati, indigenti per la violenza e la crudeltà degli usurai, siamo stati quasi tutti privati del focolare e tutti della reputazione e delle sostanze; a nessuno di noi secondo la pratica della legge degli avi fu concesso che, perduto il patrimonio, conservassimo libera la persona: tant?è stata la crudeltà degli usurai e del pretore. Noi non chiediamo potere né ricchezze, ma libertà che nessun uomo vero perde se non insieme alla vita».
Tutto inutile. Sapendo che la plebe simpatizza con i congiurati, Cicerone si procura la prova della loro colpevolezza, suggerendo a un suo emissario di prendere contatti con gli Allobrogi, venuti a Roma per protestare contro il malgoverno romano, per attirarli nella congiura. Coprendoli di promesse, Cicerone induce i Galli a farsi consegnare lettere dai catilinari, poi con l?inganno li chiama in senato e li smaschera, procurandosi l?alibi legale per attaccare Catilina, ormai nemico ufficiale dello stato.
è l?alba del 3 dicembre. Chiamati a deporre, i catilinari rimasti a Roma sono riconosciuti colpevoli. Cicerone pronuncia la quarta Catilinaria, mentre solo Cesare, che pure li riconosce colpevoli, invoca per loro un processo regolare e il diritto di appellarsi al popolo. Catone però rompe gli indugi e chiede la procedura straordinaria, la pena di morte senza appello secondo l?antica tradizione repubblicana. I senatori accettano e i congiurati sono strangolati la notte stessa, nel carcere Mamertino.
Non c?è più tempo. L?esercito è partito per impedire a Catilina di rifugiarsi in Gallia. La mattina del 5 gennaio del 62, nei dintorni di Pistoia, gli eserciti si incontrano. Un segno del cielo sembra aprire uno spiraglio per gli insorti: colpito da un attacco di gotta, il console ha dovuto lasciare il comando dell?esercito repubblicano a un suo luogotenente, Marco Petreio. Catilina non indugia e, dopo uno dei più toccanti discorsi della storia romana, dà l?ordine di attaccare. «Fu trovato lontano dai suoi, tra i cadaveri dei nemici; respirava ancora appena, recando impressa in volto la fierezza d?animo che aveva avuto da vivo»

Per saperne di più
La congiura di Catilina di Sallustio è disponibile nelle edizioni Mursia e Mondadori. Le quattro catilinarie di Cicerone sono edite da Garzanti, nei Grandi libri sotto il titolo Contro Catilina (12mila lire). Il giornalista Massimo Fini invece ha pubblicato per Mondadori (14mila lire) una biografia di Catilina, che è stata un groso successo editoriale.

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