Da qui al 2020 l’Italia vedrà triplicare il numero di pale presenti sul territorio. Così spera il governo, così sperano molti degli ambientalisti. Un boom che, però, non piace a tutti. Coldiretti si mette in prima fila sul fronte del no, a tutela del paesaggio. E punta il dito contro le speculazioni Dodicimila megaWatt. Sta tutta in questa cifra la posta in gioco della battaglia del vento. Una cifra messa nero su bianco in un documento ufficiale del governo italiano, il cosiddetto Position paper presentato alla Commissione europea. Quello in cui l’Italia dice come intende raggiungere gli obiettivi messi a punto da Bruxelles sul fronte delle energie rinnovabili e dell’abbattimento delle emissioni inquinanti, da qui al 2020. Ebbene, in questa dichiarazione di intenti si punta, di fatto, a triplicare l’attuale potenza installata di energia eolica (3.861,9 MW a fine 2008), arrivando, appunto, alla cifra di 12mila MW. Un vero e proprio boom, come spiega Giovanni Battista Zorzoli, presidente di Ises Italia ed esperto di energie rinnovabili: «Quasi il 40% dell’incremento di energie rinnovabili previsto da qui al 2020 arriverà dal vento. Altro che contributo marginale…»
Normale dunque che attorno a quei 12mila MW si coagulino interessi diversi, spesso contrastanti. I produttori di energia, ovviamente. Gli enti locali. E poi gli ambientalisti che nelle loro principali espressioni associative (WWF, Legambiente, Greenpeace) puntano sull’eolico, mettendo in gioco la loro credibilità. C’è un altro attore di cui forse si è tenuto poco conto, l’agricoltura. Che in questi giorni ha fatto sentire, alta, la sua voce, attraverso il megafono di Coldiretti, che ha lanciato un evento dal titolo assai significativo, «La speculazione dell’eolico – Palazzinari dell’energia». Schierata con l’associazione degli agricoltori, una serie di sigle ambientaliste “controcorrente”, capitanate da Italia Nostra.
Il gioco non vale la candela, quindi, secondo Coldiretti, soprattutto se di mezzo c’è una risorsa preziosa come il territorio. «Ci sono arrivati molteplici segnali di disagio», spiega Stefano Masini, responsabile Ambiente e territorio della grande organizzazione, «anche sotto forma di ricorsi amministrativi per contestare la legittimità delle installazioni, a tutela di vigneti e di oliveti». L’onda è partita nelle terre del Morellino di Scansano (vedi articolo a pag. 5), ma si è diffusa in molti angoli di Italia, con gli agricoltori sul piede di guerra contro le pale: in Molise, in Puglia, in Sicilia… «Troppo spesso», sostiene Masini, «sono state avviate iniziative di costruzioni di torri eoliche in mancanza di istruttorie capaci di coinvolgere le imprese agricole circa i tracciati più funzionali allo sviluppo di qualità di alcune terre». Quel che serve, secondo Masini, «è un processo di migliore concertazione locale, integrando i piani energetici con quelli di sviluppo rurale». Gli standard in vigore oggi «non ci soddisfano», spiega Masini. Che chiede quindi per gli agricoltori più voce in capitolo nella gestione del processo che porta alla costruzione degli impianti. «Anche perché non abbiamo affatto intenzione di demonizzare l’eolico: la soluzione del problema del deficit energetico dell’Italia passa attraverso un mix di energie, tra cui anche l’eolico».
Grazie agli incentivi l’eolico sarebbe un affare soprattutto per i produttori: secondo Coldiretti, il livello della rendita dei produttori è massimo per l’Italia fra tutti i Paesi dell’Unione con circa 100 euro/MWh per un sito di media produttività, dieci volte superiore a quella della Germania (10 euro/MWh) e cinque volte quella della Spagna (20 euro/MWh). Una crescita drogata, «altrimenti non si spiegherebbero le torri eoliche nella valle che va da Volterra a San Gimignano, una zona dove il percorso dello sviluppo turistico è più idoneo alla crescita di quel territorio».
«Ma è ovvio che gli incentivi siano alti», replica Zorzoli. «Scontiamo un ritardo di anni, visto che in Europa siamo arrivati buoni ultimi a incentivare le energie alternative. È chiaro che gli incentivi in futuro, con gradualità, dovranno diminuire, ma in partenza dovevano essere alti, altrimenti un mercato inesistente non sarebbe mai decollato». Nessuna “droga” finanziaria, quindi, secondo Zorzoli ma uno sviluppo che prova a rimettersi in linea con quello degli altri Paesi: «Faccio l’esempio degli Stati Uniti, che è illuminante: nel 2007, in piena era Bush, di certo non un grande sostenitore delle energie verdi, il 35% dell’incremento della produzione energetica totale è venuto dall’eolico». Secondo Zorzoli, quindi, «se sull’impatto paesaggistico si può discutere (anche se in Italia gli impianti eolici sono sottoposti a una stringente disciplina che in più di un caso ne ha rallentato la diffusione), non si può negare che il vento sia oggi al primo posto nella generazione di energia da nuove fonti rinnovabili e che sarà determinante per raggiungere al 2020 gli obiettivi che l’Unione Europea ci ha posto».
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