Volontariato

Il vecchio papa e i giovani di Assisi

L'editoriale di Riccardo Bonacina su Karol Wojtyla e sul popolo dei marciatori della Marcia della Pace.

di Riccardo Bonacina

Senza più voce, con gli occhi semichiusi, spostato grazie a una sedia a rotelle seppur rivestita dai paramenti sacri, Giovanni Paolo II alla vigilia del venticinquesimo del suo pontificato si è fatto incontro ai 300mila partecipanti alla Marcia della pace. Lo ha fatto con un messaggio vergato di suo pugno e inviato al vescovo di Assisi, monsignor Sergio Goretti affinché lo leggesse dal loggiato della Basilica di San Francesco. Si è fatto incontro, come pellegrino e viandante, alla marea di giovani e giovanissimi, famiglie, gruppi e associazioni convenuti ad Assisi incuranti delle rituali polemiche tra partiti. Ci voleva del coraggio, occorreva la forza di chi non confida neppure più …di chi non confida neppure più nelle proprie forze, ma si affida a quelle altrui e principalmente a quella forza che, per dirla con Manzoni, “è capace di trasformare la sventura in provvida ventura”.
Ai 300mila di Assisi il Papa, che in troppi amano definire come ?Karol il grande? quasi si trattasse di un condottiero o di un imperatore, si rivolge in tutta la sua fragilità e dice alle decine di migliaia che marciano per invocare la pace, che in questi anni è stato come se si “sprecasse”la pace. Non poche speranze si sono spente”. Si tratta di una supplica scritta sull?orlo di una quasi sconfitta, il Papa chiede aiuto, altro che Karol il grande. E pare di sentirlo con un filo di voce, con la voce biascicata finché regge. “Come restare indifferenti di fronte a un panorama di conflitti che si allarga sempre più e interessa varie parti della Terra? Che fare? Come affermare la pace in questo tempo pieno di guerre?”, chiede Giovanni Paolo II.
“Non bisogna perdere la fiducia”, dice ai giovani di Assisi, dice a tutto il mondo, “non sprecate la pace”: un?espressione che pare sottolineare come la pace sia un bene sempre a portata di mano. “E’ doveroso continuare a operare per la pace, ad essere artefici di pace. La pace è un bene di tutti. Ciascuno è chiamato ad essere costruttore di pace nella verità e nell?amore”.
Il vecchio Papa chiede aiuto ai giovani di Assisi perché “troppo poco in questi anni si è investito per difendere la pace e per sostenere il sogno di un mondo libero dalle guerre. Si è invece preferita la via dello sviluppo degli interessi particolari, profondendo ingenti ricchezze in altro modo, soprattutto per spese militari. Non si facilita certo il processo di pace se si lasciano prosperare, con colpevole incoscienza, ingiustizie e disparità nel nostro pianeta. Spesso i Paesi poveri sono divenuti luoghi di disperazione e fucina di violenza. Noi non vogliamo accettare che la guerra domini la vita del mondo e dei popoli. Non vogliamo accettare che la povertà sia la compagna costante dell?esistenza di intere nazioni”.
E chiede loro di farsi parte attiva nella costruzione dell?Europa rifacendosi alle sue nobili tradizioni spirituali e cristiane. Scrive Wojtyla: “Mi rallegro con gli organizzatori e i protagonisti della Marcia Perugia-Assisi che in questa benemerita iniziativa hanno voluto unire le due dimensioni: l?Europa e la pace. Potremmo dire che esse si sostengono a vicenda: l?una richiama l?altra. Da giovane ho potuto constatare per esperienza personale il dramma di un?Europa priva della pace. Ciò mi ha ancor più spinto a operare instancabilmente perché l?Europa ritrovasse la solidarietà nella pace e divenisse, tra gli altri continenti, artefice di pace, dentro e fuori dei suoi confini. Sono convinto che si tratta di una missione da riscoprire in tutta la sua forza e urgenza”.

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