Recensioni
Il vademecum di Jonathan Haidt per salvare la “generazione ansiosa”
Analisi del pensiero di Jonathan Haidt, docente alla Stern School of Business della New York University e autore de "La generazione ansiosa. Come i social hanno rovinato i nostri figli". Il pedagogista Daniele Novara: «Siamo di fronte ad adolescenti che, dopo essere cresciuti con social network e smartphone in tasca, mostrano maggiori segnali d’ansia». Tra le proposte: niente cellulari prima delle superiore e social dopo i 16 anni
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Jonathan Haidt non era partito con l’intenzione di scrivere questo libro: La generazione ansiosa. Come i social hanno rovinato i nostri figli (edito in Italia da Rizzoli). Alla fine del 2021 aveva iniziato a scrivere un altro libro su «come i social media stavano danneggiando la democrazia americana», prendendo il via dall’impatto dei social sulla salute mentale della Generazione Z (i nati dal 1996 al 2012).
Quando però Haidt termina di scrivere il primo capitolo, si accorge che «la storia della salute mentale degli adolescenti era molto più vasta di quanto pensassi. Non era una storia solo americana, ma si stava svolgendo in tante nazioni occidentali […] Si trattava della radicale trasformazione dell’infanzia, [di] qualcosa di non umano: un’esistenza basata sul telefono».
E così «come scienziato sociale» ha messo a disposizione le sue conoscenze, ricerche scientifiche e dati alla mano, mentre «come insegnante e come padre di due adolescenti» chiede a tutti di fare lo stesso. No, non di scrivere un libro, bensì di «darsi una mossa, parlarne e fare fronte comune».
Jonathan Haidt, considerato uno dei pensatori più importanti al mondo dalle riviste Foreign Policy e Prospect, insegna Leadership Etica presso la Stern School of Business della New York University e ogni giorno lancia il suo appello anche attraverso i canali digitali. Sicuramente non vuole rimanere impotente di fronte a quello che, senza mezzi termini, definisce la «riconfigurazione dell’infanzia» che ha cambiato il cervello della Gen Z.
Soprattutto non vuole che l’impotenza si allarghi sempre di più in una sorta di rassegnazione da parte delle generazioni adulte che hanno il dovere adesso, subito, di porre rimedio. Non è facile, non è immediato, ma è possibile.
Jonathan Haidt in Usa e Daniele Novara in Italia
Dopo un’attenta e specifica analisi, infatti Haidt ci dà consigli pratici che abbiamo riassunto in una sorta di vademecum e condiviso con Daniele Novara, pedagogista e fondatore del Centro Psicopedagogico per l’Educazione e la Gestione dei Conflitti, che ha da poco pubblicato Mollami, dedicato proprio all’adolescenza. Insieme ad Alberto Pellai ha lanciato un appello per vietare lo smartphone fino a 14 anni e i social fino a 16 anni.
Novara ci conferma: «Siamo di fronte ad adolescenti che, dopo essere cresciuti con social network e smartphone in tasca, mostrano maggiori segnali d’ansia. La depressione e l’isolamento sociale sono in aumento, mentre diminuiscono la capacità di gestire le relazioni sociali, di rischiare, di sapersi muovere in un territorio. Questi non sono solo pareri, ma dati riscontrati dalla ricerca medica».
La prima generazione a crescere su Marte
La tesi di Haidt, suffragata da molti studi, è che la vita sociale degli adolescenti si sia trasferita in gran parte sui device digitali, anzitutto lo smartphone, e che questo cambiamento sociale sia il motivo sostanziale alla base dell’ondata di malattie mentali tra i teenagers. Infatti, anche quando la Gen Z non usa alcun dispositivo digitale, una parte cospicua della sua attenzione viene monitorata o comunque è catalizzata da eventi e connessioni che si stanno svolgendo nel web. Quindi altrove rispetto a dove stanno in quel momento, sia nello spazio sia nel tempo.
Questa condizione causa «una profonda trasformazione della coscienza e delle relazioni umane». D’altronde ormai è provato come ciò che differenzia le generazioni comprenda anche i cambiamenti delle tecnologie. Ed ecco che ci troviamo in casa e a scuola una nuova tipologia umana, come fosse cresciuta da un’altra parte, con altre regole, insomma su un altro pianeta. Come se venisse da Marte.
La prima generazione di essere umani che ha vissuto l’infanzia nell’era digitale e che poi ha attraversato la pubertà con in mano uno smartphone è diventata sempre più ansiosa e depressa
Jonathan Haidt
È dunque un fatto che sa di distopia: la prima generazione di essere umani che ha vissuto l’infanzia nell’era digitale e che poi ha attraversato la pubertà con in mano uno smartphone è diventata sempre più ansiosa e depressa.
Infatti una delle frasi più ricorrenti fra i giovani che Haidt ha intercettato in anni di lavoro è: «Spesso la vita mi sembra senza senso». A questa condizione sono correlati anche l’aumento di casi di disturbi dell’apprendimento e dell’attenzione come l’Adhd, ma anche l’aumento di adolescenti che si definiscono gender fluid.
Il vademecum per non restare impotenti
Dopo la lunga e articolata analisi, intervallata da tante storie di giovani, Haidt, da buon insegnante e padre di adolescenti, non vuole restare impotente. Vuole riportare sulla Terra la GenZ cresciuta su Marte. E così condivide un vademecum «per riacquistare il controllo della nostra mente e di quella dei nostri figli»:
- Niente smartphone prima delle scuole superiori
- Niente social media prima dei 16 anni
- A scuola senza cellulare
- Molto più gioco nel mondo “reale”, indipendente e autonomo
- Alleanza scuola-famiglia: genitori, insegnanti e dirigenti scolastici devono lavorare insieme, prendere scelte condivise e in questo modo incidere concretamente nella comunità in cui vivono
- Chiedere legislazioni ad hoc come in Italia stanno facendo Daniele Novara e Alberto Pellai insieme a tante persone
- Chiedere nuovi modelli di business, partendo da quello che scrive Haidt: «Il modello imprenditoriale orientato alla pubblicità trasforma gli utenti in prodotti. Gli utenti più giovani sono particolarmente preziosi perché le abitudini che sviluppa quell’età spesso restano con loro a vita […] per esempio gli algoritmi di TikTok e Instagram sono in grado di individuare rapidamente qualsiasi cosa spinga l’utente a soffermarsi mentre scrolla, il che significa che possono cogliere desideri e interessi inconsci di cui l’utente potrebbe perfino non essere consapevole […] I progettisti hanno capito ormai da tempo che ridurre la frizione lo sforzo aumenta il tempo trascorso, perciò caratteristiche come la riproduzione automatica e lo scroll infinito incoraggiano la fruizione di contenuto in automatico come se fossimo zombie».
Ce la possiamo fare, insieme
Anche su questo punto Daniele Novara condivide con VITA il suo parere, dicendosi d’accordo sul fatto «che si inizi seriamente a parlare e ad agire per vietare gli smartphone prima delle scuole superiori e i social sotto i 16 anni. Benissimo anche le scuole senza cellulari e che si punti l’accento sul gioco senza supervisione, più libero. Favorire il nascere di associazioni e gruppi informali, per far incontrare fin da più piccoli i nostri figli e le nostre figlie è importantissimo. Così come promuovere più consapevolezza e formazione per gli adulti. Noi lo stiamo già facendo da 15 anni tramite le nostre Scuole Genitori, incontri in cui esperti ed esperte incontrano le mamme e i papà per sostenerli in un momento storico di grande fragilità. Altra ottima proposta è la costituzione di Patti Digitali che possano chiamare in causa tutta la comunità educante alle proprie responsabilità
Infine, la politica. Serve una normativa sul tema. Nel 2024 ho lanciato una petizione che punta al divieto di smartphone sotto i 14 anni e di social sotto i 16. Attualmente siamo quasi alle 100mila firme. Le istituzioni non possono più ignorare il tema».
Evidentemente solo con una consapevolezza comune che potremmo chiamare civica possiamo generare un cambiamento tangibile, anche quando ci sembra impossibile, come scrive Haidt: «Anche senza l’ausilio dei nostri legislatori, se la maggior parte dei genitori delle scuole di una comunità applicasse tutte e quattro le prime regole, credo che nel giro di due anni assisteremo a un sensibile miglioramento della salute mentale degli adolescenti».
Sostenere le nuove generazioni senza soffocarle
Fine della distopia. Il miglior commento a La generazione ansiosa. Come i social hanno rovinato i nostri figli di Jonathan Haidt ce lo consegna Daniele Novara: «Siamo tutti e tutte noi, tutta la comunità educante, a doversi far carico del problema. Dobbiamo riprenderci i nostri ruoli ed educare con coraggio. Dobbiamo sostenere le nuove generazioni, ma senza soffocarle o tenerle sotto una teca di vetro. Non sono gioielli preziosi che vanno rinchiusi in uno scrigno, ma figli e figlie che devono essere indirizzati nel trovare la loro autonomia nella vita reale, nel fare esperienze concrete, nell’instaurare vere relazioni sociali. In Italia se ne sta discutendo, alcuni passi sono stati fatti, ma è necessario che la questione della salute della Gen Z e delle successive sia presa davvero in carico e che diventi, per tutte e tutti, una priorità».
In apertura photo by Creative Christians on Unsplash
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