Ricerca&Salute
Il tutore del domani? Ispirato al baco da seta
La soluzione personalizzabile sulle esigenze del singolo paziente è biodegradabile ed è stata sviluppata dai bioingegneri del Nemolab di Milano, con il coinvolgimento attivo dei pazienti che hanno indicato necessità e hanno valutato il prodotto
È un tutore mano-polso bio-ispirato, realizzato studiando le proprietà del bozzolo del baco da seta, di cui riproduce la struttura reticolare capace di garantire al contempo flessibilità, resistenza e traspirabilità. L’ausilio, personalizzabile sul singolo paziente con sclerosi laterale amiotrofica e altre patologie neuromuscolari per aiutarlo contro l’atrofia del muscolo mano-polso che ostacola pesantemente la quotidianità, è stato realizzato da un team di ricercatori del «3D printing Lab» di Milano, uno dei dieci laboratori di Nemolab. «Il bozzolo del baco da seta ha ispirato moltissime soluzioni in vari ambiti, non solo in biomedicina. Noi siamo partiti dalle caratteristiche delle strutture geometriche prodotte dal baco» spiega la giovane ricercatrice in bioingegneria Silvia Badini, prima autrice dello studio apparso sulla rivista Biomedicines
La natura è un serbatoio di idea da cui l’essere umano trae da sempre ispirazione. Pur non essendo le soluzioni ingegneristiche migliori in assoluto, quelle frutto dell’evoluzione sono comunque la miglior risposta adattativa, frutto di una lunghissima selezione evolutiva. Il lavoro dell’ingegno umano è quello di semplificare, adattare, perfezionare sulla base dei propri obiettivi quello che già esiste. Dal movimento e al volo fino alla depurazione dell’aria, gli esempi di soluzioni cosiddette bio-ispirate non si contano, dalla scienza dei materiali alla robotica fino alla biomedicina.
«Abbiamo studiato computazionalmente le caratteristiche meccaniche della struttura della rete del baco, individuandone non solo resistenza e flessibilità ma anche una capacità di aderire a superfici tridimensionali che chiamiamo form-fitting. Quindi, abbiamo scelto un polimero sintetico chiamato poli-ε-caprolattone, già molto usato nelle tecnologie mediche perché biocompatibile, bioriassorbibile e biodegradabile» spiega Badini. Un vero e proprio biomateriale, termine che definisce tutte quelle molecole, anche sintetiche, impiegate in dispositivi impiantabili nel nostro corpo o comunque destinate a interfacciarsi o integrarsi con esso. Infine, grazie alla stampa 3D, il gruppo è pervenuto all’ausilio finale, personalizzato sul singolo paziente.
«La triade di struttura bioispirata, biomateriale e stampa tridimensionale ci ha portato a un ausilio disegnato sul singolo individuo, che richiede un paio di ore per essere pronto a differenza dei due mesi impiegati dalla manifattura tradizionale, e che può essere ristampato al progredire della malattia e al variare delle necessità del paziente, riciclando il materiale di produzione» ci spiega Raffaele Pugliese, coordinatore dell’area ricerca di Nemolab e responsabile dello studio. La tecnologia è pronta, l’ortesi è un prototipo industriale e il costo di un simile tutore è inferiore a quelli in commercio e ulteriori riduzioni dei costi di produzione sono ipotizzabili ragionando in termini di scala e di riuso dei materiali.
Le persone con Sla sono state coinvolte fin dall’inizio, nell’individuazione dei bisogni da soddisfare, che gli scienziati hanno tradotto in aspetti funzionali e strutturali dell’ortesi, e in seguito, nella valutazione del prodotto, giudicato traspirante, sottile, esteticamente gradevole, leggero e facile da usare. Concludono i ricercatori: «Al centro di un cambiamento di paradigma nel disegnare la ricerca e stabilire le priorità, il ruolo del paziente è fondamentale nel dialogo con i clinici e i ricercatori e i centri NeMO hanno da tempo adottato questo approccio».
«La personalizzazione significa anche poter rispondere alle nuove esigenze legate al progressivo indebolimento dei muscoli della mano nella Sla e rende questa tecnologia potenzialmente estendibile anche ad altri distretti corporei, si pensi al collo-testa, in altre malattie neurodegenerative e per le lesioni spinali» commentano i ricercatori «Ci auguriamo possa essere inserita nel percorso di presa in carico del paziente». Ora il team è al lavoro per «rendere sempre più performante questa ortesi, in un’ottica di economia circolare, come stabilito dagli obiettivi di sviluppo sostenibile, in linea con il cambiamento in atto nell’ingegneria dei tessuti puntando a materiali sempre più sostenibili e smart, capaci di rilasciare in modo controllato molecole farmacologiche a vario scopo».
Foto principale: Nemolab
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