Eccessivo, esagerato, eccedente, sovrabbondante, superfluo. Tutti sinonimi per intendere qualcosa che va oltre il necessario. Apparentemente, o forse a ragione, ridondante.
Questo aggettivo mi si riprensenta con una certa regolarità ultimamente. Su temi di per sé diversi ma comunque contigui. Non ultimo, al Tavolo di Ferpi Sociale. Giusto ieri. Da qui, l’idea di scriverne e di coinvolgervi in qualche riflessione. Su tre argomenti in particolare. Un po’ per provocazione e un po’ per conoscere, in tutta onestà, punti di vista altri. Con il proposito di sondare la fondatezza dell’idea per cui alcuni aspetti, inizialmente vissuti come punti di forza, tendano – contrariamente al comune sentire – a indebolire il Terzo Settore in modo via via crescente.
UN ECCESSO DI OFFERTA DI COMUNICAZIONE
Con costi contatto contenuti e, tutto sommato, semplicità d’uso, le nuove tecnologie hanno certamente favorito il proliferare dell’informazione. L’accesso al web e, in particolare, del web 2.0 ha fornito a tutte le organizzazioni, piccole e grandi, medesime opportunità di visibilità. A tutte, in modo indiscriminato, è stata concessa l’opportunità di comunicare partendo da medesime condizioni. Secondo i principi di democraticità (almeno apparente) propri della Rete. C’è chi lo ha fatto bene e chi meno bene. Non è mai tardi naturalmente. Questo è un aspetto interessante che ci fa dire che si è sempre in tempo per recuperare e per imparare a farlo meglio. Ma comunicazione a costo zero significa anche provarci a costo zero. E così è facile che si ecceda o ci si trovi immersi in un eccesso di informazioni. Si comunica tutto. Si comunica troppo. Anche quello che non serve. Ovunque. Anche dove non serve. Questo modo di comunicare sporca la comunicazione. Produce ridondanza. Di più: caos. Ecco. Forse occorrerebbe davvero che ci fermassimo un attimo a riflettere sul modo in cui utilizziamo la Rete e soprattutto al modo in cui decliniamo in Rete l’informazione. Ogni strumento ha codici propri. Personalizzare e comunicare in modo più razionale è forse la soluzione. L’utente è maturo: ripaga.
UN ECCESSO DI OFFERTA DI LAVORO
Ma non sarete troppi? La prima volta che mi è stata posta questa domanda, mi ha lasciata un po’ interdetta. Ho sempre pensato che le professioni legate al fundraising, così come di altre figure professionali all’interno delle ONP, fossero professioni emergenti. In ascesa. E ne sono ancora convinta naturalmente. Ma riflettendoci bene, la questione ha un suo fondamento se posta sotto un’altra prospettiva: non sarà forse che sono le organizzazioni a non essere ancora pronte? Il Terzo Settore non sembra ancora maturo per accogliere un’offerta di lavoro crescente e professionalizzata. E lo stesso ragionamento sembra valere per il profit su temi quali la CSR e la Sostenibilità. A mio modo di vedere quindi sì, sono tante le figure emergenti rispetto a un Mercato del sociale ancora ristretto e alle poche imprese che innovano. E no, sono poche rispetto alla domanda potenziale.
UN ECCESSO DI OFFERTA SOCIALE
Troppe organizzazioni simili, piccolissime e con poche risorse a disposizione. Il Belpaese è costellato da un nonprofit che vuole fare del bene ma non sa razionalizzare. Il rischio reale è l’inefficienza. Accompagnato, il più delle volte, dall’inefficacia. E’ questione di Rete e di opportunità. E’ questione di impresa. Mappatura e piano industriale non sono parossismi. Se si vogliono fare grandi cose bisogna pensare in grande.
Per chiudere, riprendendo quanto detto più sopra, opportunità, professionalità e capillarità da evidenti punti di forza possono facilmente trasformarsi in punti di debolezza se esasperati. Come a dire, il troppo stroppia. E’ davvero così?
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