Volontariato

Il Tg nella notte. Incontro con Antonio Ricci

Ci sarà ancora spazio per l’informazione nella prossima stagione tv? Risponde il più popolare provocatore della nostra tv, Antonio Ricci. (di Maurizio Caverzan)

di Redazione

Prima il caso Ricci, con quell?incredibile condanna per «trasmissione di immagini non destinate alla divulgazione». Poi il caso Santoro, che il nuovo direttore di Raidue, Antonio Marano vuole spostare in seconda serata e la Rai che lo accusa di violare le regole dell?imparzialità. Infine il caso Biagi, presunto martire dell?etere, per una possibile nuova collocazione del suo programma Il Fatto. Tanti piccoli segnali di riduzione degli spazi dell?informazione, la nascita di un regime strisciante, oppure solo assestamenti fisiologici, le ultime ripercussioni di una nuova stagione politica cominciata un anno fa? Ne abbiamo parlato con Antonio Ricci, la mente di Striscia la notizia, una delle intelligenze più trasversali e meno etichettabili dell?intero sistema televisivo italiano.

Se si guarda intorno, se riflette sulle polemiche di questi ultimi giorni, che cosa vede, Ricci? Qual è la prima parola che le viene in mente: regime, monopolio dei media, aumento della persuasione più o meno occulta?

Vedo che esiste un pericolo, ma è un pericolo che c?è da sempre perché la tv è sempre stata considerata uno strumento, un amplificatore dai politici. Ci sono queste lotte, ci sono paure e timori perché, in realtà, la tv importa più che per i quiz per i telegiornali. In questi anni Striscia ha documentato come, sia con il primo governo Berlusconi sia con il centrosinistra, la televisione sia sempre stata usata alla stessa maniera, cioè con i tg più importanti appiattiti sulle posizioni governative. Forme concrete di dissenso non ne ho mai viste. Direi che è un fatto costituzionale: nel dna dei grandi telegiornali c?è scritto che qualsiasi forma di dissenso dal referente politico del tg stesso non può andare in onda.

Facciamo un esempio concreto, per capirci.

Prima una piccola premessa: io sono uno che non crede alla televisione, sono abbastanza scettico, cinico. In una parola direi sgamato. Però quella volta ci avevo creduto. è stato quando Nanni Moretti ha detto che i vertici dell?Ulivo dovevano andarsene a casa. Bene: il Tg3 di Bianca Berlinguer aveva taciuto la vicenda sintetizzandola in una generica richiesta di maggiore integrazione dell?Ulivo con Bertinotti e con Di Pietro. Io sono letteralmente sclerato: Moretti è pazzo, ho pensato, un anno fa diceva che Berlusconi doveva ringraziare Bertinotti per la vittoria elettorale, adesso afferma che l?Ulivo deve ricucire con Bertinotti. Il giorno dopo ho letto i giornali e mi son sentito truffato da Bianca Berlinguer, dal Tg3, dal suo direttore Antonio Di Bella e tutto il resto.

Che conclusioni ha tratto?

Che l?informazione italiana è mafiosa, nel senso che ogni testata risponde al proprio padrino di riferimento. Si potrebbe anche dire che l?informazione italiana è profondamente cattolica nel senso che ogni testata risponde al mammasantissima della propria parrocchia. Anche a scuola, non ti fanno mai studiare le poesie, ma l?interpretazione della poesia fatta da un critico o da un altro autore. Così c?è una perdita di contatto dalla realtà. Ed è considerata normale. Quando abbiamo contestato ai direttori dei tg certi fatti ci hanno risposto che sono errori, ma che non c?è malafede, perché per loro c?è la fede. Rutelli non ha il pubblico: noi facciamo un miracolo e glielo diamo. Berlusconi fa una scivolata grammaticale e noi correggiamo il labiale. Come si sa, sono fatti realmente accaduti e puntualmente smascherati.

Per lei la condanna del tribunale di Milano è una medaglia, l?inizio di una stagione cupa o l?inizio di una lunga battaglia per la libertà di satira e d?informazione?

E’ l?inizio di una battaglia per la libertà di satira e d?informazione. Medaglie ritengo le denunce, ma le condanne no, anzi. Su di me hanno l?effetto di indurmi a commettere reati più gravi.

Quindi l?informazione è in pericolo.

La libertà di satira è in pericolo. Quando tocchi i meccanismi della televisione dai fastidio perché incrini la magia dello strumento. Tutti siamo pronti a esecrare Vanna Marchi, però nessuno deve mettere in discussione la formula con cui viene fabbricata Vanna Marchi. Per dirla tutta: Vanna Marchi non mi potrà mai imbrogliare, ma Bianca Berlinguer e Lilli Gruber ce l?hanno fatta. Perché, mentre non credo in Vanna Marchi, tendo a fidarmi delle apparenti anti-Vanna Marchi come Bianca Berlinguer e Lilli Gruber perché vengono presentate come maestre di giornalismo e anche di vita.

Lei si sente mal tollerato dalla politica, come Santoro e Biagi?

A dir la verità, mi sento molto amato. Mettiamola così: loro sono amati o odiati da una sola parte politica. Invece io sono amato e odiato trasversalmente. Perché la nostra natura è smascherare chi c?è: se aggiungono il pubblico a Rutelli lo diciamo, ma lo faremmo anche se lo aggiungessero a Berlusconi.

Chi ha il potere ha paura della tv?

Ne ha paura perché ne conosce il potere. Basta vedere che i politici passano più tempo in televisione che in Parlamento, stando ben attenti a infilarsi nelle situazioni dalle quali possono uscire vincenti. Questo è un errore perché anche un massacro in televisione, alla lunga, può favorirti. Sempre per quel discorso dell?Italia cattolica.

In che senso, scusi?

Nel senso che tutti corrono in difesa del martire.

La sensazione è che si vada verso una riduzione dello spazio e degli investimenti dell?informazione,che forse è lo strumento più scomodo per chi governa?

Credo che si vada, complessivamente, verso una tv più povera. Riduzione dell?informazione? Francamente, quando ho visto tutte quelle troupe a Cogne me lo sono augurato. Invece sulla campagna sui benzinai o i videopoker mi chiedo perché debba essere Striscia a fare da apripista, in perfetta solitudine. Non temo la riduzione degli investimenti. Si possono fare ottimi servizi anche con meno soldi, ma l?informazione dev?essere mirata su fatti importanti, di reale interesse pubblico.

Secondo lei in autunno cosa ripartirà dell?informazione?

Non lo so. Credo sarà più povera, però anche in momenti di povertà possono nascere funghi di ottima qualità. A volte una stagione può essere illuminata da vicende nate casualmente. D?altra parte la trasmissione più vista della stagione è in uno studio grosso come un armadio a muro. Quando abbiamo fatto la campagna sulla missione Arcobaleno, eravamo in una fase generale di stanca. Nessuno si aspettava che quella missione umanitaria nascondesse storie torbide. D?Alema ha tentato di sminuire e controbattere, poi ha dovuto ammettere le sue responsabilità.

In una recente intervista Aldo Grasso ha detto che il futuro della tv è predicatorio?

Lo dice uno che se ne intende, perché lui è una perpetua. Ci sono sempre stati i sacerdoti di riferimento. Se pensiamo che Striscia nacque quindici anni fa con l?intento di battere la comicità di Bruno Vespa e ancora non ci siamo riusciti, questo fa capire quanto sia ancora lunga la strada e immutabile il sistema.

La predica al posto della notizia, un persuasore al posto di un giornalista?

E’ già così. In Matrioska – L?araba fenice li chiamavo televenditori e avevo messo come presentatore un vero venditore marocchino. In tv ognuno cerca di vendere la propria merce, pentole, idee politiche, notizie gonfiate.

Un?altra pista per il futuro della tv è quella individuato da Fiorello. Bravissimo mattatore, divertente, ma in fondo dentro il cliché della tv passatempo, della tv dell?evasione?

Anche questo c?è sempre stato. Ci sono gli animali da palcoscenico che ti fanno lo spettacolo da soli, che è ciò che il pubblico vuole al sabato sera. Non vedo nel varietà un pericolo, perché è esplicito. Il pericolo c?è quando i tg sono pensati e condotti come fossero dei varietà.

Nei reality show abbondano le storie truci, in un telequiz la campionessa era una cieca: tutto quanto fa spettacolo, dicevano una volta Brando Giordani e Emilio Ravel?

Avevano ragione. Al Festival di Sanremo c?è stato un anno in cui i vincitori erano tutti ciechi. Sono varietà camuffati da realtà: non vengono presi attori veri, ma dei tipi, delle maschere sul canovaccio della commedia dell?arte? E ti fanno credere che quella sia la realtà. Prendiamo la D?Eusanio: una galleria di casi umani, di situazioni estreme trasformate in normalità. Noi abbiamo tentato di dimostrare omeopaticamente che quelle storie erano false. Altrimenti alla fine ti senti guardato storto se non hai anche tu un figlio drogato o non hai il vizietto di andare con i transessuali.

Lavora meglio o peggio con Berlusconi a Palazzo Chigi? Qualcuno si aspetta da Striscia qualche inchiesta più tagliente sul governo?

Queste sono vigliaccate. Dicono: vi occupate di Vanna Marchi e non avete detto niente delle rogatorie. Sono persone che non guardano Striscia: abbiamo mostrato che la legge suelle rogatorie è passata con i voti dei pianisti. E poi la posizione di Striscia è sempre la stessa. Berlusconi ci ha accusato di aver provocato la caduta del suo primo governo perché avevamo mostrato il fuori onda Buttiglione-Tajani. Io penso che la strada di Berlusconi sia lunga e che quelli che gridano adesso contro il presunto genio del male rischiano solo di rafforzarlo. A questo punto si fa prima a prendere un mitra e a sparare a Berlusconi.

L?altro giorno Costanzo ha detto che Mediaset è più libera della Rai.

Rispondo per me. Io continuo a far satira politica e a far ridere senza vittimismi. Quando mi sento dire che siamo la foglia di fico, vuol dire che qualcosa facciamo. Quando Datamedia ha vinto l?appalto per i sondaggi della Rai, noi abbiamo creato una sigletta intitolata Datamedia-set vince l?appalto Rai e mostrato un bel filmato sull?imparziale Crespi. Ecco, foglie di fico come queste in altri gruppi editoriali non ne vedo. La libertà non te la dà nessuno ma te la conquisti e la devi difendere. Quello che cerco di fare è tenere tutti e due gli occhi aperti, il destro e il sinistro. Quando ne chiudi uno diventi un cecchino, uno cioè che è destinato a spararsi l?ultimo colpo. Ma siccome io preferisco vivere, a volte sparo in aria ma tutti si voltano a vedere che cosa è successo.

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