Economia

Il tesoretto del non profit

Come fare crescere i rapporti con gli istituti di credito? Il privato sociale qualche idea ce l'ha

di Maurizio Regosa

Spray and pray». Formidabile sintesi per dire «tira a caso e poi prega»… Lo scopo (sottinteso) è che accada quello che ci si augura. Una impostazione non proprio lineare per favorire l’incontro fra domanda e offerta. Capita però e più frequentemente di quel che ci si immagini. Nella relazione fra banche e non profit, ad esempio. Un rapporto, cresciuto nel tempo, che può ancora «essere incentivato», come ha osservato il ministro Maurizio Sacconi a un recente convegno organizzato da Assifero, l’associazione che raggruppa le fondazioni e gli enti di erogazione.

 

Miglioramenti possibili

«Non siamo molto soddisfatti della remunerazione del nostro conto corrente», spiega Giampiero Gabotto, consigliere della Fondazione piemontese per la ricerca sul cancro, «ma in questo non siamo diversi da una qualsiasi società per azioni». Per l’appunto: una nuova frontiera della Csr bancaria non potrebbe essere remunerare meglio il non profit (riconoscendo concretamente il valore aggiunto del suo impegno sociale)? Sogni a parte, non trovate curioso che la fondazione piemontese, una delle realtà premiate dal 5 per mille (quasi 8 milioni nel 2009), non faccia “per policy” alcun investimento? Una rinuncia che la dice lunga, specie se si tien conto che quelle che per il terzo settore sono esigenze finanziarie, per le banche potrebbero tramutarsi in nuovi spazi di mercato.

 

Facciamo qualche conto. Il 5 per mille 2009 (sulle dichiarazioni dei redditi del 2008) ha destinato alle non profit 267,7 milioni di euro. Una quota significativa (ma imprecisabile) dei circa 70 miliardi di arretrati che le pubbliche amministrazioni devono pagare a società di servizio, deve andare al non profit. Il fund raising ha raccolto circa 1,8 miliardi (la stima è del Philanthropy Centro Studi). Le fondazioni di origine bancarie hanno erogato – sempre nel 2009 – 1,4 miliardi di euro (XV Rapporto Acri), mentre le erogazioni delle fondazioni private e corporate sono a quota 200 milioni circa. Infine le cooperative sociali, da sole, sviluppano un fatturato di 6,4 miliardi di euro (dati Istat 2005). In totale il giro d’affari del non profit italiano vale circa 42 miliardi di euro.

 

Insolvenza bassissima

Per intermediare queste risorse, però, serve una conoscenza reciproca e non occasionale. «Né famiglie, né imprese. Le realtà di terzo settore sono, ovviamente, altro. Eppure a lungo», premette Giuseppe Guerini, presidente di Federsolidarietà/Confcooperative, «gli istituti di credito le hanno viste come un ibrido, cui offrire di più rispetto alle famiglie, ma meno rispetto alle aziende». Per dire, il servizio di anticipazione delle fatture (legato ai crescenti ritardi dei pagamenti pubblici) ha una durata analoga a quella di un prestito qualsiasi: diciotto mesi.

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