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Il Terzo settore sia più libero e orgoglioso

Intervista a Andrea Olivero, presidente delle Acli

di Riccardo Bonacina

Andrea Olivero, giovane presidente delle Acli, è in viaggio per Orvieto dove anche quest?anno la grande associazione di promozione sociale organizza il suo consueto incontro di studi, il quarantesimo della serie, sul tema I luoghi dell?abitare, incontri, conflitti? grammatiche del con-vivere. Per la prima volta Olivero lo guiderà da presidente. In questi mesi, di fronte al proliferare di manifesti ed appelli per il costituendo Pd, Olivero ha avuto il suo da fare per ribadire l?autonomia delle Acli.

Per esempio, il 13 luglio scorso ha preso carta e penna e scritto a Repubblica, che lo aveva citato tra i firmatari del Manifesto per il coraggio delle riforme di Rutelli: «Secondo una prassi consolidata, che mira a garantire l?autonomia dell?associazione e la piena rappresentanza di tutti i suoi iscritti, il presidente delle Acli non usa firmare adesioni a manifesti programmatici di nessuna lista, partito o schieramento politico. L?interesse, la passione e la partecipazione delle Acli rimangono naturalmente immutate per i contenuti della politica e i suoi processi di rinnovamento».

Vita: Autonomia del sociale e passione per la politica: come si conciliano questi due elementi?
Andrea Olivero: Credo che l?elemento fondamentale per noi soggetti sociali è nell?avere chiara la percezione di cosa siamo, e in qualche modo avere anche l?orgoglio della nostra specificità. Che non significa né superiorità né subalternità rispetto alla politica. Per noi interpretare questa autonomia passa attraverso un principio fondamentale che come Acli abbiamo esplicitato in un?espressione che abbiamo usato spesso: «Autonomamente schierati». Che vuol dire da un lato l?essere autonomi dalla politica, ma dall?altro avere anche la capacità di schierarsi, di mettersi in campo quando occorre.

La rivendicazione dell?autonomia, infatti, non è mai fine a stessa altrimenti si rischia la riduzione alla neutralità o alla marginalità. Soltanto se si è schierati e si hanno delle idee da esprimere nello spazio pubblico si ha davvero la possibilità di rimanere autonomi. L?autonomia si rimarca laddove c?è un pensiero, dove c?è un sistema valoriale, dei propri punti di riferimento. Oggi vivere e rafforzare l?autonomia dei soggetti di terzo settore vuol dire far sì che questi soggetti esplicitino di più la propria capacità propositiva, almeno intorno ad alcuni temi fondanti: le politiche sociali, la sussidiarietà, il 5 per mille. Ci vuole un di più di proposta unitaria, solo così non avremo più il problema di metterci dietro a qualche bandiera.

Vita: Il dibattito che abbiamo lanciato non nasce in astratto ma dalla scelta di tanti amici, anche con funzioni di rappresentanza, di impegnarsi nel percorso che porterà al Pd. Nella politica paiono aprirsi spazi: usarli, ma come?
Olivero: Non ho il pessimismo rispetto alla politica che alcuni interventi su Vita evidenziavano, però dobbiamo avere davvero la convinzione e l?orgoglio di quel che noi siamo. Mi pare di scorgere nelle decisioni di alcuni colleghi presidenti o membri del Coordinamento del Forum del terzo settore, non tanto subalternità, quanto una non sufficiente convinzione nel fatto che le idee che per tanti anni abbiamo portato avanti, anche a costo di sacrifici personali, si possono affermare solo con la nostra azione nella società. Non dobbiamo alzare bandiera bianca pensando che senza aiuto dalla politica le nostre istanze rimarranno marginali. Il nostro impegno in politica, nel Pd o altro, mi sembra al momento abbastanza inutile, e poi il nostro compito è altro, e ugualmente importante.

Vita: Qual è questo compito?
Olivero: Noi siamo soggetti capaci di sviluppare idee o capaci di sviluppare fiducia sociale. Questo è il nostro compito e proprio per queste caratteristiche siamo interlocutori interessanti per la politica. Chi pensa di irrigimentarci o di farci diventare una corrente politica vuole la nostra sparizione. L?ho detto spesso ai miei dirigenti, ridurre la nostra esperienza alle categorie politiche ci fa diventare inutili e forse anche una palla al piede. Laddove noi non facciamo innovazione diventiamo dannosi per la società.

Vita: Il tema sarà anche tra le riflessioni che farete ad Orvieto?
Olivero: Cercheremo di soffermarci su come costruire una città in cui l?uomo ritorni ad essere al centro, e il punto cardine affinché questo accada è quello di rilanciare la pianificazione sociale. Attraverso la 328, i piani sociali e di zona si era immaginato un di più di protagonismo sociale; oggi dobbiamo riconoscere che tutto questo si è ridotto ad una mera contrattazione tra pubblico e privato sociale. Non si è più fatta vera progettazione sociale tra i diversi soggetti in campo. Troppe volte quando si parla di convivenza nelle città si delega il tema alla politica, e magari alle sole politiche per la sicurezza. Perché non sia così, però, il sociale deve svegliarsi e mobilitarsi.


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