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Il terzo settore scende in campo

Chissà perché, quando in Italia si annuncia un’iniziativa referendaria, gli animi iniziano a scaldarsi oltre ogni misura...

di Maurizio Regosa

Chissà perché, quando in Italia si annuncia un?iniziativa referendaria, gli animi iniziano a scaldarsi oltre ogni misura. Con i partiti – specie i piccoli – in fibrillazione, con navigati politici che perdono il controllo e rilasciano dichiarazioni quasi di fastidio. Come quella del presidente della Camera, Fausto Bertinotti, che ha parlato di referendum come «colpo inferto alla democrazia». Parole difficili da comprendere: se non è democratico uno strumento previsto dalla Costituzione…

Certo non è democratico prendere di mira un tavolo di raccolta firme per modificare il sistema elettorale, come è avvenuto in piazza San Giovanni a Roma, durante il concerto del primo maggio: alcuni giovani hanno aggredito Mario Segni, accanto e in difesa del quale sono intervenuti anche alcuni volontari di Cittadinanzattiva, realtà che, assieme all?Associazione per il partito democratico, ha fondato il comitato referendario Parte Civile.

«L?aspetto più grave», commenta Teresa Petrangolini, segretario generale di Cittadinanzattiva, «è che sono stati sottratti i registri con circa 220 firme. Ma certo non sottovaluterei il segnale negativo rappresentato dall?episodio in sé. Sa cosa dicevano gli aggressori? ?Voi non siete dei partiti. Non potete stare qui. Oggi la piazza è nostra?. Affermazioni che si commentano da sole». Segni dei tempi. Certo. Come lo è l?impegno di Cittadinanzattiva schieratasi a favore del referendum, assieme ad altre associazioni come ad esempio Acli, Movi, Confapi.

Non è la prima volta che l?associazionismo affianca un?iniziativa popolare di tipo politico (è avvenuto già nel 1991). Oggi però la ?discesa in campo? delle associazioni ha un sapore diverso. «Come Cittadinanzattiva», spiega ancora Petrangolini, «siamo da sempre attenti alla politica. Ora lo siamo ancora di più perché ci siamo accorti della necessità di cambiare gli equilibri, e abbiamo scelto di essere in qualche modo soggetti politici ma fuori dai partiti».

E certo di fronte a una partitocrazia prepotente e pervasiva, che interviene nelle nomine anche più delicate (per esempio, dei dirigenti ospedalieri) e spesso non tenendo conto delle competenze, si fa fatica a tenere separati il terreno dei diritti da quello della rappresentanza. Che ovviamente non si esaurisce con i partiti (per di più tutti in grande crisi), va ben oltre. «Chi è oggi classe dirigente?», si chiede Petrangolini. «Tutti coloro che si interessano alla cosa pubblica avendo la possibilità di intervenire sulle scelte e le decisioni. L?associazionismo è classe dirigente. È ora di rendersene conto e di superare un doppio complesso: di superiorità morale e di inferiorità politica».

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