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Il Terzo settore, palestra di civismo e di attivismo democratico

Prosegue il dibattito, avviato sulle pagine di Vita da Giuliano Amato, sulla responsabilità politica assunta in prima persona dalla società civile organizzata. L'intervento della portavoce del Forum del Terzo settore

di Claudia Fiaschi

Se c’è una cosa che ci ha fatto capire il Covid, in oltre un anno di emergenza pandemica e sociale, è che abbiamo bisogno di una formazione civica più diffusa, un’educazione al noi prima che all’io. Questo, ovviamente, deve diventare responsabilità in primis delle agenzie formative fondamentali: la famiglia, la scuola, e poi anche il mondo dell’educazione informale. Deve tornare ad essere una priorità del Paese.

Noi dobbiamo formare cittadini migliori. Sicuramente anche il Terzo settore si colloca, con le sue diverse iniziative, dentro questo orizzonte, come una palestra di civismo. Il Terzo settore oggi non è soltanto quello che fa, per quanto questo sia importante, e fondamentale per la coesione sociale. Il Terzo settore è soprattutto un modo di essere cittadini, un modo importante di essere cittadini nella propria comunità, non delegando il compito di trasformare i bisogni individuali in soluzioni collettive, ma adoperandosi all’interno delle comunità per costruire, con la partecipazione attiva, soluzioni collettive ai problemi.

Dunque, senza tralasciare l’importanza delle altre agenzie educative, il Terzo settore oggi rappresenta una grande agenzia di formazione alla democrazia, perché è la principale agenzia per la partecipazione civica organizzata, la costruzione della fiducia pubblica, l’insegnamento – attraverso un paziente lavoro quotidiano – di come costruire soluzioni partecipate e collettive ai problemi degli individui e delle comunità.

Può bastare, per attribuire al Terzo settore la responsabilità di concorrere alla formazione del personale politico come invita a fare il presidente Amato? C’è forse il rischio di un fraintendimento. Se è vero, com’è vero, che il Terzo settore ha sempre mantenuto una certa distanza dal mondo della politica in senso stretto, da un impegno politico più marcato e deciso, questa distanza è stata dettata senz’altro dal desiderio di sfuggire ai meccanismi che portano a essere cinghia di trasmissione dei partiti; ma in parte, a mio avviso, c’è anche la consapevolezza che per svolgere un pieno impegno politico ci voglia anche una competenza, una capacità di abitare i luoghi istituzionali che non si improvvisa. Oggi, nel contesto complessivo, i partiti sono più deboli, e mancano anche quei luoghi di formazione politica che possano consentire di fare questo salto di qualità.

È un aspetto della formazione che il Terzo settore non ha, dobbiamo riconoscerlo. Una solida formazione personale al noi, al civismo attivo, al protagonismo, alla democrazia, alla costruzione del consenso e della felicità pubblica, per trasformarsi in un impegno politico ha bisogno di un arricchimento di competenze che si riceve nei luoghi di elaborazione di una visione strategica complessiva: scuole di formazione politica.

Significa costruire la visione del cambiamento, e dall’altro però anche saper usare bene l’architettura istituzionale per poter amministrare, governare, e incentivare questo cambiamento. La capacità di lavorare sulla costruzione di fiducia, su processi partecipativi, e su processi trasformativi sociali basati sul coinvolgimento delle persone, è una prerogativa del Terzo settore, e sicuramente è una prerogativa utile a un impegno politico: ma deve essere affiancata dalla capacità di costruire in modo strutturato delle visioni di cambiamento basate su progetti condivisi a largo raggio.

Si torna dunque al punto di partenza: mancano i luoghi di formazione della dirigenza del Paese. Questo è un gap che sconta non solo chi vuol fare politica dal Terzo settore, ma naturalmente anche la politica in generale. Sicuramente, però, se un politico nella propria formazione ha anche al suo arco l’esperienza nel Terzo settore, allora ha maturato qualche competenza in più per gestire alcuni processi chiave della politica, perché oggi il Terzo settore è un soggetto ricco di proposte, di idee, di innovazione sociale, in grado di portare all’interno della politica delle visioni e delle esperienze concrete di cambiamento sociale.

Crediamo allora che sia importante che oggi chi, dal Terzo settore, voglia impegnarsi direttamente in politica, così come si è formato per essere un volontario competente, un operatore del Terzo settore competente, si formi anche per essere un decisore competente. E allora ribadisco, in conclusione: accanto ai luoghi dove ci si forma strutturalmente al noi, e quindi all’impegno civico, alla sensibilità civica, che sono ingredienti fondamentali di cui la politica ha un grande bisogno, servono luoghi dove si impara a trasformare questa sensibilità, questa formazione di base, e questa capacità di iniziativa, in progettualità di sistema e capacità istituzionale.

*portavoce del Forum del Terzo settore

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