Non profit

Il Terzo settore ha bisogno di merchant bank

"Il credito a lungo termine è il vero problema. Al quale neanche Banca etica può rispondere". Intervista a Carlo Borzaga.

di Francesco Maggio

Una questione di tempi. Nel breve periodo si perde. Nel medio-lungo, si vince. Ma poiché, nel complesso, il mondo finanziario, compresa la Banca popolare etica e le fondazioni di origine bancaria, continuano a guardare al settore non profit senza una particolare lungimiranza, ecco che i nodi del rapporto tra finanza e Terzo settore vengono al pettine e non si sa come scioglierli. Ci vorrebbero, invece, più merchant bank etiche e, naturalmente, anche una classe dirigente del non profit capace di superare, una volta per tutte, la cultura della ?supplenza?, l?idea cioè che tanto, prima o poi, il settore pubblico rioccuperà gli spazi che oggi sono stati ?conquistati? dalla società civile. Per Carlo Borzaga non ci sono dubbi, sono questi i veri termini della questione. «Oggi manca in Italia», afferma il preside della facoltà di Economia dell?Università di Trento, «un soggetto capace di dare supporto all?investimento di medio-lungo termine: se non si capisce che è da qui che bisogna partire, allora non si troverà mai una soluzione al problema di una banca come la Banca popolare etica che incontra non poche difficoltà ad impiegare i quattrini che raccoglie». Stefano Zamagni, nell?intervista rilasciata a Vita all?inizio di giugno (Banca etica? Attenzione, scoppia di troppa salute), con la sua provocazione circa il rischio che l?istituto di Piazzetta Forzaté possa finire con lo ?scoppiare di salute?, ha aperto un vasto dibattito. Con questa intervista, interviene Carlo Borzaga che corregge il tiro, in proposito, e ne spiega le ragioni. Vita: A che punto sono, secondo lei, i rapporti tra credito e non profit? Carlo Borzaga: Innanzitutto farei una premessa: trovo che si faccia troppo spesso confusione, quando si parla di esigenze finanziarie delle organizzazioni non profit, tra mezzi che servono a coprire i costi di gestione e soldi che servono quando l?organizzazione gestisce un?attività di produzione e ha bisogno di capitale circolante o fisso. Nel primo caso le entrate devono provenire da donazioni o dalla vendita di beni e servizi al pubblico o ai privati. E qui ci tengo subito a dire che non ci vedo nulla di male nel fatto che i finanziamenti della pubblica amministrazione siano prevalenti perché così è strutturato il nostro sistema di welfare. Vita: Nel secondo caso? Borzaga: Nel caso in cui il non profit ha bisogno di capitale circolante, non di rado di importo piuttosto elevato perché la pubblica amministrazione è solita ritardare i propri pagamenti, allora si apre il dialogo con il sistema bancario. Oggi siamo in un fase storica in cui il Terzo settore, nel suo complesso, ha raggiunto una discreta maturità, è in corso un ciclo di sviluppo dell?impresa sociale e, quindi, sta emergendo una domanda di credito di medio-lungo termine per effettuare investimenti impegnativi. Ebbene, e arrivo subito al dunque, la Banca popolare etica non è idonea a mio avviso a soddisfare questo tipo di domanda perché è una banca ?universale? senza una particolare vocazione per il credito a lungo termine. L?errore di questa banca è stato quello di voler raccogliere denaro per investirlo nel Terzo settore. Ma il Terzo settore non ne ha bisogno oppure ha bisogno di credito di lungo termine che la banca non può dargli. Vita: Che fare quindi? Borzaga: Ci vogliono le merchant bank. Finora ce n?è una sola, la Cosis. Ce ne vogliono altre. Anche perché bisogna fare un?altra considerazione. Vita: Quale? Borzaga: I rapporti tra organizzazioni non profit e banche ?tradizionali? sono molto migliorati negli ultimi tempi, le banche hanno capito che un certo tipo di non profit è credibile e quindi non tengono più chiusi i rubinetti del credito. Vita: Come dovrebbe allora riorientare la propria mission la Banca popolare etica? Borzaga: Per esempio, dovrebbe rivolgersi anche ad altre tipologie di ?prenditori? di credito, non necessariamente appartenenti al settore non profit. Vita: E il non profit non ha nulla da rimproverarsi? Borzaga: Anche qui c?è un salto culturale da fare. Ci sono ancora troppi romantici del non profit che pensano che il settore non sia destinato a crescere. Vita: Include anche le fondazioni di origine bancaria? Borzaga: Dalle fondazioni mi aspetto che si facciano promotrici, come ha saputo fare la Fondazione Cassa di risparmio di Roma con Cosis, della nascita di merchant bank etiche. Hanno tutte le carte in regola per farlo visto che possono intervenire sia sostenendo la gestione ma anche mettendo a punto strumenti finanziari ad hoc per promuovere lo sviluppo economico. Le fondazioni non hanno ancora capito che lo sviluppo economico, uno degli obiettivi che devono ?istituzionalmente? perseguire, lo si fa anche attraverso il finanziamento di attività di servizi. è vero che sono giovani e che sono nate come escamotage per far da contenitore delle azioni delle banche, ma oggi i tempi sono maturi per guardare lontano.


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