Mondo

Il tempo sospeso tra i volti delle donne siriane

Al via il WeWorld Festival che durerà da oggi, 21 maggio fino al 23 allo spazio Base di Milano. All'interno dell'evento il progetto fotografico di Francesca Volpi che è stata in viaggio con la Ong tra le tende e i giacigli nei campi profughi in Libano. A dieci anni dal conflitto siriano

di Alessandro Puglia

Dieci anni dopo tra i volti e le storie delle donne dei campi profughi nella Valle della Bekka ad Akkar in Libano. Nel decennale del conflitto siriano, l’organizzazione non governativa internazionale WeWorld ha curato il progetto fotografico e multimediale della fotografa internazionale Francesca Volpi dal titolo Il tempo sospeso, all’interno del WeWorld Festival che si terrà da oggi fino al 23 maggio nello spazio Base di Milano. Francesca Volpi, 35 anni, che collabora come fotogiornalista per alcune delle più prestigiose testate internazionali, tra queste il Wall Street Journal, ci risponde da Beirut per raccontarci la sofferenza e la speranza di tante donne che ha incontrato: «Sono donne che nell’arco di dieci anni non sanno ancora cosa accadrà della propria vita, vivono tra le tende senza sapere se potranno o meno mandare i loro figli a scuola. Con ognuna di loro abbiamo trascorso un’intera giornata, penso a quella ragazza minorenne incinta o alla signora settantenne che viaggiava con la foto del marito. Raccontano all’unisono di aver perso dei familiari, di volersi ricongiungere un giorno con quella terra che hanno dovuto lasciare» spiega. Tra i suoi scatti ha immortalato una donna circondata da suoi figli in una scena di apparente normalità: «Vedo questa donna seduta con tutti i bimbi addosso e con in mano un biberon, rimango affascinata dalla sua potenza, dalla sua umanità ritratta in quello che è un momento del quotidiano», aggiunge Francesca Volpi.

«Nei loro gesti c’è quella disperata voglia di ripartire, mi piaceva vedere come arredavano le loro tende, posizionando alcune piante o innaffiandole. I più fortunati qui hanno persino un vecchio televisore e poi c’era una signora che tra i quei giacigli custodiva una coperta, lì avvolta ho visto che c’era una bimba e l’ho fotografata» racconta la fotografa che rimarrà ancora a Beirut per fotografare altre ricorrenze: «il 4 agosto sarà il primo anniversario dell’esplosione del porto di Beirut e si attende per la visita che è stata annunciata dal Papa».

Sono oltre 6.7 milioni le persone fuggite dalla Siria dall’inizio della guerra. Di queste, 1.5 milioni – per la maggior parte donne e bambini – sono sfollate in Libano, il Paese con la più alta concentrazione di rifugiati pro capite al mondo che, da anni, sta vivendo a sua volta una forte crisi sociale, politica ed economica. Secondo le ultime stime del 2019, circa 75.500 donne adulte e 167.000 bambini vivono in insediamenti informali in Libano. Qui, spesso, le donne non hanno la possibilità di accedere a servizi e beni fondamentali e vivono in condizioni di sussistenza basica all’interno di strutture e aree che avrebbero dovuto essere provvisorie, ma che sono diventate quasi permanenti.

«Il lavoro fotografico realizzato con Francesca Volpi mette in risalto l’aspetto umano e quotidiano delle vite di queste donne nei campi informali, raccontando le conseguenze di una crisi ancora lunga da risolvere. Le fotografie mostrano il coraggio e la resilienza (ai limiti della sopportazione) delle donne e delle ragazze siriane, bloccate in una condizione di precarietà dalla quale faticano a uscire, costrette ad affrontare da sole il carico familiare e limitate da una realtà prevalentemente patriarcale. Sono fotografie che raccontano e celebrano la loro forza, restituendo una voce e un volto a chi è stato privato di tutto», conclude Dina Taddia, consigliera delagata di WeWorld.

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