Il tempo passa, i ricordi no: Fiuggi 1996!

di Alessandra Piraino

A CGM in questi giorni siamo tutti in gran fermento! Il 27 e il 28 novembre ci sarà a Roma la Dodicesima edizione della consueta convention dal titolo “THE SOCIAL WAY: l’impresa sociale come modello di sviluppo per tutti”.
L’ultima edizione si è tenuta a Mantova, era il 2012, e io c’ero…ma le altre 10?

Per rispondere a questa domanda, mi sono un po’ documentata. E ho lanciato una sorta di “appello” sulla pagina Facebook delle Convention di CGM a cui ha risposto Mauro Ponzi, oggi presidente del consorzio Mestieri. Ecco cosa mi scrive:

“Non perdonerò mai ad Alessandra Piraino di darmi ufficialmente la patente di Highlander mettendosi a cercare testimonianze sulla prima Convention CGM, 1996, Fiuggi…

C’ero, per la miseria se c’ero…

Da poco tempo il Consorzio Romero aveva aderito a CGM e non si sapeva perché, del resto a Reggio Emilia si era costituito il Consorzio e non si sapeva il perché e andammo a Fiuggi senza sapere il perché…
In realtà andavamo alla ricerca di un perché che ricomprendesse e rimotivasse le nostre scelte.
Poi, ci dicevamo, andiamo a Fiuggi per sentire un banchiere (Pellegrino Capaldo), un banchieereeeee? Che ci parla di finanza? A noi? Non ci interessa la finanza!
Oh madre, proprio a noi, che qualcuno ci definiva “sfigati che si occupano di sfighe” (anche in questo modo ho sentito definire la cooperazione sociale, anzi i cooperatori sociali e più in generale uomini e donne che dedicano professionalmente o volontariamente “agli altri”, spinti da motivazioni laiche oppure religiose)? E questo succedeva in un momento storico in cui anche le stesse centrali cooperative non comprendevano fino in fondo che proprio la cooperazione sociale sarebbe stata una delle forme di sviluppo cooperativo più innovative e di successo a cavallo del cambio di millennio.

Da allora è cambiato il mondo, figurarsi la cooperazione sociale!

Ma qualcosa non è cambiato da Fiuggi ‘96: la fatica più grande è sempre quella di spiegare la nostra idea di comunità, di coesione sociale, di attenzione a una qualità della vita. Questa è un’idea che perseguiamo con tenacia da più di trent’anni con passione crescente, impegni moltiplicati, studi e ricerche a iosa… anche se qualcuno (i politici, per esempio) ci liquida spesso con un superficiale “quelli del volontariato”, virtuosi sì, ma l’economia e la politica sono ben altro.

I politici…arriveranno più tardi alle nostre Convention…erano e sono rimasti i massimi esperti nel praticare ai malati di “socialite cronica” la “paccaterapia”, ovvero la terapia della pacca sulla spalla. Questa pratica è particolarmente diffusa in prossimità delle elezioni, quando con un fiorire di “viva il terzo settore, il volontariato, la cooperazione sociale”, spesso citati a casaccio senza la consapevolezza della differenza fra i vocaboli e la sostanza, credono di dialogare con la cosiddetta società civile, scollegandosi immediatamente a elezioni avvenute, quando giunge il momento, per gli eletti, di fare scelte positive e concrete per il sociale.
Qualcuno di noi è passato alla politica. Speriamo che la riesca a contaminare un po’ con le nostre idee e i nostri valori!

Ma questo popolo non demorde.

Dotato di grandi doti da incassatore vede aumentare il numero dei contagiati e della passione sempre crescente.
La passione per il sociale è un morbo che si prende da giovani, ti si appiccica addosso e con il passare degli anni si aggrava, s’impossessa del tuo corpo, dalla mente al cuore, e, ahimé, non vi sono antidoti per guarire da questa “socialite”, specie nella versione cronica (quella di cui siamo tutti affetti, incurabile).
La socialite (neologismo che mi sono permesso di inventare) è una sindrome sempre presente nella storia, ma che è esplosa nella sua attuale versione verso il 1968, quando un gruppo di contaminati in forma acuta ha iniziato col voler chiudere i manicomi, mandare gli handicappati a scuola e a lavorare in mezzo ai normali: alcune teorie, tutte da verificare, sostengono che detta sindrome sparirà dalla faccia della terra simultaneamente alla scomparsa dell’emarginazione e dell’ingiustizia sociale. La sindrome ti prende al punto che ti fa scegliere un mestiere dall’identità incerta, che fai fatica a spiegare ai tuoi figli, che socialmente è poco considerato, che non ti consente mai di staccare la spina, un mestiere proprio un po’ da sfigato, eppure FANTASTICO! 

Fantastico nella sua quotidianità, nell’incontrare persone meravigliose, organizzazioni stupende, un mondo, credetemi, straordinario, che fa delle cose straordinarie. E di convention in convention questa sensazione cresce, cresce….siamo diventati “soggetti dell’economia civile”…fino a quando un illustre accademico ci darà un altro nome…ma va bene così.
Arrivederci a Roma,
Mauro

(Grazie a @mauroponzi1 per la sua testimonianza!)

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