Welfare

Il tempo libero degli immigrati

Una ricerca spiega le abitudini di divertimento di famiglie e single stranieri

di Gabriella Meroni

E’ un modo schietto di trascorrere la giornata libera dal lavoro, quello degli immigrati in Italia, che aiuta a  scoprire nel profondo la terra che ora li ospita.

Lo rivela una ricerca realizzata  dal gruppo di ricerca della professoressa Mariangela Giusti, fiorentina, docente all’Università Milano Bicocca, e pubblicata ora nel libro “Immigrati e tempo libro: comunicazione e formazione a cielo aperto” (Utet università , 168 pag. 16€). La ricerca, in quest’area così nuova e ancora inesplorata, ha coinvolto un campione di 150 soggetti; è stata condotta con metodo etnografico e ha visto come protagonisti due tipologie di immigrati: persone da molto tempo in Italia, con figli e famiglia al seguito – per lo più nuclei familiari sudamericani  e filippini-, e persone sole immigrate da poco, per lo più donne dell’Est Europa.

Strumenti privilegiati dello studio, che vuole capire le modalità attraverso le quali il turismo genera conoscenza di sé e della realtà circostante in ambito interculturale, sono stati un questionario e un’intervista in profondità. La ricerca parte dall’assunto che anche i luoghi del tempo libero sono diventati meticci. Le spiagge, i lungolaghi, i parchi, i giardini pubblici, i centri commerciali sono luoghi dove la convivenza interculturale è un dato di fatto. Famiglie originarie di altri paesi, con tratti somatici, abbigliamenti, lingue che rimandano a mondi lontani, nelle quali visibilmente convivono diverse generazioni, sono sempre più “vere presenze” nelle occasioni en plein air del tempo libero. Gli spazi della vacanza di un giorno e del turismo vicino rappresentano bene la complessità, la ricchezza, le contraddizioni di una società (quella italiana) che sempre più si caratterizza come multiculturale. E i luoghi aperti del tempo libero sono inevitabilmente anche spazi per la formazione, per lo scambio attivo di comunicazione, per la rappresentazione della propria identità e per l’osservazione di quelle altrui.

È vero certo che la formazione degli immigrati avviene in gran parte nei luoghi canonici (la scuola, in primo luogo), ma  recenti ricerche hanno dimostrato che è il territorio che conferisce un imprinting formativo importante a chi lo frequenta, lo vive, lo abita. Il volume parte da queste considerazioni per analizzare gli aspetti pedagogici e formativi, per lo più informali, che nascono e si sviluppano nelle occasioni del tempo libero. Le testimonianze raccolte mostrano che proprio queste sono le occasioni in cui l’integrazione e il meticciamento culturale sono  più semplici e più veri.

Luoghi dedicati al tempo privato del turismo e del riposo sono i parchi (la ricerca parte dalla Lombardia), ma anche le coste della Versilia, località termali, le città d’arte di tutta Italia e molti luoghi della fede, sedi di santuari miracolosi, di pellegrinaggi. Nel tempo dedicato alle gite domenicali, i gruppi e le famiglie  provenienti da altrove si conosco e riconoscono, confrontano sé stessi e le loro tradizioni con lo stile di vita degli italiani. Dalla ricerca emerge, per esempio, il punto di vista “doppio” di molte badanti sulla realtà italiana: esse vedono dall’interno, con gli anziani che accudiscono, e da fuori, durante il loro tempo libero, la vita e le usanze degli Italiani.

La ricerca, intervallata nel volume da attività didattiche da realizzare in classe o in ambito educativo con ragazzi, giovani o adulti immigrati, si conclude con alcune indicazioni importanti. I territori d’approdo devono essere rispettati da coloro che arrivano da altrove: insegnare a chi decide di vivere in Italia il rispetto per il territorio è fare intercultura ed è sempre più compito e responsabilità degli educatori, dei docenti, degli amministratori, degli enti preposti all’impiego del tempo libero, degli assessorati e degli enti al turismo.

Il libro, appena uscito è disponibile oltre che in tutte le librerie anche on line

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.