Famiglia

Il tema del mese. Borsa, finanza, fondi. Per gli italiani è tutto un rebus

Il 40% dei cittadini non sa valutare il rischio di un investimento, il 50% non sa distinguere tra i vari tipi di mutuo. L’ignoranza, sul fronte risparmio, la fa da padrone.

di Christian Benna

Analfabeti e male (o molto poco) educati. Ma soprattutto terrorizzati e in fuga. Quando si parla di finanza gli italiani, ultimi della classe in Europa, si chiudono a riccio, finiscono dietro la lavagna. Tanto per cominciare ignorano il mercato azionario. Secondo un?indagine di Bankitalia, solo il 27% sa calcolare il rendimento di un titolo. E quel che è peggio, afferma un sondaggio dello Studio Ambrosetti, il 40% dei cittadini non sa valutare il rischio di un investimento. Bisogna poi accendere il lumicino per trovare chi (circa il 6,2%) ha in portafoglio azioni di società quotate in Borsa. Meglio i Bot, in netta ripresa – l?8,5% possiede titoli di Stato – anche se i quattrini in avanzo restano sotto il guanciale dei depositi bancari.Scarsa propensione al rischio, certo, ma non solo. Il 50% dei cittadini ha perfino difficoltà a leggere un estratto conto e non è in grado di distinguere le varie tipologie di un mutuo. Somari in vicende di bond e di Etf, ma felici e contenti perché poco esposti? Tutt?altro, i risparmiatori italiani appena mettono il naso fuori dalla finestra diventano facili prede di furbetti. Il gettonatissimo mutuo variabile, quando il costo del denaro era quasi a zero, si è trasformato in un salasso per milioni di famiglie dopo il rialzo dei tassi di interesse. E c?è di più. Il 12,1% di consumatori – una nicchia elitaria composta per lo più da quadri e dirigenti – che investe in obbligazioni e fondi comuni sta facendo rapidamente retromarcia. Il crollo dell?industria del risparmio gestito infatti racconta una storia di profondo malcontento. Nel 2007 i fondi comuni di investimento hanno bruciato 20 miliardi di euro; la maggior parte dei veicoli finanziari hanno ottenuto performance peggiori del benchmark. Cattivi gestori, mercati ballerini, ma anche pessime scelte dei risparmiatori. E allora si scappa a a gambe levate: negli ultimi 12 mesi il patrimonio dei fondi ha visto risparmiatori in fuga dietro una scia di deflussi di 53 miliardi. Gli unici a guagnare consensi sono gli hedge fund (+13%), fondi speculativi adatti per portafogli abbienti e ben informati. E nel segno della sfiducia è partita pure la rivoluzione del Tfr. Meno del 30% degli italiani ha aderito alla riforma previdenziale integrativa, messa a punto dalle istituzioni per garantire un sistema pensionistico del futuro che lo Stato non è più in grado di sostenere.

Vivere senza Bond
«Nessuna norma di trasparenza e tutela è veramente efficace se gli utenti non hanno gli strumenti per effettuare scelte informate: con l?accrescersi della complessità dell?offerta, assicurare l?educazione finanziaria del consumatore di servizi bancari è divenuto di cruciale importanza». In un suo recente intervento il governatore della Banca d?Italia. Mario Draghi ha messo il dito nella piaga. Mentre in Europa nascono programmi condivisi di educazione finanziaria, l?Italia è ancora al palo. Ci sono le iniziative delle banche come Patti Chiari, «lodevoli ma insufficienti a colmare il gap con il resto d?Europa», dice Giacomo Vaciago, ordinario di Politica economica all?università Cattolica e membro del comitato scientifico dello Studio strategico sull?educazione finanziaria elaborato da Ambrosetti. «È tempo che le istituzioni si muovano», dice Vaciago, «è loro compito alfabetizzare il Paese su un tema così importante come l?educazione finanziaria. Lasciare quest?onore alle banche non ha senso. In primo luogo perché sono dirette interessate, e poi perché interventi del genere non sanano il male alla radice, che è di tipo culturale». Spiega Vaciago: «Il capitalismo dei furbetti e non della meritocrazia ha insegnato ai cittadini che in Borsa si gioca, non si investe. Si attende la soffiata dell?amico, per guadagnare un po? di soldi. Invece la finanza moderna si articola in rendimenti misurabili sul rischio. Se non si comprendono questi semplici meccanismi si possono poi generare gli scandali come i bond argentini e Parmalat». Quelli delle rate Sfiducia, poca informazione, scarsa competenza. I risparmi, quando ci sono, tornano sotto il materasso. Crescono invece i debiti: il credito al consumo aumenta per volumi – un italiano su quattro vi ricorre, secondo Eurispes – in particolare tra le classi meno abbienti. Il 16% del debito a consumo è in carico a persone con licenza media inferiore. I più preparati investono sul medio termine, costruiscono piani di previdenza, il tutto commisurato al rischio e alla fascia di età.
«Non c?è mai stato un programma pubblico sull?educazione finanziaria. Ora ne paghiamo tutti le conseguenze», dice Paolo Fiorio del Movimento Consumatori: «In Gran Bretagna si iniziano a studiare le basi di una corretta gestione finanziaria sui banchi di scuola. Non possiamo più sottrarci a questo tipo di lezioni. Abbiamo sollecitato la Consob, ma senza successo. E ora tutto si fa più complicato con il recepimento della Mifid». La direttiva europea pone il cliente nelle condizioni di avere la piena consapevolezza dei diritti e dei doveri derivanti dalla prestazione dei servizi di investimento. «Per rispondere a queste difficoltà l?unica risposta è una svolta culturale, fatta di formazione e conoscenza».I primi a scottarsi sul tema della mala educazione finanziaria saranno i quarantenni. Lo sostiene Marco Onado, economista e docente alla Bocconi, che spiega: «La bassa percentuale di aderenti alla riforma previdenziale integrativa mette a nudo la scarsa consapevolezza dei lavoratori italiani. Per loro la pensione non è garantita, eppure si ostinano a conservare il Tfr o ad investirlo in strumenti finanziari costosi e poco efficienti. Per recuperare occorre partire da tre livelli: autorità di controllo, governo e associazioni di consumatori. Ma il progetto deve essere comune e condiviso».


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