Salute mentale

Il Teatro Patologico sbarca a Sanremo

Dagli anni '80 Teatro Patologico fa incontrare il teatro e la malattia mentale in un percorso che crea un nuovo modo di fare teatro, aiutando migliaia di famiglie. Carlo Conti ha chiamato sul palco di Sanremo Dario D’Ambrosi e i suoi attori. Nel numero "Basaglia dove sei?", VITA aveva raccontato le esperienze di punta di arteterapia per la riabilitazione psichiatrica

di Alessio Nisi

Teatro patologico a Sanremo

Li racconta come «ragazzi sofferenti». Sono i protagonisti di un lavoro «iniziato addirittura nel 1999». Con loro, ricorda, ha avuto un «impatto complicato e affascinante. Persone», sottolinea, «che hanno anche avuto crisi psicotiche importanti nell’adolescenza e nella prima maturità e che hanno iniziato un percorso che è stato quasi una scommessa». Nanni Garella, regista teatrale, direttore artistico della compagnia teatrale Arte e salute Aps di Bologna racconta 25 anni trascorsi insieme a ragazze e ragazzi con disagio psichico (e 30 spettacoli allestiti) con il pudore di una narrazione che non vuole ghettizzare, lontana dallo stigma, normalizzante quasi. «Il nostro non è semplicemente un rapporto: è una fratellanza», dice. Le parole chiave restano normalità (nonostante «la malattia cronica»), parità e lavoro. Nessuna differenza sul palco. 

Qui Bologna. Il teatro come progetto di comunità per abbattere lo stigma

La direzione allora qual è? «È proprio nel lavoro che facciamo». Incidentalmente «ci occupiamo di teatro, ma potremmo fare molte altre cose». Quindi, se fuori dal teatro la distanza purtroppo resta, in scena no. «È qui il valore. Avere un ruolo, una tecnica, un inquadramento contrattuale, un libretto Enpals, come tutti gli altri attori», sottolinea Garella. Del gruppo iniziale di utenti che in 25 anni sono passati e se ne sono andati, in un normale percorso di avvicendamento, sei sono ancora qui: «i ragazzi del ‘99». Affascinati e impauriti all’inizio, più bravi con il tempo: «Quando sono diventati attori veri, hanno iniziato a capire che il loro lavoro era importante anche per tutte quelle persone nella loro stessa condizione, che non avevano avuto la fortuna di incrociare questa possibilità». Si sono «caricati di questa responsabilità». Quando salgono sul palco sanno benissimo che «combattono un pregiudizio» e magari trasformano le difficoltà in strumenti. Come nel caso dell’allestimento del celebre Sei personaggi in cerca d’autore di Pirandello. «Abbiamo lavorato sulle allucinazioni, che da fenomeno psichico diventa una forma di conoscenza. Hanno compreso che, quello che gli altri considerano una dannazione, può diventare uno strumento di percezione». Stessa cosa nel caso di Porcile, allestimento sulla tragedia di Pasolini, che stanno portando in scena nel momento in cui scriviamo: «I miei attori sono pasoliniani per eccellenza, anche in rapporto a come usano il loro corpo e il modo di stare in scena». 

Arte e Salute, guidata dalla psichiatra Ivonne Donegani, insieme all’Istituzione Gian Franco Minguzzi coordina il progetto regionale “Teatro e salute mentale”. Si tratta di un progetto nato nel 2000 all’interno del Dipartimento di salute mentale-Dsm di Bologna con l’obiettivo di formare all’arte teatrale persone affette da disagio psichico. C’erano dei talenti che, opportunamente formati, fossero spendibili in una compagnia? Questa la domanda da cui ha preso il via il progetto. Il modello? «Un percorso di formazione guidato da registi e da operatori dell’arte, come se fosse una vera e propria scuola di teatro», spiega Donegani. Negli anni, le compagnie sono diventate 18 e nel 2022 contavano 169 attori con disagio mentale. 

Dall’esperienza di Bologna, nel 2007 è nata una rete che ha riunito numerose compagnie di teatro della salute mentale e i Dsm dell’Emilia Romagna: la rete nel 2016 è diventata il progetto regionale “Teatro e salute mentale”. «È un esempio importante di co-progettazione tra sanità e cultura. Tutto il progetto è un invito a fare salute mentale insieme e a creare una comunità di cura, in cui la salute mentale è un bene comune», precisa Donegani. L’ambizione ulteriore? La creazione di una rete nazionale di teatro e salute mentale. Le esperienze infatti non mancano: il progetto ha condotto un lavoro di ricerca e di analisi, A un passo dalla scena, per la ricognizione delle realtà del Terzo settore che promuovono attività teatrali nell’ambito della salute mentale. Dal report, aggiornato a febbraio 2023, è emerso che almeno 182 organizzazioni non profit sono impegnate in tutta Italia in attività di teatro nell’ambito della salute mentale e portano avanti queste esperienze in stretta collaborazione con gli enti pubblici, tra cui i Dsm di 41 aziende sanitarie.

Qui Roma. Il teatro patologico e il progetto Crazy for Football

A Roma invece l’attore e regista teatrale e cinematografico Dario D’Ambrosi ha fondato e guida l’associazione Teatro Patologico, realtà che si occupa da oltre trent’anni di creare un punto di incontro fra il teatro e la disabilità mentale. Il Teatro Patologico nasce come idea negli anni Ottanta ma è nel 1992 che diventa un’associazione, che, spiega D’Ambrosi, «lavora per la riabilitazione psichiatrica attraverso la teatroterapia». Da allora 1.700 persone con disagio psichico hanno calcato il palco dell’associazione. Nel 2016, poi, la nascita del corso di laurea di Teatro Integrato dell’Emozione per disabili psichici, in collaborazione con l’Università degli Studi Tor Vergata.

Sempre a Roma è nato, nel 2004, “Crazy for Football”, progetto dello psichiatra romano Santo Rullo. Al centro, una squadra di calcio per persone con problemi di salute mentale. Più di una squadra. Una Nazionale di calcio a 5, composta da ragazzi che sono in cura presso i servizi territoriali di salute mentale di tutta Italia e che nel 2016 ha partecipato anche ad un mondiale in Giappone. «Negli ultimi quattro anni abbiamo fatto provini a 400 persone», dice Rullo. In campo? Scendono soltanto pazienti con una diagnosi psichiatrica. «Le persone con salute mentale», spiega Rullo, «hanno il diritto ad essere reinseriti nel sociale. Un diritto che vuol dire anche godere dell’arte e dello sport».

Qui Brescia. Ricerca artistica e benessere, un percorso alla pari 

Da Roma alla Lombardia, con l’esperienza di Teatro19, un’associazione culturale di Brescia al cui interno è nata ed è cresciuta la Compagnia Laboratorio Metamorfosi. Il gruppo è composto da attori e attrici professionisti e non, utenti dei servizi di salute mentale e studenti universitari: Teatro19 lavora infatti in stretta connessione con il servizio pubblico e l’Azienda Socio Sanitaria Territoriale degli Spedali Civili di Brescia. La direzione artistica di Teatro19 è affidata alle fondatrici Valeria Battaini, Roberta Moneta e Francesca Mainetti. Mainetti ha appena curato la regia e l’adattamento di Macbellum, rappresentazione tratta dal Macbetto di Giovanni Testori. La produzione è parte integrante del progetto Culture Care, un patto di coproduzione fra teatro, città e enti di cura finanziato da Fondazione Cariplo nell’ambito di Bergamo Brescia Capitale della Cultura 2023.

Teatro19 ha iniziato a confrontarsi con la salute mentale nel 2011, «quando lo psichiatra che dirigeva uno dei servizi territoriali di salute mentale», racconta Mainetti, «mi ha chiamato come consulente teatrale». Il teatro come relazione? Sì il punto di partenza era proprio il suo utilizzo in chiave di «riabilitazione e risocializzazione». Al Teatro19 però poi hanno fatto un passo in avanti. La parola chiave è diventata recovery: «Un approccio nuovo», su cui è nata nel 2015 la Compagnia Laboratorio Metamorfosi, in cui si propone un percorso di ricerca teatrale alla pari con gli operatori, «che accanto al benessere personale abbia anche un obiettivo artistico». Questo «percorso professionalizzante» oggi coinvolge sei persone. «Alla pari», spiega Mainetti, «vuol dire che l’artista condivide con l’utente il suo lavoro, con il suo obiettivo d’arte». 

Qui Milano. Mapp, un museo nell’ex ospedale psichiatrico 

A Milano, nell’ex ospedale psichiatrico Paolo Pini, dal 1995 c’è il Museo d’arte Paolo Pini, realizzato in collaborazione con il Dsm dell’Ospedale Niguarda: rappresenta un centro di promozione di giovani artisti emergenti e di iniziative culturali. Il Museo, oggi, è costituito da una collezione permanente che comprende murales, installazioni e sculture dislocate nel grande parco. «Il Paolo Pini», spiega la psichiatra Teresa Melorio, ideatrice del Mapp, «è un ex ospedale psichiatrico che è stato trasformato in presidio socio-sanitario. Anche prima della sua chiusura, il progetto del Museo voleva raccogliere le testimonianze storiche di tutto quello che era stata la vita manicomiale». Il lavoro di confronto e contaminazione è proseguito: «Qui facciamo musica, arte, pittura, teatro insieme ai nostri arteterapisti formati e soprattutto con artisti professionisti che qui tengono degli stage e creano progetti insieme a noi». La chiave? «La co-progettazione, la trasformazione, l’essere protagonisti, la possibilità di rappresentarsi e condividere anche con il pubblico esterno tutto ciò che viene creato all’interno». Un museo «dinamico, in cui vengono prodotte continuamente nuove opere», accanto a cui è nato anche il festival di teatro “Da Vicino Nessuno è Normale”, organizzato dall’associazione Olinda. Tra i lavori portati in scena al Mapp, anche Poetry in motion, una rappresentazione che muove dalle parole ritrovate dei pazienti ricoverati e si propone di accompagnare lo spettatore attraverso le sensazioni, i ricordi e le emozioni di chi ha vissuto nella struttura.

Dario D’Ambrosi e gli attori di Teatro Patologico durante l’esibizione al Festival di Sanremo 2025. Foto di Marco Alpozzi/LaPresse

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