Cultura

Il Teatro civile torna a Milano con “Nove petali di loto”

Prima nazionale questa sera al Teatro Sala Fontana di Milano va in scena l'opera di Milo Vallone e Luca Pompei "Nove petali di loto" liberamente ispirato alla vicenda della cooperativa Cearpes. «Vicenda kafkiana che solo il teatro poteva raccontare» dice il regista Vallone

di Antonietta Nembri

Un titolo evocativo, quasi esotico per raccontare una vicenda italianissima. Una storia che questa sera, martedì 18 novembre in prima nazionale, viene presentata sul palcoscenico del Teatro Sala Fontana di Milano con un pièce capace di unire prosa, documentario e cinema e con questo mix di strumenti comunicativi «accendere i riflettori su una vicenda così kafkiana che solo il teatro è in grado di rappresentare» dice l’attore-regista e co-autore Milo Vallone.
Stiamo parlando di Nove petali di loto portato in scena dalla Compagnia della Memoria. Milo Vallone e Luca Pompei hanno scritto la trama, o meglio hanno prestato la loro penna all’ispirazione che nasce dalla cronaca. Pur essendo un testo di fantasia, infatti, lo spettacolo si è liberamente ispirato a una storia vera, quella della cooperativa Cearpes.

Lo spettacolo nasce infatti dalla storia paradossale e kafkiana di Cearpes e del suo direttore Dominique Quattrocchi e affronta i temi scottanti del potere, della relazione con le istituzioni, la burocrazia… dei rapporti tortuosi tra chi agisce e chi gestisce. “Il calvario umano, professionale e giudiziario di un uomo e dei suoi amici/soci  alle prese con un lavoro difficile (occuparsi di minori con problemi socio-comportamentali…), a contatto quotidianamente con la vera follia umana, la pazzia di ragazzi che vivono – soprattutto in Italia – in un autentico limbo, tra leggi che non esistono e strutture che non hanno l’adeguato sostegno della politica ma soprattutto della comunità civile” tutto questo, come si legge nella presentazione è nello spettacolo in scena questa sera a Milano.

Ma da dove nasce il titolo? «Nel titolo c’è la metafora che vogliamo raccontare. Il fiore di loto è un fiore bellissimo, ma che si nutre delle acque torbide, nasce nell’acqua sporca e man mano che il fiore cresce quell’acqua torbida che l’ha visto germogliare si pulisce» continua Vallone. E il parallelismo è con il protagonista dell’opera messa in scena.
Lo spettacolo si muove sul progetto inaugurato dallo stesso Vallone alcuni anni fa e definito “CineprOsa” con l’intreccio e l’incontro di linguaggi teatrali e cinematografici per dar vita a un cine-spettacolo in cui dialogano palco e schermo.

Quella che sarà rappresentata questa sera è una pièce che si colloca nell’ambito della migliore tradizione del teatro civile italiano, per far conoscere un caso paradossale e accendere così i riflettori sulla schizzofrenia, su come la si cura, sulle professionalità necessarie e sulle autorità chiamate a riconoscerle e a tutelarle. Un progetto culturale che intende perciò rappresentare un grido, una denuncia per aprire un varco su un mondo – la malattia mentale – che esiste e che non si vuole conoscere e/o accettare perché ha sempre fatto paura.

Lo spettacolo è parte di un progetto per far conoscere e raccontare la conclusione positiva della vicenda giudiziaria che ha riguardato la Cearpes: 9 anni di processi per l’assoluzione con formula piena di 32 imputati da tutte le accuse. Nel frattempo però la cooperativa è stata azzerata. Ma come il fiore di loto i protagonisti della vicenda e dello spettacolo che la ripercorrono vogliono tornare a riemergere dalle acque fangose.
 


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