Welfare
Il taglio dell’accoglienza straordinaria: in due anni persi oltre 15mila posti
Il rapporto lanciato da ActionAid e openpolis presenta la prima analisi basata su dati disaggregati aperti, accessibili e verificabili dei Centri in Italia. Il 17 marzo al Tar udienza per chiedere accesso ai dati delle ispezioni delle Prefetture sui Cas finora non resi pubblici
di Redazione
ActionAid e openpolis lanciano la prima mappatura di tutti i centri di accoglienza gestiti dalle Prefetture in Italia su tutto il territorio nazionale al 31 dicembre del 2018 e al 31 dicembre 2019. Un'analisi inedita sugli effetti che il Decreto sicurezza ha prodotto sulla struttura del sistema di accoglienza, in termini di presenze, costi e distribuzione sul territorio. Per la prima volta sono stati raccolti e resi pubblici nel Rapporto “Centri d’Italia 2021 – Una mappa dell’accoglienza” (anche in allegato a fondo pagina) i dati disaggregati aperti liberamente accessibili e verificabili con un dettaglio a livello provinciale e comunale, e non le aggregazioni predisposte dal ministero dell’Interno. Informazioni importanti e necessarie per un monitoraggio costante del sistema di accoglienza, che avrebbero potuto alimentare il dibattito politico che ha portato alla riforma del sistema nel dicembre 2020 con il Governo Conte II se fossero state disponibili e trasparenti fin da subito.
Al contrario – ribadisce una nota – il Viminale continua a negare informazioni essenziali sulle attività di monitoraggio della gestione dei centri di accoglienza svolte da parte del ministero dell'Interno e dalle Prefetture. Secondo il ministero, la diffusione di queste informazioni lederebbe "l'interesse pubblico alla riservatezza ed al buon esito delle ispezioni future". Il 17 marzo ActionAid e openpolis saranno in udienza al Tribunale amministrativo del Lazio per rivendicare il diritto di conoscere, di accedere ad informazioni fondamentali per poter valutare le politiche in base agli effetti che producono.
«L'obiettivo è di verificare quali controlli vengano effettuati e con quale frequenza, quali violazioni siano state riscontrate e di quale gravità, se gli enti gestori offrano o meno i servizi per cui vengono pagati e quindi in definitiva sapere in quali condizioni vengano ospitati gli stranieri nel singolo centro. Solo così si possono sviluppare analisi di dettaglio e indipendenti come quelle presenti in questo report», dichiara Vittorio Alvino di openpolis «quello del 17 marzo è un appuntamento con la democrazia: ci aspettiamo che le istituzioni rispondano positivamente a questa operazione di trasparenza, poiché rientra nelle loro prerogative e responsabilità».
«L’assenza di dati, unita alla totale mancanza di interlocuzione con analisti e addetti ai lavori nel disegno del nuovo capitolato di gara, evidenziano purtroppo una continuità con il passato. La stessa che si riscontra nella criminalizzazione della solidarietà e dell’aiuto. È questo», spiega Fabrizio Coresi, Programme Expert on migration di ActionAid «il filo rosso che unisce tutti gli ultimi governi, senza distinzione di colore politico: dal muro di norme della legge Minniti-Orlando alla riforma sancita dal Decreto immigrazione di dicembre scorso. ActionAid chiede al nuovo governo di superare l'approccio emergenziale, mettere da parte le strumentalizzazioni, orientando le scelte in ambito migratorio per fare davvero dell’accoglienza pubblica e diffusa il sistema ordinario e principale, che è per le persone ospitate un diritto e per i territori ospitanti un’opportunità».
Come sono cambiati i Cas?
Il calo di presenze nel sistema di accoglienza tra dicembre 2018 e dicembre 2019 ha comportato anche la diminuzione del numero di centri attivi (tra Cas e Cpa/hotspot), che sono passati da 8.145 nel 2018 a 5.482 nel 2019.
elaborazione openpolis su dati del ministero dell'Interno
Dal punto di vista della capienza, dai dati emerge che, tra 2018 e 2019 nella maggioranza delle province italiane (65) è mediamente aumentata. A fronte del calo di presenze nel sistema di accoglienza tra dicembre 2018 e dicembre 2019 così si è modificato lo scenario: se ci limitiamo ad analizzare i Cas, nel 2018 era Sassari la provincia con centri in media più̀ grandi (105,2 posti per centro) seguita da altre 8 del mezzogiorno (Catanzaro, Brindisi, Bari, Siracusa, Trapani, Foggia, Campobasso e Salerno). Tra le prime 30 provincie per capienza media, Bolzano è l’unica del nord, confermando così uno squilibrio già rilevato negli anni scorsi analizzando i contratti per l’accoglienza straordinaria. Nel 2019, sono salite a 4 le province con, in media, più̀ di 100 posti per l’accoglienza in ogni centro: Brindisi (133), Sassari (119,3), Livorno (117,2) e Vibo Valentia (108,7).
In 65 province italiane cresce la capienza media dunque mentre, su scala nazionale, anche considerando la chiusura di megacentri governativi come il Cara di Mineo o quello di Castelnuovo di Porto, sono i centri piccoli ad aver perso più posti, per un totale di 15482 posti in meno tra 2018 e 2019. A Bologna, ad esempio, nel 2018 erano 622 i posti attivi in centri di piccole dimensioni. Nel 2019 invece ne erano rimasti solo 299 (-51,9%). Ancora più evidente il caso di Torino dove nel 2019 i posti in piccole strutture sono diminuiti (-119 posti) mentre quelli in centri medi e grandi sono addirittura aumentati (rispettivamente +94 e +43 posti).
Penalizzata l’accoglienza diffusa sul territorio nazionale
elaborazione openpolis su dati del ministero dell'Interno
Con il Decreto Sicurezza i comuni con centri di accoglienza straordinari o governativi sono diminuiti drasticamente, passando da 2.691 (33,8% dei comuni italiani) nel 2018 a 1.822 (23%) dell’anno successivo, con un calo del 32,3%. Se il numero di comuni interessati nel 2019 fosse rimasto quello del 2018, la media di ospiti per Comune sarebbe nettamente più̀ bassa di quella che si è effettivamente registrata (24,8 rispetto a 36,6 ospiti per comune). In questo modo si sarebbe potuto intervenire privilegiando, una volta per tutte, l’accoglienza diffusa. Sarebbe bastato lasciare in funzione i centri piccoli che erano già attivi nel 2018 e chiudere quelli più grandi. Se gli oltre 49mila posti attivi in centri di piccole dimensioni nel 2018 (37% del totale) fossero rimasti tutti in funzione nel 2019, si sarebbe fatto un enorme passo avanti verso l’accoglienza diffusa. In questo modo infatti i piccoli centri avrebbero coperto ben oltre la metà dei posti necessari.
L’analisi degli importi per singola persona ospitata nei Centri conferma che sono proprio i centri piccoli (unità abitative in accoglienza diffusa) ad essere maggiormente penalizzati (-22,7%, da 35 a 27 euro). A questo proposito, è interessante notare, ad esempio, come nel territorio della città metropolitana di Torino non si registra quasi una differenza di prezzo tra 2018 e 2019. Al contrario, a Milano si assiste in media a una drastica riduzione dei prezzi giornalieri per persona, da 35,4€ nel 2018 a 19,3€ nel 2019 (-45,5%). Nel 2019, in effetti, il sistema era ancora in trasformazione. Alcuni centri, nati con le regole precedenti al decreto sicurezza, erano ancora attivi, anche grazie a delle proroghe.
Le cartine sono tratte dal Rapporto Centri d'Italia 2021 – Una mappa dell'accoglienza
In apertura photo by Mansado Louis on Unsplash
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