Formazione

Il tablet in classe aiuta gli alunni più fragili

Ricerche scientifiche non ce ne sono (e questo è un problema), ma la percezione degli insegnanti è che il digitale aiuti soprattutto i ragazzi meno motivati o con più difficoltà

di Sara De Carli

Ha trascorso gli ultimi giorni di agosto (e di ferie) a Bruxelles, per un workshop sulla Future Classroom – adapting pedagogical practice. Si chiama Anna Rita Vizzari, vive e insegna a Sestu, alle porte di Cagliari, alle medie, tiene il blog Una Lavagnata al Giorno. Tutti gli alunni delle sue due classi, quest’anno, avranno un netbook.

Cosa si può già fare in classe grazie alle nuove tecnologie?
Nelle mie classi attuo il BYOD, che consiste in questo: fatta eccezione per i netbook e i tablet che, acquistati 4 anni fa con i fondi di Cl@ssi 2.0, diamo tuttora in comodato d’uso, ogni alunno porta il proprio dispositivo: notebook, netbook, tablet, smartphone. Non tutto si può fare con tutti gli strumenti, anzi: diciamo che ogni strumento si presta per determinate attività. Da qualche anno sperimento la metodologia iTEC, promossa da European Schoolnet e gestita in Italia dall’Indire: si tratta di seguire una learning story (un progetto in formato narrativo e non di matrice burocratica) articolata in learning activities in cui i ragazzi sono veramente artefici del proprio apprendimento: si confrontano, scelgono, progettano, realizzano, contattano esperti, documentano e meta-riflettono. E le tecnologie vanno adeguate alle esigenze della learning story: quale tecnologia serve per questa determinata attività?

Come la tecnologia cambia la didattica, l’approccio, il ruolo degli alunni?
Fatto salvo che a mio avviso un insegnante “innovatore” cambia la didattica anche senza le dotazioni tecnologiche, posso dire che in ogni caso dipende dalla tecnologia. Secondo me a cambiare la didattica, l’approccio e il ruolo degli alunni è in particolare il cloud computing, del web 2.0. Perciò la connessione è pressoché fondamentale: da scuola e da casa. I ragazzi tramite il web 2.0 si confrontano, fanno brainstorming collaborativi (per esempio con mappe mentali on-line), coltivano contatti con l’esterno (alunni di altre scuole, esperti, figure autorevoli: alcuni miei alunni hanno intervistato Stefano Benni). Se la connessione manca si sopperisce diversamente, con software e apps funzionali, ma non è la stessa cosa: manca l’ampio respiro.

La tecnologia è di per sé innovativa?
Il rischio che si faccia didattica tradizionale con mezzi ipertecnologici è concreto. Succede se l’insegnante rimane ancorato alla linearità del testo, se non sa mettersi in discussione, se non si aggiorna a livello metodologico oltre che tecnologico, se non promuove attività in cui l’alunno rivesta un ruolo attivo.

Come un insegnante arriva ad appassionarsi a questi nuovi strumenti? Com’è in media l’atteggiamento del corpo docente?
Se non si è appassionato finora a prescindere (per esempio tramite i videogiochi lustri fa), magari può (una volta superati eventuali pregiudizi) tramite i social network: la condivisione e, soprattutto, i relativi feedback da parte di colleghi (e non solo) del resto del mondo possono fornire una valida motivazione. Secondo me la dimensione sociale aggiunge un quid ai meri strumenti, rendendoli irrinunciabili. Riguardo all’atteggiamento del corpo docente, posso dire che nella mia scuola l’impiego didattico dei nuovi strumenti si sta espandendo in progressione geometrica, rispetto al rifiuto iniziale di buona parte dei colleghi. E credo che lo stesso processo sia in atto in molti istituti, soprattutto laddove ci siano insegnanti “pionieri”.

Le nuove tecnologie migliora i risultati degli studenti?
A livello oggettivo, ritengo che non ci siano ancora gli strumenti per valutare oggettivamente neppure confrontando le valutazioni finali delle classi avute finora, perché negli ultimi anni il numero di alunni è aumentato, le ore di Lettere sono diminuite, l’approccio dei ragazzi è cambiato (e sono cambiata anch’io). Neppure i risultati Invalsi, a mio modesto avviso, possono dare una visione obiettiva, per le variabili di cui sopra. Magari tra qualche anno… Posso invece valutare il prima e il dopo dei singoli studenti e rilevare che il miglioramento è notevole soprattutto nei ragazzi con difficoltà o con scarsa propensione per la scuola, a livello di motivazione, a livello di capacità comunicative, di metodo di lavoro. E ho notato che con questi alunni “funziona” più il tablet del netbook.

Nell’ottica di una scuola inclusiva, le nuove tecnologie possono aiutare a creare una didattica, dei percorsi e degli ambienti di lavoro più inclusivi per tutti?
Sì, ho avuto modo di raccontare diversi episodi di alunni diversabili che con le nuove tecnologie hanno avuto dei miglioramenti: dall’alunna sulla sedia a rotelle che muovendo un avatar  nei mondi virtuali ha acquisito una maggiore padronanza dello spazio riversandola poi nelle verifiche di geografia agli alunni con sostegno che fanno un uso consapevole degli strumenti, realizzano dei lavori più che adeguati (dimostrando di padroneggiare anche il contenuto) e aiutano i compagni.

Siti/blog/riferimenti a cui ispirarsi?
Riferimenti… le intelligenze multiple di Gardner. Riguardo a siti e blog, secondo me vanno tenuti d’occhio diversi blog e gruppi su Facebook curati da insegnanti. Ormai c’è talmente tanto che segnalarne alcuni significa sacrificare tutti gli altri.

 

 

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