Welfare
Il socio sanitario lombardo: la Regione Lombardia intervenga subito
Qualora Regione Lombardia non si assumesse immediatamente gli oneri riguardanti tamponi e indagini sierologiche, Dpi, e carenza di personale, saremo costretti a rivolgerci alle autorità competenti per tutelare la salute e la vita di operatori e ospiti, nonché gli Enti gestori, da successive ripercussioni di carattere civilistico e penalistico alle quali il vostro diniego o il vostro silenzio ci potrebbe esporre.
di Redazione
Si deve purtroppo costatare che, in queste otto settimane, abbiamo assistito al moltiplicarsi di mail, note, circolari, linee guida, a volte contrastanti tra di loro e/o con le disposizioni del governo centrale o di ritorno su precedenti decisioni o ad interim. Tutto ciò non ha consentito agli Enti di mettere bene a fuoco la situazione e di garantire piena razionalità e permanente continuità nei modi e nei tempi di vigilanza, ad esempio per l’esecuzione di tamponi, né di creare tutti i necessari presupposti al lavoro in sicurezza e a tutela della salute di ospiti e operatori, trovatisi ad affrontare un’infezione assolutamente non rientrante nelle Infezioni Correlate all’Assistenza (ICA).
Permangono ad oggi ancora troppe questioni aperte che richiedono un intervento prioritario da parte di Regione Lombardia, non più procrastinabile, che deve essere incentrato sulla reale congiuntura in atto, purché espressa da chi la vive in prima linea piuttosto che su interpretazioni a tavolino o finanche su articoli e servizi dei media. Di seguito vengono richiamate, le principali istanze in più occasioni già sottoposte alla vostra attenzione, con la richiesta di un concreto recepimento e trasformazione in atti formali e sostanziali.
Tamponi e indagini sierologiche
Fino ad oggi la maggior parte delle Unità di Offerta Sociosanitarie per anziani (RSA), persone con disabilità (RSD e CSS), così come tutte le altre tipologie di strutture sociosanitarie hanno dovuto procedere in pressoché totale assenza di un reale piano pandemico, di stretta pertinenza governativa in prima istanza e secondariamente dei governi regionali, e in pressoché totale autogestione, nonostante ripetute sollecitazioni a ricevere maggiore chiarezza e linee di omogeneità territoriale.
Le strutture residenziali sociosanitarie hanno natura extra-ospedaliera e territoriale e sono “destinate ad accogliere persone anziane non autosufficienti, alle quali garantiscono interventi volti a migliorarne i livelli di autonomia, a promuoverne il benessere, a prevenire e curare le malattie croniche” (dal sito di Regione Lombardia), ove il curare fa riferimento ai soli criteri di base propri di una medicina generalista. Mentre le attività di profilassi delle malattie infettive e di tutela degli ambienti di lavoro, in particolare in caso di infezioni non endemiche e quando si esula dall’adozione di precauzioni standard, sono in primo luogo di competenza dei Dipartimenti di Prevenzione delle ATS: è quindi urgente che regole e modi di sorveglianza sanitaria di ospiti e operatori tornino in capo alle ATS. È necessario un immediato piano straordinario di analisi dei bisogni, con alta priorità rispetto ad altri servizi, che porti alla rapida esecuzione di tamponi diagnostici su residenti e operatori, senza che questo compito continui a dover essere assolto da Enti che possono non avere le competenze o le risorse per sostenerlo ulteriormente o per avviarlo.
La circolare del Ministero della salute del 3 aprile 2020 “Pandemia da COVID-19 – Aggiornamento delle indicazioni sui test diagnostici e sui criteri da adottare nella determinazione delle priorità. Aggiornamento delle indicazioni relative alla diagnosi di laboratorio” indica il tampone nasofaringeo come metodo ad oggi più attendibile. Altresì, la circolare ribadisce che il test va riservato prioritariamente ai casi clinici sintomatici/paucisintomatici, focalizzando l’identificazione dei contatti a rischio nelle 48 ore precedenti l’inizio dei sintomi del caso positivo o clinicamente sospetto. Il Ministero, inoltre, raccomanda, tra i criteri di priorità, gli Ospiti e Operatori di RSA e RSD.
Nei giorni scorsi le AA.TT.SS. hanno scritto ai gestori trasmettendo, ciascuna, le proprie procedure di approvvigionamento, effettuazione e processo dei tamponi: procedure molto diverse nei tempi e nei modi, che si sono susseguite rapidamente, spesso contraddicendo e confutando quanto comunicato poche ore prima, fino ad arrivare a comunicare ai gestori la necessità di acquistare a spese proprie i tamponi necessari e prendere accordi con i singoli laboratori per l’effettuazione dell’analisi.In tale contesto la maggior parte delle strutture ha dovuto procedere, fino ad oggi, in pressoché totale autonomia, ma con evidenti difficoltà (reperimento dei tamponi, ricerca dei laboratori, ritardi nell’arrivo dei risultati, difficoltà a gestire le attività di analisi dei contatti e di sorveglianza sanitaria).
Inoltre, la problematica dei tamponi è sempre più urgente soprattutto in relazione al personale che deve rientrare dalla malattia; sono molti i lavoratori che hanno terminato il periodo di quarantena ma impossibilitati a riprendere servizio perché non chiamati ad eseguire il tampone. Tale problematica da oggi diviene ancora più pressante alla luce delle indicazioni regionali che chiedono al gestore di effettuare il doppio tampone prima del reintegro.
Richiediamo pertanto che Regione Lombardia, per il tramite dei Dipartimenti di prevenzione delle AA.TT.SS., si faccia carico, come di sua competenza, della sorveglianza sanitaria di ospiti e operatori, provvedendo al più presto a:
- effettuazione di tamponi e test sierologici a tutti gli ospiti e a tutti gli operatori di RSA e RSD, così come agli operatori di tutte le altre tipologie di strutture sociosanitarie, compresi quelli in quarantena e che potrebbero tornare a lavorare, omogeneizzando le comunicazioni indirizzate agli Enti e limitandosi a chiedere loro la trasmissione dei nominativi di ospiti e operatori da sottoporre ai test;
- effettuare tali indagini con costi a carico del SSN, e non delle singole strutture, e con personale inviato da Regione adeguatamente formato, competente ed esperto.
Qualora Regione Lombardia non si assumesse immediatamente tali oneri, saremo costretti a rivolgerci alle autorità competenti per tutelare la salute e la vita di operatori e ospiti, nonché gli Enti gestori, da successive ripercussioni di carattere civilistico e penalistico alle quali il vostro diniego o il vostro silenzio ci potrebbe esporre.
Applicazione DGR 3018 del 30.3.2020
La Delibera 3018/2020 stabilisce che “le reti clinico assistenziali e organizzative di malattie infettive, pneumologia, terapia del dolore e cure palliative sono attivate anche per il tramite delle ATS a fornire supporto alle RSA e RSD”: nei fatti ad oggi non si evidenzia il concretizzarsi di tale supporto e si lasciano scoperte le strutture, soprattutto quelle di piccole dimensioni, impedendo nei fatti il corretto approccio clinico e assistenziale verso l’utente. Tale supporto deve concretizzarsi attraverso la presenza nelle nostre strutture di personale specializzato in grado di supportare e formare il personale già in servizio, almeno finché l’appropriatezza del setting sociosanitario non venga snaturata.In altre parole, le RSA e le RSD dovrebbero, ai primi sintomi di patologia acuta, provvedere all’invio negli ospedali degli ospiti attraverso corsie preferenziali e dedicate.
Approvvigionamento DPI
Oggi tutte le RSA, le RSD e le CSS, così come tutte le altre tipologie di strutture sociosanitarie, necessitano per la loro attività di grandi quantitativi di DPI. Su 61.000 posti letto regionali e con 30.000 operatori residui, questo vuol dire almeno 150.000 pezzi per turno di lavoro, 450.000 al giorno, 15.000.000 al mese. È indispensabile un piano straordinario di acquisizione e distribuzione alle strutture sociosanitarie che permetta di superare questa fase ma anche di gestire il prosieguo dell’emergenza, per garantire la necessaria sicurezza a strutture e operatori. Le RSA e le RSD devono costituire la prima priorità della Protezione civile, così come le strutture deputate all’accoglienza di disabili quali le RSD e CSS, che devono gestire, spesso, utenti con grave disturbo del comportamento e che mal sopportano il ricorso a tali dispositivi.
Gestione: personale e organizzazione
L’evoluzione epidemiologica dei contagi e la paura di molti operatori, hanno portato ad un numero di assenti dal servizio ormai insostenibile per molte strutture; oltre alla morbilità e alla contumacia, accade spesso che alcuni infermieri si dimettano per andare a lavorare in ospedale, si aggiunge un fenomeno di mobilità territoriale che sta portato alcuni operatori a scegliere di lasciare le strutture sociosanitarie per operare all’interno degli ospedali che hanno aperto specifici bandi per selezionare personale da impiegare nel contesto di emergenza COVID-19. Tutte le strutture sociosanitarie sono in gravissima difficoltà. La proporzione di operatori in servizio, nelle sole RSA, è ridotta al 40-50% e per altre strutture anche a meno. Analoga situazione nelle RSD. Complessivamente, si tratta di 25-30.000 operatori (medici, infermieri, ASA/OSS, e altre figure professionali) oggi assenti nella sola rete per anziani e persone con disabilità.
La tendenza è verso un ulteriore peggioramento, date le restrizioni all’impegno lavorativo dei casi sospetti e anche le difficoltà a far rientrare operatori in malattia o quarantena (tamponi di controllo, prolungamento normativo della quarantena). Ciò implica che, al di là delle esigenze collegate al Coronavirus, la qualità e quantità di assistenza che può essere garantita ai residenti è ormai critica.
Alla luce di quanto fin qui esposto, chiediamo l’urgente costituzione di un tavolo di lavoro con Regione Lombardia e Protezione Civile al fine di delineare percorsi e soluzioni in linea con l’evoluzione dei problemi.Molto fiduciosi in un accoglimento di questa nostra richiesta, porgiamo cordiali saluti.
I Presidenti delle Associazioni lombarde: AGESPI – ANASTE – ARIS – ARLEA – ANFFAS – ACI Welfare – UNEBA
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