Non profit

Il sociale in Rai è salito sino al settimo piano

Il contratto che regola il servizio tra Stato e azienda pubblica radiotelevisiva recepisce alcune richieste del terzo settore. Per esempio che le realtà sociali vengano finalmente rappresentate e racc

di Maurizio Regosa

Un successo per il terzo settore: le proposte che alcune associazioni, con una lettera, avevano formulato per il rinnovo del Contratto di servizio Rai sono entrate nel documento finale che sarà pubblicato in Gazzetta Ufficiale settimana prossima. «L?idea è partita da quell?appello», spiega Marco Beltrandi (RnP), della Commissione di vigilanza Rai. «L?abbiamo recepita perché abbiamo capito che con il Segretariato sociale non riuscivamo più a fare un passo avanti. Nel corso delle audizioni del terzo settore questo è emerso con chiarezza e a quel punto la Commissione ha votato all?unanimità l?ipotesi di una struttura che dipendesse dal direttore generale per dare forza al sociale. Va comunque dato atto al ministro di aver accolto il parere non vincolante della Commissione». Risultato? L?articolo 8 del Contratto di servizio prevede fra l?altro l?impegno a creare entro sei mesi «una struttura che risponda al direttore generale con poteri di controllo» e definisca «le linee guida di comunicazione e i principi di riferimento per la presentazione delle problematiche sociali».

Un passo in avanti

Occorrerà attendere di conoscere come tale struttura sarà costituita, ma è chiaro che avrà poteri di controllo. E questa novità va senza dubbio apprezzata. Tanto più che nel medesimo articolo il contratto sancisce un altro impegno (mai così perentoriamente espresso) e cioè quello di «promuovere e valorizzare, nell?offerta di programmazione televisiva, radiofonica e multimediale, la rappresentazione delle diverse realtà sociali del Paese». Forse non è ancora il riconoscimento pieno del terzo settore come vero e proprio corpo intermedio né l?esplicito abbandono di uno schema culturale che fin qui ha percepito solo sindacati e Confindustria con attorno il nulla, ma poco ci manca. Tant?è che il Contratto prevede la consultazione delle associazioni rappresentative delle persone con disabilità e in generale una più stretta collaborazione con il mondo del volontariato. «È uno strumento abbastanza affilato», commenta Carlo Romeo, responsabile del Segretariato sociale, «e prevede una sede permanente di confronto più asciutta e dunque più efficace. Inoltre, per la prima volta si fa riferimento alle disabilità cognitive».

E qui entriamo in un terreno quanto meno scivoloso. Perché se è vero, come si dice da più parti, che la Rai è una grande azienda in grado di fare «di tutto, di più», è pur vero che nei contratti occorre crederci (tanto più se prevedono emendamenti ?pesanti? dal punto di vista economico, come quello che impegna a sottotitolare i programmi). Viceversa sta manifestandosi un certo malessere. «Non so quanta gente si riconosce in questo Contratto», spiega Romeo, «e la cosa più difficile è cambiare le mentalità. È ancora forte la vecchia abitudine di considerare la Rai servizio pubblico per diritto divino». Come suggerisce un eloquente comunicato dell?Adrai, il sindacato dei dirigenti, dai toni estremamente critici. «Un fatto clamoroso», commenta Beltrandi, «non è mai accaduto che i dirigenti di un?azienda pubblica dicessero che va buttato il contratto che quella stessa azienda ha appena sottoscritto con lo Stato per lo svolgimento in esclusiva di un servizio». Insomma, non sarà semplice abbandonare il modello dei ?cinque minuti di bontà? e inserire il sociale dentro il normale palinsesto, specie per le resistenze interne.

Oltre alla nuova struttura l?articolo 8 fissa alcune scadenze significative. Entro sei mesi, è prevista la realizzazione di almeno un?edizione al giorno di Tg1, Tg2, Tg3, e, progressivamente entro 12 mesi, di una edizione del Tgr regionale, tradotte nella lingua dei segni (Lis), e con sottotitoli. Per favorire l?accesso all?offerta multimediale alle persone con disabilità sensoriali o cognitive saranno realizzate «specifiche programmazioni audiodescritte e trasmissioni in modalità telesoftware per le persone non vedenti, e sottotitolate» nel Televideo e nel portale Internet, sino al «raggiungimento di una quota pari ad almeno il 60% della programmazione».


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