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Il sociale? Fa bene alla banca. E ai bancari

Il supporto a Made in carcere e a Second chance, il lavoro con i minori detenuti insieme al rugbista Dominguez, il master per gli esclusi dal mercato del lavoro (e sulla soglia della povertà), Giulia Zanichelli, a capo delle risorse umane di Fideuram-Intesa Sanpaolo Private Banking, spiega le scelte sociali della banca. E racconta come costruiscano un clima aziendale migliore

di Giampaolo Cerri

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«Tutte le persone che fanno parte del gruppo Intesa Sanpaolo, hanno un po’ nella loro cifra il fatto di dover e di voler contribuire, in qualche modo, a migliorare l’ambiente in cui vivono e a rendere la vita delle persone, laddove possibile, un pochino migliore». Giulia Zanichelli, laurea in “Psicologia clinica” e master in “Human resources” alla SdA Bocconi, una lunga carriera nel mondo finanziario, governa le risorse umane di Fideuram-Intesa Sanpaolo Private Banking e risponde così quando le si osserva che anche qui nella Scheggia, il palazzone moderno, 23 piani di cemento-vetro, in Porta Nuova a Milano, si riconosce un po’ lo stile della casa, in quanto ad attenzione ai temi sociali. 

Fideuram – Intesa Sanpaolo Private Banking è controllata al 100% da Intesa Sanpaolo ed è la divisione che riunisce le società del mondo della consulenza finanziaria, patrimoniale e dei servizi fiduciari del gruppo. Con più di 350 miliardi di patrimoni gestiti (dato 2023, ndr) è la prima private bank in Italia, tra le prime in Europa. Sono 6.700 i consulenti finanziari e private banker che lavorano in cinque reti.

Giulia Zanichelli, a capo delle risorse umane di
Fideuram – Intesa Sanpaolo Private Banking

Zanichelli, tutti hanno una stessa cifra ma come si declina poi, visto che le insegne e il rapporto con la clientela sono diversi?

Ognuno lo fa nel proprio, nella propria linea di business, sul proprio territorio, con iniziative che spaziano appunto dal locale al territoriale 

Ho visto che avete progetti che riguardano il carcere, argomento oggi non molto di moda, per non dire tabù. Mi colpì, un po’ di mesi fa, sentirlo utilizzare come esempio proprio da Andrea Lecce, executive director Impact Bank di Intesa Sanpaolo. Partiamo da lì? 

Stiamo implementando diverse iniziative in questo ambito. Da diversi anni, ad esempio, nella scelta del regalo di Natale per i dipendenti e i banker di Fideuram – Intesa Sanpaolo Private Banking, scegliamo fornitori che adottino modelli etici e sostenibili, con impatto nel sociale. Da alcuni anni, abbiamo deciso di sposare il progetto proposto da “Made in Carcere” e il suo marchio sociale “2nd Chance”. Un programma che passa attraverso le mani e il lavoro di donne detenute in cinque carceri italiane, capace da una parte di dare nuova vita agli scarti produttivi di aziende tessili, dall’altra di permettere ad alcune detenute di imparare un nuovo mestiere.

Che impatto ha avuto nei colleghi?

Per tutti noi è stato un progetto bellissimo. Un modello di economia rigenerativa che guarda alle persone. Sto cercando di promuoverlo anche parlandone con i nostri concorrenti (sorride, ndr).

Dumping benefico?

È capitato che, in incontri, convegni, abbia mostrato la nostra borsa dicendo ai colleghi: «Fatelo anche voi, perché secondo me è veramente una cosa meritoria». Sì ce l’ho un po’ anch’io il pallino del carcere. Comunque, per tornare alla sua domanda, è stata una scelta apprezzatissima dai colleghi in Fideuram. Anche perché il packaging spiega bene tutta la finalità sociale del progetto. Più d’uno me ne ha parlato. Tra l’altro sono bellissimi oggetti: quelli di “Made in Carcere” ricevono donazioni da primarie maison – pellami, scampoli, stoffe – ricavandone borse, sciarpe, accessori davvero belli.

Abbiamo intervistato Luciana Delle Donne, alcuni mesi fa. Un’ex-dirigente bancaria tra l’altro. Zanichelli, lei governa però le risorse umane: qual è il senso di queste scelte? Credo che non sia semplicemente “fare un cosa buona” ma che annettiate un valore preciso a certe politiche.

Ha a che fare con la nostra storia aziendale. Il nostro purpose è: «Insieme orizzonti, non confini», un messaggio inclusivo, coraggioso e ambizioso. È la nostra essenza aziendale, all’insegna della responsabilità e dei comportamenti volti a creare una comunità serena e unita.

L’intervista a Luciana Delle Donne, ideatrice di Made in carcere

In cosa consiste, invece, il progetto “Meta Insieme”?

Con Intesa Sanpaolo e in collaborazione con il rugbista Diego Dominguez, abbiamo sostenuto il progetto “Meta Insieme, il rugby sociale per i giovani”, una settimana di attività didattica e sportiva dedicata ai ragazzi del Penitenziario minorile Fornelli di Bari. L’obiettivo è facilitare opportunità di inclusione e reinserimento lavorativo per giovani.

Qual è la risposta dei colleghi su questo approccio al sociale?

Riceviamo feedback costanti: di recente abbiamo condotto una indagine di clima e abbiamo potuto riscontrare con soddisfazione che il senso di appartenenza e l’orgoglio di essere parte di questa nostra grande “famiglia” è molto cresciuto negli ultimi anni. Penso che queste iniziative siano una delle ragioni di questo miglioramento. Come azienda cerchiamo di essere sempre coerenti e diffondiamo in ogni occasione i nostri pilastri valoriali. Inoltre, più di 250 colleghi che abbiamo definito “ambasciatori” ci aiutano, in modo autentico, a veicolare sul territorio una linea coerente rispetto al nostro sistema valoriale.

Una rete che custodisce lo scopo, interessante.

Esatto, gli “ambasciatori” sono portavoce dei valori e della cultura aziendale. Abbiamo definito il nostro purpose e i corporate values coinvolgendo una “costituente” composta da 40 manager e giovani neoassunti. Successivamente abbiamo creato dei veri e propri gruppi di lavoro, allargando la platea di persone coinvolte attivamente. Ora questi colleghi sul territorio ci aiutano a tenere vivo il nostro purpose nel tempo, raggiungendo, appunto, più di 10mila persone.

È stato utile?

Utilissimo, sono risorse fondamentali che ci aiutano a garantire una coerenza rispetto ai comportamenti agiti e alle attività che portiamo avanti. Ad esempio, di recente abbiamo partecipato a un corso molto interessante sul linguaggio inclusivo, ora attraverso la nostra rete di ambasciatori lo diffonderemo a tutte le nostre persone.

Su questo tema avevamo intervistato Stefano Lucchini, a capo degli Affari istituzionali e della comunicazione esterna del gruppo, che ci aveva presentato una guida per un adeguato approccio a questo tema (si può leggere in calce a questa intervista, ndr).

Sì, il gruppo svolge una costante attività dedicata all’inclusione e alla valorizzazione delle diversità. Tutte le divisioni sono state coinvolte per la realizzazione di questo manuale, a disposizione di ogni collega.

Qui in Fideuram, tra l’altro, avete una dichiarazione di intenti.

Sì, il nostro Manifesto racchiude in otto punti gli elementi fondanti della cultura della nostra divisione.

Ce n’era bisogno?

Sì, sono convinta sia necessario cercare continuamente nuovi canali per rendere tangibili i nostri valori, da vivere non solo in azienda, ma anche al di fuori. Il nostro Manifesto va in questa direzione, è la nostra dichiarazione d’impegno nei confronti delle persone.

Zanichelli, qual è l’iniziativa sociale che più vi rappresenta?

Digital Restart”, a mio avviso, è il progetto che più incarna i nostri valori

Come nasce?

Erano i mesi difficili della pandemia, passavo tutti i giorni davanti a Pane quotidiano, perché abito là vicino. Una lunga fila di storie dimenticate, donne e uomini, alle quali la vita è cambiata all’improvviso.

La fila a Pane Quotidiano, mensa milanese per gli indigenti. Foto di C.Furlan/LaPresse

E che cosa ha fatto?

Un giorno, parlando di questo tema con Tommaso Corcos, il nostro amministratore delegato, mi ha confidato che anche lui si ritrovava a riflettere spesso sull’impatto sociale di un momento così complesso su molte fasce della popolazione. Ragionammo su cosa potessimo fare per contribuire come azienda. Il primo pensiero è stato sostenere Pane quotidiano attraverso delle donazioni, ma poi…

Ma poi?

Poi riflettemmo sul fatto che in molti già stessero sostenendo Pane quotidiano in questa modalità. Avremmo dunque potuto aiutare quelle persone in coda ma in modo diverso. Da qui l’ispirazione.  

Come?

Talent Garden, il più importante operatore europeo di digital education, stava proponendo un master di grande successo con tassi di collocamento altissimi. Con loro, abbiamo pensato a un’iniziativa che non fosse rivolta solo a giovani neolaureati. Abbiamo proposto delle borse di studio per un programma di formazione per i lavoratori non più giovani, che avevano perso il lavoro a causa del Covid, per apprendere competenze digitali che consentissero loro di ricollocarsi nel mondo del lavoro. Così è nato il master.

Come è andata?

Alle prime tre edizioni hanno partecipato 75 persone, selezionate fra oltre 1.300 candidature. Il 65% dei partecipanti risulta, oggi, occupato in qualità di dipendente o libero professionista.

Assunti anche qui?

Sì, due alunni del master sono entrati a far parte di Fideuram. In queste settimane ha preso il via la quarta edizione. Abbiamo analizzato più di mille candidature e la cosa che più mi ha colpita…

Qual è?

Alcuni di loro, in occasione del kick-off del master, hanno voluto condividere le loro storie, fatte spesso di rovesci improvvisi, tragici imprevisti, malattie, famiglie in difficoltà. Oggi, sapere che molte delle persone che hanno partecipato a questo master hanno ripreso a vivere con dignità – non senza fatica, perché il master prevede dodici settimane di studio – per me è di grande conforto.

Anche l’ambiente vi vede impegnati.

Vero. Abbiamo deciso di regalare un albero a ogni collega che compie gli anni. L’iniziativa Happy Birthree è stata realizzata in collaborazione con Zero CO2, donando a ciascun collega in occasione del proprio compleanno, il codice di “adozione” di un albero. Sono stati così realizzati due progetti di riforestazione, in Guatemala nel 2022 e nell’Amazzonia peruviana nel 2023, contribuendo con 7.500 alberi per 49.000 m2 di territorio. Quest’anno abbiamo scelto di restare in Italia con  Treedom, con cui abbiamo individuato un terreno confiscato alla mafia e contribuiremo alla sua riforestazione.

Perché fa bene in un’azienda, in una banca, fare queste attività e comunicarle ai colleghi?

L’obiettivo è rendere le persone che lavorano in azienda orgogliose di farne parte, rafforzando il loro senso di appartenenza sulla base di valori condivisi e favorendo un clima di lavoro sereno.

Approfondisco i temi Esg, così come quelli della responsabilità sociale di impresa, del welfare aziendale, delle società benefit, nella mia newsletter settimanale ProdurreBene, riservata agli abbonati di VITA.


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