Mondo

Il Social forum? Non ha ancora imparato a parlare

I più delusi sono gli africani: «Eravamo qui per conoscere i no global, ma abbiamo capito che sanno fare solo rumore».

di Joshua Massarenti

Béatrice ha lo sguardo perso nel vuoto, la mente concentrata sui prossimi disastri che stanno per abbattersi sul Burundi. «Nel mio Paese le cose stanno andando male. Il mio caporedattore mi ha appena comunicato che il presidente del partito presidenziale si è rifugiato nell?ambasciata sudafricana di Bujumbura. Guarda, non vedo l?ora di tornarmene a casa, qui ho già perso troppo tempo». Al primo piano dell?Oriental Palace Hotel il clima è all?insegna della cupezza. Per coprire Forum sociale mondiale, assieme a Béatrice Ndayizidaniye, radiocronista burundese di 33 anni, ci sono altri quattro colleghi di lavoro chiamati dall?Institut Panos, un?importante ong internazionale impegnata nel favorire il pluralismo massmediatico in Africa subsahariana.

«Era un?occasione per capire chi diavolo erano questi no global», ironizza Alice Wakizimana, giornalista della burundese Radio Bonesha. Al pari di Béatrice, «la delusione è enorme. Speravamo di confrontarci con una realtà in grado di avanzare proposte concrete, ma oggi scopro un movimento capace soltanto di fare rumore, punto e basta».

Parole al vento

Per chi ha partecipato alla kermesse altermondialista di Nairobi, le sentenze di Alice e Béatrice non sono campate in aria. Al cospetto degli sforzi enormi spesi in tutti questi anni da decine di migliaia di organizzazioni, piccole e grandi, laiche e confessionali, per porre all?attenzione del mondo le sfide politiche, sociali, economiche e ambientali poste dalla globalizzazione, il VII Forum sociale mondiale si è concluso con un nulla di fatto. «Le battaglie degli altermondialisti appaiono legittime quanto fondamentali per il nostro futuro», sostiene dal suo piccolo osservatorio Didier Kebongo, reporter congolese dell?agenzia panafricana Syfia, «ma osservando le non conclusioni raggiunte dal Forum, mi chiedo che senso abbia promuovere un migliaio di dibattiti se poi non si è in grado di diffondere una sintesi chiara da trasmettere all?opinione pubblica». Apriti cielo.

A Nairobi l?informazione è stata un tema di discussione predominante. «Si tratta di una sfida decisiva», ammonisce François Houtard, sociologo e membro del Consiglio internazionale del Social forum. «Se vogliamo coinvolgere i media e l?opinione pubblica del Nord e del Sud del mondo», tappa obbligatoria per imporre ai leader politici una nuova agenda politica a favore della lotta contro la povertà, «è necessario cambiare strategia di comunicazione. Gli appelli lanciati in ordine sparso finiscono per essere controproducenti. I cittadini hanno bisogno di proposte chiare».

Appuntamento tedesco

In attesa che il Consiglio internazionale del Social forum diffonda un documento programmatico, la dichiarazione finale dell?assemblea dei movimenti sociali pubblicata in chiusura fa capire quanto ?chiarezza? e ?concretezza? siano concetti del tutto estranei al lessico contestatario altermondalista. Nel documento si legge la necessità di «intraprendere una fase di efficaci alternative». Quali? Non si sa. Allo stesso modo, l?agenda 2007 dell?assemblea si limita a segnalare «una vasta manifestazione internazionale contro il G8 in Germania» e una mobilitazione generale dei movimenti durante la Giornata di azione internazionale nel 2008. A nome di chi e contro che cosa, nessuno lo sa.

Eppure, il 2007 propone una battaglia decisiva sulla quale il movimento potrebbe concentrare i suoi sforzi e mobilitare l?opinione pubblica. Sono gli Epa – Economic Partnership Agreement, ovvero gli accordi di libero commercio che l?Unione Europea è sul punto di imporre ai 77 Paesi Acp (Africa-Caraibi-Pacifico) e di cui la firma, prevista per il 1° gennaio 2008, rischia di mettere definitivamente in ginocchio le già fragili economie africane. «Con gli Epa», sostiene Salil Shetty, direttore della campagna Onu per gli Obiettivi del Millennio, «diventerà impossibile mantenere l?impegno formulato dall?Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 2000 di dimezzare la povertà entro il 2015». Per Vittorio Agnoletto, europarlamentare di Sinistra europea, «quest?anno gli Epa devono occupare il primo posto dell?agenda altermondialista».

E gli Epa?

In Italia non hanno le idee così chiare. La scala delle priorità è decisamente più vaga. «A Nairobi abbiamo lavorato su molti temi, ma non credo che sulla carta ci sia un?emergenza meno rilevante dell?altra», spiega Flavio Lotti, portavoce della Tavola della Pace, una piattaforma della società civile italiana che racchiude sigle di primo piano quali Cisl, Legambiente, Banca Etica o Arci. «Sarà l?attualità a determinare la nostra agenda, anche se lavoreremo con costanza su problematiche cruciali come gli Epa o l?accesso all?acqua». Rimane difficile intendere come una strategia così poco definita possa in futuro, come già avvenuto in Kenya, attirare non solo le telecamere dei media occidentali, ma anche quelle dei Paesi in via di sviluppo.

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