Economia
Il Social Enterprise Open Camp si è chiuso passando dal globale al locale
Le imprese sociali campane si sono raccontate oggi nella suggestiva cornice della Chiesa di Sant’Anna dei Lombardi a Napoli, in occasione dell’ultima giornata dell’evento internazionale con focus sull’imprenditoria sociale
di Redazione
Le imprese sociali potenziano il territorio, valorizzano i giovani talenti e sono per natura inclini a colmare il gender gap: è questo quanto emerso dall’edizione appena conclusa del Social Enterprise Open Camp, l’evento internazionale con focus centrale sull’imprenditoria sociale che ha visto convergere a Napoli e Salerno oltre 250 partecipanti da tutto il mondo tra imprenditori e imprenditrici di impatto, aspiranti innovatori, giovani talenti, associazioni, operatori della cooperazione internazionale, investitori, rappresentanti di istituzioni, università, accademie.
«Quando si respira energia positiva e ad essere protagonisti sono i giovani, ci si rende conto che si sta remando insieme verso il futuro: è questa la sensazione che tutti noi abbiamo provato costantemente in questi giorni», ha affermato Giuseppe Bruno, presidente di Cgm, nel corso della giornata conclusiva tenutasi oggi nella splendida cornice della chiesa di Sant’Anna dei Lombardi a Napoli. «Quello che davvero conta non è infatti soltanto quello che questi giorni hanno significato ma quello che questi giorni ci lasceranno: idee, stimoli e riflessioni che contribuiranno ad assicurare anche alle prossime generazioni un futuro migliore».
Quattro giorni per apprendere, confrontarsi, creare opportunità e crescere insieme: tantissimi i temi affrontati dagli speaker italiani e internazionali: l’importanza delle imprese sociali per far fronte alle sfide del terzo millennio, il significato dello storytelling per costruire la propria brand identity, la gestione delle competenze per la formazione del capitale umano delle imprese, le modalità per l'accesso ai finanziamenti e al capitale nell’economia sociale e circolare.
«Bisogna credere nelle potenzialità delle persone. È da qui che bisogna partire per cercare soluzioni: dare l’opportunità di mettere a frutto il talento, vedere quello che gli altri non riescono a scorgere», ha commentato Elena Casolari, presidente di Fondazione Opes-Lcef. «L’impresa sociale è stata in passato talvolta lenta ad adottare determinate soluzioni perché influenzata da condizioni esterne, soprattutto di natura finanziaria. Questo invece è il momento giusto per crederci, è il momento giusto per fare il salto di qualità».
Ed è proprio nella chiesa rinascimentale del capoluogo campano che sei imprese sociali del territorio hanno raccontato come ogni giorno si impegnano per contribuire allo sviluppo della comunità, in collaborazione con le istituzioni e le persone del posto, per loro natura sempre aperte al nuovo, inclini ad accettare le sfide e ad affrontare con determinazione le difficoltà.
Nel corso del panel “Local Voices in a Global Movement” ad aver raccontato la storia e gli obiettivi delle proprie imprese sociali, nate in un territorio con logiche economiche e sociali sotto molti punti di vista differenti dal resto d’Italia – e offrendo, quindi, spunti di riflessione nuovi e interessanti -, sono stati Antonio Capece, presidente della Cooperativa Ambiente Solidale; Imma Carpiniello, Ceo di Lazzarelle Cooperativa Sociale; Giuseppe Di Marzo, membro del Consiglio Direttivo di Consorzio Proodos e presidente di A.C. Sant’Anastasia; Giovanpaolo Gaudino, presidente della Cooperativa Bambù; Mario Scignano, presidente della Cooperativa Sociale ParteNeapolis e Palma Silvestri, presidente del Consorzio La Rada.
«Siamo partiti da un elemento fondamentale della cultura napoletana: il caffè», ha raccontato Imma Carpiniello di Lazzarelle Cooperativa Sociale, che dal 2010 promuove la creazione di nuova imprenditorialità e lavoro autonomo femminile «Abbiamo poi scelto di portare il caffè e la sua torrefazione nel carcere femminile di Pozzuoli, un luogo in cui non soltanto c’è bisogno di lavorare, ma in cui c’è bisogno soprattutto di imparare un lavoro. In primo luogo, abbiamo cercato così di risolvere il grave problema della disoccupazione e sottoccupazione femminile attraverso la promozione di nuova micro-imprenditorialità; in secondo luogo, abbiamo provato a favorire la nascita di imprese "sociali" che siano in grado di offrire ed erogare servizi innovati sul territorio».
A concludere i lavori le parole di Stefano Granata, presidente Confcooperative-Federsolidarietà: «In questi giorni abbiamo aggiunto un tassello importante alla crescita dell’impresa sociale dei territori in cui veniamo. Abbiamo costruito un patrimonio comune di conoscenza, contributi, legami. I tantissimi giovani che hanno partecipato hanno dimostrato di avere idee, competenze, talento: ed è proprio il talento che deve essere coltivato e restituito come servizio alle comunità. Non usiamo il talento per affermare la nostra posizione, usiamolo per trovare soluzioni».
L’evento è stato promosso da Fondazione Opes-Lcef (un’organizzazione che ha sede a Milano e investe in imprese sociali) e da Cgm(Consorzio Gino Mattarelli, la più articolata rete organizzata di cooperative e imprese sociali presente in Italia) e organizzato in collaborazione con diversi partner strategici, tra i quali: Enel, Fondazione Cariplo, Compagnia di San Paolo, Fondazione CRT, Ubi Banca e con il Patrocinio del Comune di Napoli e di Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo.
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