Volontariato

Il Sistema Sanitario Nazionale penalizza i cronici

Indagine su 110 mila pazientt della Gemini Consulting presentata oggi a Roma da Farmindustria

di Redazione

Il sistema sanitario italiano si posiziona fra i migliori del mondo quando ha l’obiettivo di combattere le cause di morte, ma se oltre a questa indispensabile funzione gli si attribuisce anche il compito di ridurre i disagi legati alle malattie e di offrire al cittadino un servizio adeguato in termini di qualita’ e accesso alle prestazioni, oltre il 60 per cento della popolazione non lo ritiene all’altezza delle aspettative. E’ quanto emerge dallo studio sul ”Valore generato per il paziente attraverso il Servizio sanitario nazionale” – realizzato da Gemini Consulting e dal Centro Studi Economia e Sanita’. Presentato oggi alla Luiss di Roma, il lavoro e’ stato condotto in stretta collaborazione con l’Asl di Ravenna che per tre anni ha monitorato e analizzato la storia sanitaria e le terapie ricevute da 110 mila pazienti trattati con farmaci antipertensivi in termini di quantita’ di medicinali assunti, durata e continuita’ della cura. L’Italia vanta buone performances nei confronti di molti altri Paesi europei in termini di mortalita’ evitabile. Ma i valori scendono decisamente sotto la media degli altri Paesi industrializzati quando riferiti a ”vitalita’, attivita’ sociale, Stato emotivo, salute mentale”. Rispetto a Paesi come Germania, Danimarca, Olanda, Svezia, Regno Unito e USA, l’Italia fa rilevare valori piu’ o meno nella media finche’ si resta nell’ambito di parametri come quelli del dolore fisico, della salute, dell’attivita’ fisica. Fra tutti i Paesi europei l’Italia e’ al quinto posto per la mortalita’ evitabile maschile (5951 decessi l’anno contro una media europea di 6270) e al sesto per quella femminile (3144 decessi contro una media di 3304). Dopo il Belpaese (per la mortalita’ evitabile maschile) si collocano la Danimarca, e Finlandia con quasi 6.000 casi, Belgio Lussemburgo e Grecia con valori ancora piu’ alti. Ci precede invece la Svezia con poco piu’ di 4.500 casi, l’Olanda con 5000 casi e Gran Bretagna e Irlanda con circa 5.500 casi. Buoni risultati sono stati ottenuti anche in termini di mortalita’ infantile. Dal 1980 ad oggi, infatti, il tasso in Italia si e’ ridotto del 60%. Il Servizio Sanitario Nazionale, pero’, inizia a perdere colpi quando deve garantire anche il benessere psico-fisico dei cittadini. E la defaillance e’ ancora piu’ evidente se oltre alla aspettativa di vita si valuta ”come” si invecchia nel nostro Paese. Italia e Spagna – rileva la ricerca – sono purtroppo i due Paesi nella sfera delle maggiori nazioni industrializzate dove la qualita’ della vita decresce piu’ sensibilmente con il passare degli anni: nella fascia di eta’ 65-74 anni mostrano valori nettamente negativi in termini di ”benessere psico-fisico”, inteso come capacita’ di svolgere il proprio ruolo sociale, familiare, di valutazione della propria vitalita’ ed energia, di mantenere relazioni. Negli Usa, invece, ad una caduta alquanto rapida e significativa della salute fisica, corrisponde una notevole variazione in senso positivo del benessere psico-fisico. Mentre in Francia e in Inghilterra la condizione fisica subisce un peggioramento molto graduale con il passare degli anni con un miglioramento altrettanto graduale del benessere psico-fisico, in Germania lo stato di decadimento fisico e’ percepito in modo piu’ marcato ed e’ compensato da un miglioramento della condizione di benessere psico-fisico. I dati elaborati della ricerca mostrano chiaramente come l’invecchiamento della popolazione sia destinato a produrre nei prossimi 20 anni una vera esplosione dei costi per l’assistenza ai disabili: a politiche sanitarie invariate si prevede una lievitazione dei costi per la collettivita’ del 66%. Incremento destinato ad aumentare in uno scenario di politiche di contenimento dei costi focalizzate al trattamento degli acuti ma deficitarie in termini di prevenzione. Che fare, dunque? Quale politica sanitaria bisogna adottare per garantire al paziente il miglior risultato possibile in termini di salute e allo Stato in termini di risparmio pur garantendo prestazioni soddisfacenti? Secondo Ivan Cavicchi, direttore generale di Farmindustria, ”gia’ nel breve termine risultati sensibili si ottengono da una migliore utilizzazione delle terapie preventive”. Investire in trattamenti preventivi – ha detto – consente, nel breve termine, di limitare la crescita della morbilita’ e delle ospedalizzazioni permettendo cosi’ di ridurre gli incrementi di spesa complessiva del 50%, con un forte abbattimento dei costi ospedalieri e una crescita piu’ contenuta di quelli generati dalle disabilita’ di lungo termine. Ma i vantaggi di una politica capace di investire in innovazione incrementando l’offerta di terapie piu’ personalizzate o capaci di prevenire la degenerazione delle patologie in disabilita’ permanenti vanno ovviamente valutati anche in termini di qualita’ della vita. ”Fra una razionalizzazione e un razionamento delle risorse c’e’ una terza via”, quella, ha detto Cavicchi, ”del rifinanziamento del Sistema Sanitario Nazionale che deve, pero’, essere ispirato a criteri di grande equita’ sociale”.


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