Meeting di Rimini 2024
Il sistema perverso della salute mentale in Italia
La salute mentale deve essere considerata come un "diritto fondamentale" dell'uomo. Al Meeting di Rimini focus sul lavoro di Franco Basaglia e sul percorso ancora difficile della integrazione socio-sanitaria che soffre di carenza di personale, resistenze culturali e corporative, responsabilità politiche
ÈDevora Kestel, direttrice del dipartimento di Salute mentale e abuso di sostanze all’Oms di Ginevra, ad aprire il dibattito su «Disagio mentale e compassione» nella prima giornata del Meeting di Rimini 2024.
Collegata in videoconferenza nella sala Neri Generali-Cattolica, con voce calma ma decisa ha reso un omaggio storico e scientifico a Franco Basaglia, riconoscendolo come un pioniere nel campo della salute mentale: «Basaglia ha cambiato il corso della storia della salute mentale, non solo in Italia ma nel mondo intero», ha dichiarato Kestel, sottolineando l’importanza di proseguire il suo lavoro per garantire che i servizi di salute mentale siano basati sulla comunità e rispettino i diritti umani.
«L’impatto delle sue ricerche nel mondo e la trasformazione che ha generato su tante persone sono rivoluzionari: Basaglia ha lottato per liberare uomini e donne intrappolati dalle istituzioni e costretti a subire violenze e violazioni dei diritti umani», ha continuato Kestel per la quale «la salute mentale, come la salute umana, deve essere considerata come un “diritto fondamentale” dell’uomo. Il lavoro di Franco e Franca Basaglia, dunque, non è ancora finito».
Quando Franco Basaglia arrivò a Gorizia nel 1961 si accorse dell’orrore del manicomio, della sua brutalità e volgarità. A Trieste gli si affianca Michele Zanetti e insieme iniziarono un’altra storia, stavolta fatta di riconoscimento della dignità della persona, condivisione e apertura.
L’eredità di Franco Basaglia e il valore della fiducia
Ed è dunque Michele Zanetti ad offrire il ritratto di Franco Basaglia, non solo come pioniere della riforma psichiatrica, ma anche come uomo capace di instaurare rapporti di profonda fiducia e collaborazione con le persone intorno a lui. Zanetti ha ricordato come, da presidente della Provincia di Trieste, si sia trovato a lavorare fianco a fianco con Basaglia, condividendo con lui la visione di un sistema di cura che restituisse dignità e diritti alle persone con disagio mentale.
«Basaglia era un uomo straordinario, dotato di un carisma unico e di una capacità di comunicazione eccezionale», ha detto Zanetti, ricordando di come Basaglia, per superare le diffidenze del personale infermieristico dell’ospedale psichiatrico, abbia scelto di lavorare con il caso più difficile, riuscendo a trasformare un paziente considerato “pericoloso” in una persona capace di gestire il bar interno dell’ospedale. «Basaglia era in grado di vedere la persona dietro la malattia, e questo lo rendeva un medico e un uomo eccezionale», ha concluso Zanetti, invitando a continuare a lavorare per un sistema di salute mentale che metta al centro la dignità e i diritti di ogni individuo.
Comunità, prossimità, assistenza domiciliare
Sono le parole chiave della riflessione di Fabrizio Starace, presidente della Società italiana di epidemiologia psichiatrica, che offre una riflessione approfondita sullo stato attuale dei servizi di salute mentale in Italia, partendo dall’eredità della legge 180 e dalla chiusura dei manicomi, avvenuta grazie all’impulso di Basaglia. Starace ha delineato un quadro complesso e per certi versi preoccupante, evidenziando che, a distanza di 45 anni dalla promulgazione della legge, «L’Italia è l’unico Paese nel quale i grandi manicomi sono stati chiusi», sottolineando che, nonostante questo primato, permangono sfide significative, soprattutto in termini di risorse. Sebbene i primi vent’anni di applicazione della legge abbiano visto un notevole arricchimento dei servizi territoriali grazie alla riconversione delle risorse destinate ai manicomi, Starace ricorda che negli ultimi decenni si è assistito a un progressivo deterioramento delle condizioni lavorative e delle risorse disponibili. «Oggi ci troviamo con un migliaio di unità di personale in meno rispetto a 25 anni fa, mentre l’utenza è raddoppiata o triplicata», ha detto Starace, evidenziando come questa situazione stia portando a una crisi nei servizi di salute mentale, che sono costretti a operare con risorse sempre più limitate. «Investiamo meno di un ventesimo di quello che ci costa non affrontare i problemi di salute mentale», ha avvertito Starace, sottolineando che l’attuale modello di finanziamento è insostenibile e richiede una revisione profonda.
Altro aspetto cruciale, quello della carenza di personale qualificato nei servizi di salute mentale, un problema che è stato esacerbato da politiche di blocco delle assunzioni e da una generale disattenzione verso il settore. «Il personale scappa dai servizi pubblici perché il carico di lavoro è insostenibile», dice Starace, evidenziando che tutto questo ha corroso il capitale umano nella sanità e la prova è che anche i nuovi professionisti sono scoraggiati dall’entrare nel settore. «Oggi c’è una crisi di vocazione nel lavoro per la salute mentale», ha detto, indicando che è fondamentale incentivare il lavoro in équipe e l’integrazione tra servizi sanitari e sociali per rispondere adeguatamente ai bisogni complessi delle persone con disturbi mentali gravi. Infine, Starace ha puntato il dito contro le logiche “profit” applicate ai programmi personalizzati sulle persone con disagio mentale.
La compassione?
A Gigi De Palo, direttore generale Fondazione Angelini, il compito di ragionare sul concetto di “compassione” che, a dire il vero, stride leggendolo associato alla sfera del “disagio mentale” nella accezione basagliana.
«La compassione non è un sentimento buonista o pietistico, ma un pugno allo stomaco, una inquietudine interiore che ti impedisce di essere felice nel sapere che qualcuno soffre», ha detto De Palo, richiamando l’abbraccio di San Francesco ai sofferenti.
foto di copertina Ufficio stampa Meeting: volontari in un momento di debriefing nel premeeting
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