Politica

Il silenzio sugli innocenti

di Franco Bomprezzi

La politica urlata sta cannibalizzando la nostra società, e ci toglie, ogni giorno, un pezzetto di libertà, di tolleranza, di dialogo. In attesa che si arrivi alla formazione di un Governo, non essendo in grado di ipotizzare il margine di possibile successo del tentativo di Bersani, registro il silenzio dei media, imbarazzante e generale, rispetto ai temi della crisi economica e sociale, delle attese che provengono dalla parte più debole del Paese. Le parole pronunciate, con forte emozione e serietà, da Pietro Barbieri come portavoce del Forum del terzo settore, all’uscita dall’incontro con il presidente incaricato, non mi pare siano state riprese da nessuno dei grandi quotidiani o network televisivi, neppure per una “breve”.

L’agonia del governo Monti, incapace di interpretare il disagio sociale, e legato solo a una visione contabile dell’economia e della finanza, dovrebbe indicarci almeno la strada da non percorrere. Riproporre infatti, in altro modo, una specie di governo “tecnico” concordato fra Pd, Pdl e reduci della lista Monti, penso sarebbe l’ultimo errore di una lunga serie, ma nello stesso tempo sarebbe la soluzione ideale per chi, come Grillo, dichiara di puntare con decisione al cento per cento dei consensi, a partire dalle prossime elezioni.

Provo a immaginare che cosa farei io, se fossi adesso un neoparlamentare, chiamato a decidere, con le mie idee ma anche con la mia libertà costituzionale, come comportarmi di fronte all’ipotesi di un voto di fiducia, per un governo che si propone almeno con un programma e con dei ministri presentabili. Penso che una sfida del genere mi piacerebbe. Soprattutto se non facessi parte di quel governo, perché potrei ogni volta ragionare sui provvedimenti, partecipare all’elaborazione delle leggi, lavorare nelle commissioni parlamentari, dare voce a quei cittadini che mi hanno votato perché vogliono, magari in modo confuso, una svolta radicale della politica. Onestà, trasparenza, riduzione dei costi, certo. Ma poi? Che cosa potrei fare per creare opportunità di lavoro per i giovani, per le persone con disabilità, per le donne? Come potrei lavorare per ridurre l’evasione fiscale (non ne parla più nessuno) in modo tale da fornire subito più risorse allo Stato, senza dover spingere su nuove tasse, davvero insopportabili? In che modo potrei essere determinante, con il mio voto, con il mio entusiasmo?

Ecco, sto ragionando come se fossi stato eletto nel folto gruppo dei parlamentari di Cinque Stelle. Ma non lo sono. Mesi fa un amico, onesto, preparato e bravo, che vive da tempo la passione per il movimento creato da Beppe Grillo, mi chiese perché mai non facessi anche io questa scelta. Pensava che sarei stato eletto subito, con un grande consenso e dunque con ampie possibilità di realizzare le mie idee politiche e sociali. Io gli dissi che rispettavo le sue idee e il suo genuino entusiasmo, e che ero assolutamente convinto che nel movimento ci sono tantissime persone per bene e in gamba, ma l’impostazione generale del Capo e del suo esperto del consenso mediatico sono incompatibili con la mia natura, con il mio modo di pensare, di essere, di vivere le relazioni umane e politiche con gli altri, specie nel momento del dissenso, della distanza.

Il passaggio stretto della nuova fase democratica del nostro Paese è forse tutto qui. Abbiamo un bisogno assoluto di ribaltare il tavolo della politica, di mandare avanti energie nuove (ma non incompetenti), di costruire ponti (come direbbe il Papa), di abbattere muri. Ma anche di chiudere definitivamente con una lunga storia inaccettabile di personalizzazione della politica, rappresentata da Berlusconi, e oggi, paradossalmente, rinfrescata e rinnovata da Grillo.

Ora resto a vedere, cercando di non urlare, ma anzi, se possibile, di ascoltare in silenzio. Mi auguro il meglio per questo Paese. Me lo auguro davvero.

 

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