Francia

Il Servizio nazionale universale di Macron vuole “addomesticare” i giovani

Il presidente vuole renderlo obbligatorio per tutti i giovani tra i 15 e i 17 anni. Ma «il servizio nazionale universale ha una forte dimensione militare», dice Gilles Rouby, presidente del Collectif des Associations Citoyennes. «È il risultato di una volontà politica che non ha nessuno scopo educativo». Inoltre: «Non sono coinvolti attori della società civile, né organizzazioni giovanili»

di Chiara Ludovisi

Mentre in Italia il Servizio civile fa il botto, confermandosi miniera di energia positiva da non disperdere, in Francia il Servizio civico, un programma di volontariato con una missione di interesse generale, fa discutere e il Service Civique, il Servizio civile nazionale francese – Snu, decisamente non piace alle associazioni. Il presidente Macron ha da poco annunciato di voler rendere proprio quest’ultimo obbligatorio per i ragazzi tra i 15 e i 17 anni, notizia che ha fatto insorgere il mondo dell’educazione giovanile.

Oltre che sul Snu in Francia diffuse perplessità riguardano anche il “Servizio Civico“, un modello molto simile al nostro Servizio civile universale. I due Servizi oltralpe sono abbastanza diversi.
Quale sia innanzitutto la differenza tra questi due strumenti, che vorrebbero essere di educazione alla cittadinanza e alla responsabilità collettiva, lo abbiamo chiesto a Gilles Rouby, presidente del Collectif des Associations Citoyennes – Cac (Collettivo delle Associazioni Cittadine), ex presidente della Federazione Francese delle Maison des Jeunes et de la Culture – Mjc.

Gilles Rouby

Che ci spiega anche come e perché le associazioni siano così critiche nei confronti del Servizio nazionale su cui tanto è pronto a investire il presidente Macron. E su cui il Cac ha espresso dure critiche, dedicando al tema un ampio e documentato approfondimento.

Quali sono le differenze tra Servizio Civico e Snu?

Il Servizio civico è un programma nato nel 2010, destinato ai giovani dai 16 ai 25 anni, che consente di svolgere un programma della durata di 6-12 mesi in un organismo di diritto pubblico o in un’associazione. Prevede un’indennità di circa 600 euro. Il Servizio nazionale universale, nato nel 2019, si inserisce in una logica completamente diversa. Nella sua ultima versione si rivolge a giovani tra i 15 e i 17 anni. Consiste in 12 giorni di tirocinio, cui segue un progetto di 84 ore: l’obiettivo è formare i giovani ai valori della Repubblica e rafforzare la coesione sociale. Finora è stato un programma di volontariato, ma ora il governo sta pensando di renderlo obbligatorio per tutta una fascia di età che comprenderebbe circa 800mila giovani.

Voi avete espresso critiche nei confronti dell’uno e dell’altro. Quali sono, a suo avviso, quelle del Servizio civico?

I limiti riguardano lo status del giovane all’interno dell’ente e la missione assegnata. Nella sua concezione, il servizio dovrebbe nascere dalla manifestazione d’interesse del volontario nei confronti di uno dei 10 settori riconosciuti. Nella realtà, si tratta spesso di “offerte di lavoro”: gli enti reclutano un giovane per il servizio civico e sostituiscono con questo un lavoratore all’interno della struttura. Questo accade soprattutto in professioni come la comunicazione o nei servizi per persone anziane o con disabilità. I giovani volontari si ritrovano di fatto in un contesto lavorativo, ma senza la formazione adeguata e in una condizione molto precaria, fuori dal diritto del lavoro. 

E i limiti del Servizio nazionale universale? Su questo il mondo dell’associazionismo sembra particolarmente contrario…

Premetto che il Servizio nazionale è stato fortemente voluto dal presidente Macron per rafforzare la coesione sociale, “fratturata”, a suo dire, dall’ondata di attacchi terroristici del marzo 2012. Invece di mobilitare l’istruzione e la società civile – con 1,5 milioni di associazioni – il presidente Macron ha deciso di fare appello all’esercito! La commissione incaricata di presentare il rapporto per l’istituzione del Snu è infatti posta sotto l’egida di un generale e i sei membri che la compongono sono tutti fedeli sostenitori del presidente. Non sono coinvolti attori della società civile, né organizzazioni giovanili. Lo Snu ha una forte dimensione militare, destinata a promuovere la consapevolezza delle problematiche di difesa nazionale. Questo è il primo limite. In secondo luogo, c’è la questione delle risorse: nel 2023 il programma si è rivolto a 60mila giovani, per un budget di 140 milioni. Se diventasse obbligatorio, lo Snu costerebbe allo Stato 1,7 miliardi di euro, cui dovrebbero aggiungersi i fondi necessari per l’accoglienza dei giovani. Poi c’è l’aspetto educativo: pretendere di educare i giovani alla coesione sociale in 15 giorni è assurdo. Questo compito spetta all’istruzione nazionale, che dovrebbe essere il luogo privilegiato della coesione nazionale. Il Servizio nazionale è il risultato di una volontà politica, il cui unico scopo è l’addomesticamento dei giovani, non la loro educazione. Qui tutto si fa velocemente, in moduli molto brevi sulle tre questioni poste dal presidente: coesione sociale e appartenenza nazionale; difesa e sicurezza attraverso l’acquisizione di competenze; affermazione dei valori di solidarietà. 

Ritiene quindi che esista il rischio che il Snu si avvicini alle forze militari e alle attività di difesa?

L’esercito e la cultura militare sono nel Dna del Servizio nazionale universale. Di fatto, il principio e i metodi di base avvicinano i giovani ad una professione in uniforme. Un’altissima percentuale di ragazzi che aderiscono a questo programma proviene da famiglie in cui almeno un componente esercita una professione in divisa. Il generale Bertrand de la Chesnais, in un recente sul giornale di destra “Valeurs Actuelles”, ha ammesso che «lo Snu ha abusato dei valori militari»”: punizioni collettive, maltrattamenti, molestie, umiliazioni, razzismo sono frequenti in questo programma, la cui supervisione è affidata a soldati non abituati a gestire diversamente le violazioni della disciplina. Non c’è dubbio: il Servizio nazionale è fortemente segnato dal desiderio di militarizzare la gioventù, attraverso un’operazione di sottomissione e supervisione militare, con l’uso dell’uniforme, l’innalzamento della bandiera e il canto di guerra. Il governo, parlando di “impegno” dei giovani, ha in mente un impegno militare, o comunque legato alla pubblica sicurezza. Al contrario, i movimenti giovanili e di educazione popolare pensano all’impegno come costruzione della persona, formazione del pensiero critico ed emancipazione. Niente a che vedere con quel Servizio nazionale universale, che si vorrebbe rendere obbligatorio. 

Di seguito il video della campagna di reclutamento del Servizio Nazionale Universale

 

Nell’immagine in apertura il presidente Macron foto di © Matthieu Mirville/Avalon/Sintesi – nelle fotografie nel corpo dell’articolo giovani del Service national universel – Snu – foto dal sito ufficiale

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