Politica
Il Servizio civile? Tappa i buchi in comune
Statistiche. Agli enti pubblici ormai va il 57% degli accreditamenti
di Redazione
Gli enti pubblici hanno messo le mani sul servizio civile? A leggere i numeri sembrerebbe proprio di sì. Oggi gli enti pubblici rappresentano il 57% degli enti accreditati. Nell?ottobre 2004, quando per la prima volta si registrò il sorpasso storico nei confronti del non profit, erano il 53,9%. Proprio in quei giorni Giovanardi, dalle colonne di Vita, aveva assicurato «una corsia preferenziale per le associazioni». Il diktat del ministro delegato però è rimasto lettera morta.
55% di volontari ?privati?
«Capisco le preoccupazioni del non profit, ma dal punto di vista delle regole abbiamo le mani legate. La legge impone la pari dignità pubblico-privato. Confido però nella superiore capacità del privato sociale in fase di progettazione», spiega Massimo Palombi, direttore generale dell?Unsc, l?ufficio nazionale. Che avverte: «Mi auguro comunque che casi come quello della provincia di Foggia (vedi box) rimangano isolati». Mentre l?Unsc alza bandiera bianca, Antonio De Poli, nella veste di coordinatore nazionale degli assessori regionali alle Politiche sociali, va all?attacco: «In una fase in cui scompaiono gli obiettori di coscienza e si riducono le risorse a disposizione degli enti locali, è fisiologico attingere al bacino dal servizio civile volontario».
Non è sorpreso Licio Palazzini, numero uno di Arci Servizio civile: «I volontari impiegati nei progetti del privato sociale sono ancora la maggioranza (55%), ma presto il quadro potrebbe cambiare. Fino ad oggi, infatti, prefetture, vigili del fuoco, ministeri e altri soggetti pubblici in crisi di personale a causa del blocco del turnover sono ancora in una fase sperimentale, ma presto potrebbero avvalersi delle risorse del servizio civile nazionale». Eppure questo sarebbe un meccanismo controproducente anche per lo Stato.
Come spiega, cifre alla mano, Fausto Casini, presidente della Cnesc, la Conferenza nazionale enti servizio civile: «L?ultimo rapporto che abbiamo elaborato con l?Irs – Istituto di ricerca sociale rivela come lo Stato nel 2004, a fronte di 50 milioni di euro impegnati sui volontari in servizio presso i nostri enti, a cui vanno aggiunti altri 15 milioni di spese sostenute dagli enti Cnesc, abbia ottenuto un controvalore in servizi valutabile in 80 milioni di euro. Il ritorno sull?investimento è quindi pari a circa il 23%, superiore a quello che si ottiene quando i progetti sono gestiti dal pubblico». Ma non è solo una questione di bilancio. «Se il servizio civile nazionale diventa la chiave di volta per coprire falle delle strutture pubbliche, mi domando che ne è della tanto sbandierata sussidiarietà», si chiede Palazzini.
Proteste in vista
Lo snodo è anche politico. Osserva Casini: «Quando un ente pubblico, in particolare al Sud, si trova ad amministrare una quota rilevante di fondi extrabilancio, non si possono escludere tentazioni di voto di scambio».
Soluzioni? «Nessuno vuole mettere in croce gli enti pubblici, ma non mi sembra così azzardato chiedere loro di contribuire almeno al pagamento della diaria dei volontari», propone la Cnesc. Un?idea che De Poli rimanda al mittente: «Il nostro contributo si limiterà al finanziamento dei servizi civili regionali».
Fine del discorso? Neanche per idea. Come lascia intendere Palombi. Secondo il direttore dell?Unsc infatti le Regioni, volenti o nolenti, saranno presto chiamate a mettere mano al partafogli. Per la prima volta infatti quest?anno le casse dell?ufficio nazionale non permetteranno l?avviamento di tanti volontari (alla fine dovrebbero essere meno di 45mila), quanti quelli previsti in tutti i progetti approvati. Questo perché la Finanziaria 2006 ha stabilito uno stanziamento di 207 milioni di euro, che saranno integrati da altri 50milioni avanzati dalle precedenti gestioni. «A quel punto anche gli enti locali dovranno in qualche modo rispondere alla levata di scudi delle associazioni escluse», prevede Palombi.
Ma la patata bollente potrebbe anche non preoccuparlo: la tornata elettorale del 9 aprile segnerà, infatti, anche la scadenza del mandato di Palombi.
Albi regionali
In sei rimangono al palo
Con il 1° febbraio si apre una nuova fase per l?accreditamento degli enti di servizio civile: oltre all?albo nazionale saranno attivati anche gli elenchi regionali.
Gli enti presenti nelle regioni e nelle province autonome italiane e con sedi di attuazione di progetto in non più di quattro regioni e province autonome dovranno quindi far pervenire la richiesta di iscrizione entro il 15 marzo prossimo presso l?albo territoriale relativo alla regione in cui si trova la sede legale.
Continueranno invece a rivolgersi all?albo tenuto dall?Ufficio nazionale di Roma gli enti con sede legale nelle sei regioni ancora prive di elenchi ad hoc (Valle d?Aosta, Basilicata, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna), gli enti attivi in cinque o più regioni, e le sigle che presentano progetti per l?estero. Nessun ente in ogni caso potrà essere iscritto in più di un albo.
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