Famiglia
Il servizio civile secondo la Cnesc
Presentata la proposta della Consulta Nazionale di riforma degli enti
Presentata stamani a Roma, nella sede del Forum del Terzo Settore, la proposta della Cnesc di riforma sul servizio civile. “L’idea”, avverte il presidente Primo Di Blasio, “non è mediare fra le varie proposte, ma garantire un’esperienza di qualità, valorizzando tutti i soggetti coinvolti”.
Per la proposta
Di fronte ai “drammatici” tagli delle risorse statali, verificata la divisione della maggioranza sulla proposta di Giovanardi e preso atto del tentativo di regioni e comuni di “impossessarsi” del servizio civile, la Conferenza nazionale enti servizio civile (Cnesc) ha articolato una sua proposta di riforma che sarà inviato ai gruppi parlamentari e ai componenti delle Commissioni Affari Costituzionali di Senato e Camera. Una proposta che ruota attorno ad alcuni temi.
La centralità dei giovani
Per la Cnesc, sono le organizzazioni ad essere al servizio della crescita dei ragazzi e non viceversa. Il Scn deve essere una opportunità per i giovani (italiani ma anche stranieri residenti), deve consentir loro di crescere da cittadini attivi e impegnati e non deve correre il rischio di diventare una forma di “lavoro a tempo, sottopagato per di più”, come ha sottolineato il presidente. Occorre anche evitare sia un’esperienza di nicchia, garantendo almeno la partecipazione del 10% della popolazione giovanile. La centralità dei giovani si realizza, nella visione della Cnesc, grazie ad alcune pre-condizioni operative: che i progetti siano valutati in base agli investimenti educativi nei loro confronti (più che in base alle attività dell’organizzazione); che ci sia maggiore flessibilità nella durata (specie per le esperienze all’estero) e nell’orario; che si condivida una maggior formazione generale e specifica; che sia realizzati monitoraggio e certificazione delle competenze acquisite; che si valorizzi, attraverso collaborazioni con le organizzazioni imprenditoriali, il servizio civile nell’ingresso lavorativo.
Una programmazione partecipata
Il Scn dovrebbe diventare un esempio di partecipata fra istituzioni e il privato sociale. “Il Parlamento delibera, sulla proposta condivisa fra Governo, Conferenza Unificata e Consulta Nazionale del Servizio Civile, le missioni su base triennale attraverso le quali sull’intero territorio nazionale e all’estero, il Scn contribuisce alla promozione della pace e alla crescita di cittadinanza attiva fra i giovani”, si legge nella proposta. Una programmazione di lungo periodo (che dovrebbe anche promuovere la partecipazione di ragazzi con disabilità) darebbe certezze ai giovani e agli enti, più tempo per verificare i risultati dei progetti e permetterebbe un maggior coordinamento fra livelli istituzionali. Contestualmente si dovrebbe decidere il contingente minimo annuo finanziato dal bilancio statale (per la Cnesc almeno 40mila giovani full time) e articolandolo in contingenti regionali. È previsto un unico albo nazionale, all’interno del quale in fase di approvazione progetti saranno articolate le graduatorie regionali, in base ai contingenti identificati.
A ciascuno il suo compito
Secondo la Cnesc, si dovrebbe dunque mettere mano al riordino delle competenze. A Comuni e Province, spetterebbero le attività di informazione e promozione rivolte ai giovani (anche delle superiori) e il collegamento fra enti, del proprio territorio nonché la promozione del rapporto con organizzazioni imprenditoriali e centri per l’impiego del proprio territorio. Le Regioni, oltre a partecipare alla definizione del piano triennale, avranno l’onere di gestire la formazione degli operatori degli enti, le attività di controllo monitoraggio, valutazione su enti e progetti. L’Ufficio nazionale del Servizio civile, titolare del contratto con i giovani, attuerà il piano triennale, gestirà l’accreditamento organizzazioni e la valutazione dei progetti finanziati da fondi statali, predispondendo anche una relazione annuale al Parlamento. Per garantire qualità del Scn, secondo la Cnesc «occorre che le organizzazioni, in fase di accreditamento, mettano in evidenza la corrispondenza tra i propri fini istituzionali e le finalità del Scn; occorre incentivare e trovare sistemi premiali sia in fase di accreditamento che di valutazione progetti, alla organizzazione che lavorando in rete e facendo sistema sono in grado di garantire qualità all’intero sistema del Scn».
E i soldi?
Ecco quanto propone la Cnesc, a proposito del fondo nazionale che dovrebbe essere costituito da: “fondi statali vincolati al finanziamento del contingente “statale” e all’organizzazione del Scn, con il tetto del 5% dello stanziamento statale per le spese di funzionamento dell’Unsc; fondi aggiuntivi regionali, provinciali e comunali destinati al finanziamento di posizioni aggiuntive da avviare sul proprio territorio; dagli stanziamenti di province, enti locali, enti pubblici e fondazioni bancarie; dalle donazioni di cittadini, soggetti pubblici, privati e senza scopo di lucro; dalla quota dell’otto per mille assegnata allo Stato”. È previsto anche un cofinanziamento da parte delle organizzazioni sotto forma di inkind e di rinuncia a voci di rimborso oggi previste, come il vitto e alloggio e con il farsi carico di voci oggi in capo all’Unsc (ad esempio la polizza assicurativa).
Leggi inoltre l’intervista a Primo Di Blasio sul settimanale VITA in edicola (soli abboanati)
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