Cronache russe
Il senso di Vladimir per il gulag
Un nuovo arresto fra i dissenti fa scalpore. Perché a finire in carcere è un noto sociologo, conosciuto e apprezzato anche all'Estero: Boris Kagarlitsky. Inizialmente condannato a una pena pecuniaria enorme, pagata attraverso una colletta, dopo un ricorso della procura generale, l'intellettuale è stato condannato a cinque anni
In Russia hanno condannato a 5 anni di reclusione un altro dissidente “di sinistra” dell’epoca sovietica, e attualmente famoso sociologo, pubblicista di sinistra, redattore capo della rivista Rabkor (“Proletario”) Boris Kagarlitsky. Il processo è stato avviato ai sensi dell’articolo contro la “giustificazione del terrorismo” dopo i post contro la guerra da lui pubblicati sui social network.
Multa monstre e la colletta
Nel dicembre 2023 il tribunale russo ha condannato questo intellettuale, noto anche tra la “sinistra” europea, a una multa di 600mila rubli (6mila euro), somma raccolta attraverso donazioni volontarie. Ma la procura ha presentato ricorso contro la sentenza ritenendola troppo indulgente e il 13 febbraio 2024 Boris è stato condannato a 5 anni di carcere. Gli avvocati, per il cui lavoro sono state raccolte donazioni, hanno presentato ricorso contro la sentenza presso la Corte Suprema, ma ancor prima che fosse presa la decisione sul ricorso in cassazione, il 19 aprile 2024, Boris è stato inviato al luogo della reclusione. Durante l’“indagine” lo Stato è riuscito a dichiarare Boris Kagarlitsky, senza alcun motivo, un “agente straniero”, ad aprire un procedimento penale “per giustificazione del terrorismo”, ad arrestarlo e ad includerlo nell’elenco dei “terroristi ed estremisti”, come molti scrittori e intellettuali russi famosi in tutto il mondo, con una posizione pacifista come Boris Akunin, i cui libri venduti in milioni di copie sono stati venduti anche in Russia fino a poco tempo fa.
Lo stalinismo contro gli intellettuali russi
Naturalmente, tali azioni “staliniste” delle autorità russe, già completamente al di là della legge, sono dirette contro gli intellettuali russi rimasti in Russia per provocare paura e costringere, come minimo, al silenzio, o addirittura a lasciare il Paese. In un’intervista a Radio Liberty, Boris Kagarlitsky ha commentato la persecuzione nei suoi confronti da parte delle autorità: «Non credo che nessuno stia combattendo contro di me personalmente. La mia storia deve essere considerata nel contesto di tutte le persone perseguitate in Russia in generale, nel contesto della grande lotta contro il dissenso, in forza della quale le persone vengono definite “agenti stranieri”, e che quindi per la maggior parte lascia il Paese. A quanto ho capito, questa misura è progettata per spingere la persona ad andarsene: questo ha creato problemi a me, ma forse anche a chi voleva creare problemi a me».
Dopo la condanna Boris ha detto: “Ci rivedremo in un Paese libero. Dobbiamo solo vivere un po’ e superare questo periodo buio per il nostro Paese. E alla fine andrà tutto bene comunque.”
Segnali minacciosi
L’arresto e l’incarcerazione del famoso sociologo rappresentano un segnale minaccioso anche per la comunità sociologica russa e per tutte le società sociologiche indipendenti.
Il 22 aprile il tribunale ha condannato anche Yuri Kokhovets, residente a Mosca, a 5 anni di lavori forzati in base all’ articolo sui “falsi” sull’esercito russo. Allo stesso tempo, la procura ha chiesto 5 anni di carcere. In realtà, questa è una punizione seria per aver partecipato a un sondaggio di Radio Liberty, dove nella sua risposta Yuri ha menzionato la tragedia di Bucha a seguito delle azioni del personale militare russo.
Tali azioni da parte delle autorità non solo aggravano la “spirale del silenzio” nei sondaggi d’opinione, ma è anche ovvio che, anche laddove tali sondaggi sono condotti da parte di società accreditate dalle autorità, alla fine si ottengono non solo risposte irrilevanti, ma una finzione, un simulacro, che, come le elezioni in Russia, inventa semplicemente la realtà, ma non la riflette. La paura paralizza la Russia e la costringe al silenzio.
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