Welfare

Il senatore Pdl che rivuole l’indulto

Luigi Compagna rompe il fronte del no

di Ettore Colombo

È il primo esponente della maggioranza a chiedere una legge
di clemenza: «Dietro le sbarre ci sono condizioni impossibili,
al di fuori della Carta dei diritti dell’uomo» Un ddl di concessione di amnistia e di indulto è stato presentato dal senatore Pdl Luigi Compagna. Il disegno di legge prevede la concessione di amnistia per i reati per i quali «è stabilita una pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, ovvero una pena pecuniaria, sola o congiunta a detta pena», e di indulto «nella misura non superiore a quattro anni per le pene detentive e non superiore ad euro 10.329,13 per le pene pecuniarie, sole o congiunte alle pene detentive». Per i detenuti affetti da Hiv o da altre gravi patologie incompatibili con il regime carcerario l’indulto è previsto con il limite di 5 anni. Il provvedimento è stato accolto dal gelo – se non dall’aperta ostilità – delle forze politiche. Sia di maggioranza (Lega Nord in testa, ma anche il Pdl, che – per bocca del capogruppo al Senato Maurizio Gasparri – ha fatto sapere che «per questa legislatura non se ne parla neppure») che di opposizione. Radicali esclusi, ovviamente.
Ma chi è, Luigi Compagna? Classe 1948, napoletano verace (ed elegantissimo), milita nel Pdl, il che non vuol dire che non abbia una testa sua. Peraltro, Luigi è anche figlio di Francesco. Uno che ha fatto la storia della Repubblica (la Prima). Suo padre, Francesco Compagna, è stato infatti uno dei più prestigiosi intellettuali meridionalisti del primo dopoguerra, nonché fondatore della prestigiosa rivista liberale (e anti marxista) Nord e Sud. Luigi, liberale come il padre, ha scelto il Pdl. Ma “buon sangue non mente” e le idee liberal-democratiche della famiglia sono rimaste le stesse.
Vita: Senatore, come le è venuta in mente, questa “pazza idea”?
Luigi Compagna: Sono un liberale con una forte sensibilità per il mondo delle carceri, che visito abbastanza spesso. Il ministro alla Giustizia Alfano, ad inizio legislatura, aveva solennemente promesso – di fronte alle commissioni Giustizia delle Camere riunite in seduta comune – che avrebbe preso provvedimenti seri e urgenti per fronteggiare una situazione, quella carceraria, che già allora era drammatica. Quel testo, poi noto come ddl “svuota-carceri”, prevedeva i domiciliari per l’ultimo anno di detenzione. Non se n’è fatto più nulla. E ora, come si sa, siamo in una situazione drammatica, come ogni estate. Le carceri scoppiano, i detenuti si suicidano, le condizioni igieniche e abitative sono impossibili. È un dramma vero, quello che si vive nel pianeta carceri, fuori da ogni rispetto della legge e della Costituzione, ma anche della Carta dei diritti dell’uomo. Ecco il perché del mio disegno di legge.
Vita: Possibilità di attuazione pari allo zero, allo stato?
Compagna: Guardi, viviamo da decenni una situazione assurda. Una volta, a ogni legislatura, grazie al cosiddetto “partito degli avvocati” o per motivi di opportunità politica venivano proclamate una o più amnistie. Da quando è stata cambiata la Costituzione e servono i due terzi dei voti delle Camere, di fatto è diventato impossibile approvare un indulto accompagnato dall’amnistia. Non sono servite nemmeno le parole pronunciate da papa Giovanni Paolo II. Ho pensato fosse mio dovere farmi sentire.
Vita: Nel suo partito e nell’opposizione come l’hanno presa?
Compagna: Male, come si vede dalle prime reazioni ricevute. La mia lealtà al Pdl non è in discussione ma era mio dovere sollevare l’attenzione, in Parlamento, sul dramma delle carceri. Per quanto riguarda gli insulti che ho ricevuto, non me ne curo. Il guaio è che anche il Pd ha paura pure solo di parlarne.

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