Welfare

Il segreto? Imparare a essere sempre in relazione

Alzheimer/ La testimonianza di un medico

di Redazione

Ma non è triste? È questa la domanda che mi fa sempre chi scopre che da 14 anni lavoro in un Centro regionale Alzheimer. Negli anni ho messo a punto alcune risposte standard, la cui sostanza è sempre la stessa: certo che è difficile, ma in medicina – come nella vita – non esistono aree privilegiate al riparo dalla sofferenza. La tristezza dipende da che cosa è per noi l?inutilità o l?insuccesso. Se si persegue solo la guarigione, la felicità per un medico che si occupa di Alzheimer è impossibile. Invece io devo dire che è stato ed è per me un privilegio lavorare con i malati di Alzheimer e le loro famiglie. I malati mi hanno insegnato che esiste sempre uno spazio in cui costruire un equilibrio che consenta il miglior adattamento del paziente e della sua famiglia alle limitazioni imposte dalla malattia. Un mio paziente, Francesco, mi ha detto: «L?Alzheimer mi ha fatto capire che sbagliavo: la frase giusta non è ?cogito ergo sum?, ma ?sum ergo cogito?! Dottoressa, non dimentichi la centralità dell?essere! Io sono!». L?importante è imparare ad essere in relazione, nonostante la malattia. Per i famigliari e per medici è fondamentale costruire una nuova modalità di comunicazione con il malato, una tecnica che sarà utile in tutte le fasi di demenza, soprattutto quando bisognerà far fronte ai disturbi comportamentali, da leggere come espressione dei bisogni del paziente. La diagnosi di morbo di Alzheimer è solo l?inizio di un percorso di cure effettuate in alleanza tra specialista, paziente, famiglia e medico di base. ?Cure? è declinato intenzionalmente al plurale, poiché la terapia non è fatta solo dai farmaci, ma dalla costruzione di ambiente fisico e relazionale che sia una protesi per il paziente, in grado di contenere e ridurre i sintomi della demenza. Per costruire questo progetto è fondamentale che la famiglia conosca le caratteristiche e la prognosi della malattia, e questa formazione deve avvenire in un programma di counselling strutturato, effettuato da specialisti. In altri termini, l?obiettivo di un progetto di cure individuale è la miglior qualità di vita possibile per quella persona malata e per la sua famiglia. Nel frattempo, nell?attesa che la ricerca dia i suoi frutti, noi medici impariamo dai malati: sum, ergo cogito. Carla Pettenati responsabile Centro regionale Alzheimer A.O.G. Salvini, Ospedale di Passirana-Rho (MI)


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