Migranti

Il Secondo Mare, un’inchiesta a fumetti sull’iter burocratico per ottenere l’asilo politico

Al 27 ottobre 2023 sono sbarcate sulle coste italiane 142.384 persone. Ma cosa succede dopo che si sopravvive al Mediterraneo Centrale? Gli autori Danilo Deninotti e Kanjano firmano “Il Secondo Mare”, un'inchiesta a fumetti sull'iter burocratico per ottenere l'asilo politico in Italia che viene rappresentato come il tabellone del gioco da tavolo Monopoli, per evidenziare la natura poco lineare del percorso di asilo, tra imprevisti e probabilità

di Anna Spena

Al 27 ottobre 2023 sono sbarcate sulle coste italiane 142.384 persone. Ma quando si sopravvive al mare, cosa succede dopo? L’hanno raccontato in un reportage a fumetti scritto da Danilo Deninotti e disegnato da Kanjano.

L’inchiesta è stata pubblicata su La Revue Dessineé Italia, una rivista trimestrale di giornalismo a fumetti.  Con la loro inchiesta tentano di mettere in fila i passaggi che i richiedenti asilo affrontano: pericolosi, lunghi, intricati. E lo fanno con un reportage che dà forma e volti ai dati del fenomeno, raccontando parallelamente il mondo umano che abita i Cas (Centro di Accoglienza Straordinaria) e la storia di un operatore, lui stesso ex-migrante che ha ottenuto la protezione internazionale in Italia. I livelli di lettura sono diversi e complementari: la voce narrante che accompagna tutto il reportage è quella dell’operatore ed è frutto di una lunga intervista raccolta dagli autori. Il controcanto è dato dall’analisi dei numeri e dei dati che raccontano le persone, il fenomeno migratorio e le mille facce dell’accoglienza. Quello che dovrebbe essere l’iter burocratico per la richiesta di protezione internazionale (complessissimo da evincere da fonti ufficiali) viene rappresentato come il tabellone del gioco da tavolo Monopoli, ad evidenziare la natura poco lineare del percorso di asilo. Intervista a Danilo Deninotti.

Per chi è pensato il reportage? Quali lettori vi siete immaginati?

Lettori che vogliono conoscere e approfondire tematiche alla maniera dello slow journalism, ovvero con tempi, profondità e linguaggio non più così comuni nel giornalismo di mainstream. Ovviamente cercheremo di portare il nostro reportage anche al di fuori di questa cerchia in qualche modo già edotta, non tanto sulla tematica in sé, ma affine a un certo tipo di posizioni politiche e sociali e di ragionamento. In primis organizzando incontri aperti in alcune librerie, cercando poi di comunicarlo come stiamo facendo anche ora con questa intervista, e utilizzandolo come fonte di spunti e riferimenti anche durante i laboratori nelle scuole cui ci capita di partecipare o durante i corsi che entrambi teniamo presso accademie e università.

Come vi siete documentati?

Abbiamo studiato il più possibile, approfondito e letto documenti ufficiali, report, statistiche e ricerche — il testo del reportage abbonda di riferimenti e dati — e fatto interviste ai vari livelli della “filiera” del mondo della richiesta di protezione internazionale, incrociando poi le dichiarazioni con le leggi e le norme.

Avete avuto le autorizzazioni per entrare nei Cas?

No, purtroppo. Ma non credo sia stato un limite, anzi. Entrare all’interno del Cas in veste ufficiale ci avrebbe obbligatoriamente posti in una situazione scomoda, quasi di superiorità e in qualche modo “violenta” nei confronti degli ospiti — invasori di un mondo non nostro —  e avrebbe finito per creare un filtro troppo forte tra noi e i richiedenti asilo. Abbiamo perciò preferito evitare trafile altrettanto burocratiche e ingessate, scegliendo di incontrare le persone al di fuori delle mura del Cas, in mondo da raccogliere informazioni e storie in maniera più informale e distesa, e soprattutto anonima, per questioni di privacy e sicurezza (loro).

Come il linguaggio del fumetto può avvicinare alla comprensione di questo tema?

Il fumetto, per un tema come questo — spesso trattato in modo superficiale o frettoloso — diventa il linguaggio perfetto per prendersi lo spazio, visivo in primis, per mostrare in modo più chiaro, semplice e diretto la questione; evidenziandone proprio la sua stessa complessità. Anzi, giocandoci anche. Da qui la scelta che abbiamo fatto di utilizzare la metafora del Monopoli. Grazie alle pagine in cui mettiamo in scena l’iter burocratico proprio come fosse un epigone di quel gioco da tavola, riusciamo (speriamo!) a mettere in fila i vari passaggi, altrimenti complessissimi da trarre da fonti ufficiali; riuscendone però al contempo a evidenziarne la natura ben poco lineare. Inoltre, ho sempre la convinzione che il fumetto, per affrontare temi come questo, sia il medium perfetto per la sua capacità di restituire le immagini degli eventi arricchite dall’interpretazione. Il fumetto, a differenza di una fotografia, per esempio, permette una rilettura in più, una prospettiva, un tipo di aggiustamento che lo rende un mezzo dal valore conoscitivo unico.

Con quante persone avete parlato per realizzare il lavoro?

Abbiamo parlato con alcuni richiedenti asilo e operatori. In modo da avere tutto l’armamentario narrativo e giornalistico possibile: immagini e situazioni di contesto per rappresentare la quotidianità; informazioni di prima mano e punti di vista reali da cui trarre spunti, ragionamenti, ma anche dialoghi; e storie autentiche da poter mettere in scena per dare forma e volti ai dati del fenomeno.

Una storia che ti è rimasta impressa?

Sicuramente quella che fa da voce narrante a tutto il reportage. Ovvero la storia dell’operatore che è anche un ex richiedente asilo. Soprattutto per la sua onestà, spesso brutale; tanto umana quando assolutamente avulsa da ogni tipo di pietismo.


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