Due settimane infuocate. Mentre l’Italia è andata alle urne, io mi sono ammalata, Pistorius è uscito su cauzione, il Papa se ne è andato, Tropi ha lavorato e il Comune di Milano ha aperto il primo store “made in carcere” in viale dei Mille 1 (angolo piazzale Dateo) che espone e vende i prodotti dell’economia carceraria, come le nostre borse di BORSEGGI.
Il negozio è davvero bello. C’è il verde e l’arredamento di design della cooperativa sociale Opera in Fiore che con Plinioltre sta definendo una metodologia unica di social business, capace di creare nuovo lavoro e insegnare una professione a chi è – o è stato – in carcere; ci sono i violini della liuteria di Opera; il tessile delle sartine di Alice del laboratorio a San Vittore; i servizi di call center di Bollate; i mobili di Estia e i quadri elettrici della cooperativa Cidiesse.
“L’inaugurazione di questo nuovo spazio è il giusto punto di arrivo di un percorso volto a valorizzare il lavoro, le professionalità e le imprese nate all’interno delle carceri milanesi. Lavoro, prodotti e servizi che trovano oggi una vetrina per aprirsi alla città e rafforzarsi sul mercato”. Così l’assessore alle politiche per il Lavoro e lo Sviluppo economico, Cristina Tajani, ha commentato l’apertura della nuova sede dell’Acceleratore d’Impresa Ristretta, gestito dalla no profit A&I, che ha finanziato anche il nostro progetto con l’acquisto di macchine per cucire professionali (vedi qualche post precedente).
In carcere le elezioni non sono state il tema principale. Anzi, sembra che ben pochi se le siano filate. Tropi, come altri detenuti, non votano. Con la pena hanno perso i diritti civili. “Tu dimmi come potranno mai governare – mi chiede – quelli lì?”. La tempesta perfetta del 25 febbraio che sarà ricordata a lungo per un’Italia ingovernabile, oggi, sembra cosa vecchia. Decrepita. Dentro, altre urgenze dettano legge. Il lavoro prima di tutto.
Grandi manovre agitano il reparto delle lavorazioni del carcere di Milano-Opera. Il box per la verniciatura dei violini si sposta. Nella sartoria entrano nuove postazioni lavoro. Si affacciano nuove realtà imprenditoriali. “Un carcere civile non è un tormento”. Ha ribadito anche su Vita Luigi Pagano, vice capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria italiana (Dap), in risposta al problema delle carceri. “Bisogna far uscire i detenuti dalle celle; società civile e istituzioni facciano la loro parte”.
“La bellezza nel lavoro può diventare contagiosa e insegnare molto”. Lo spiegano bene Federica Della Casa e Alessandro Pellarin, veterani della formazione professionale per l’inserimento nella società di persone in situazioni difficili. “Il nuovo negozio è una grande opportunità. Bisogna imparare a ottimizzare le poche risorse a disposizione trasformandole in eccellenze.” La nuova vetrina milanese è la nuova sfida per far uscire il bello che sta anche dietro le sbarre. Il lavoro che insegna. Anche in carcere.
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