Non profit
Il salto di gratuità e le miserie del non profit
A proposito della riflessione di Zamagni
di Redazione
Quando Stefano Zamagni dice che è giunto il momento di «slegare il terzo settore», di liberarlo «da lacci e costrizioni, che siano di carattere giuridico normativo o di carattere organizzativo e soprattutto di carattere culturale» (editoriale di Vita, numero 23), con me sfonda una porta aperta! Davvero occorre liberare il non profit. Zamagni aggiunge: «Se si vogliono scongiurare i rischi devastanti di trappole di povertà sociale, le nostre società hanno bisogno di far posto a soggetti capaci di fare il “salto della gratuità” suscitando così rapporti nuovi, rapporti di reciprocità». Ho speso la mia vita per diffondere questo messaggio. Ci credo davvero. Ma oggi mi chiedo se davvero basti “un salto di gratuità” per risolvere la povertà nel rione Scampia di Napoli, o diminuire l’abbandono scolastico che tocca il 30% degli studenti al Sud, o far calare la crescita esponenziale degli alcolizzati negli ultimi dieci anni? È davvero importante che ci siano persone e luoghi testimoni del valore della persona umana. Ma mi chiedo se questo basti. Spesso le nostre organizzazioni non profit sono fra i luoghi più burocratici e poveri (e meno attraenti per i talenti) di tutti i luoghi di lavoro italiani. Quasi tutti, ma specialmente i giovani sono sottopagati. Mentre tutti sappiamo che dove ci sono più soldi, molte volte (non sempre) ci sono più idee. La storia del libero mercato (di cui il capitalismo è una distorsione) lo racconta. Ovviamente non è sempre vero.
Ci sono molte aziende piene di soldi, che non funzionano, ma è inutile negarlo: dove alla felicità di essere in un bel posto di lavoro si somma un buon stipendio, le organizzazioni prosperano di talenti. In un mondo ideale dovrebbe bastare “un salto di gratuità”, per riequilibrare le cose, ma nel mondo reale ultimamente le dinamiche sono altre. Certamente c’è da essere grati a Zamagni perché l’invito alla gratuità resta uno straordinario stimolo a muoversi e anche a sognare.
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