Qualche tempo fa un qualche mio interlocutore (non ricordo bene chi, forse un mio vecchio capo) sosteneva che l’epica dell’impresa sociale si tramanda oralmente. Casi di successo, frutto di start-up innovative e networking coraggioso, girano soprattutto nei corsi di formazione, a margini di assemblee e convention. Poca roba scritta (e spesso male). Posto che le cose siano effettivamente andate così e posto che la comunicazione diretta coi protagonisti delle case histories sia effettivamente più efficace, è chiaro che oggi non può più funzionare. O meglio, non può più bastare. Sia perché il settore dell’imprenditoria sociale è cresciuto e si è differenziato al suo interno, sia perché è più esposto e soggetto di interesse da parte di un pubblico (e dei relativi media) sempre più ampio e variegato. Bisogna quindi passare alla fase di codifica della narrazione (mica facile) e poi soprattutto occorre insistere sulla divulgazione attraverso svariati canali. Un primo trampolino, ad esempio, è Vita, che nella sua nuova veste editoriale dedica addirittura un intero dorso alla narrazione di storie. E poi c’è il salto della piattaforma, ovvero i circuiti dell’informazione generalista e di quella sviluppata in ambiti laterali rispetto a quelli solitamente bazzicati dalle storie di impresa sociale. Un esempio? Meglio due. Cangiari, la griffe di moda del consorzio Goel la trovi alla Biennale di architettura e su pubblicazioni di innovazione sociale, contendendosi lo spazio con gli onnipresenti hubbers. E poi Le Mat, la rete del turismo sociale recentemente scoperta dai Ninja Marketing (con una brutta immagine però, da loro mi aspettavo di più!). Iniziative diverse, strategie di comunicazione altrettanto differenziate. Ma con qualche punto in comune che andrebbe approfondito. Primo c’è un marchio di mezzo. Secondo si tratta di prodotti e servizi a fruibilità allargata e che generano in maniera molto chiara benefici a diversi livelli. Terzo si sono aperti a contaminazioni con esperienze diverse, anche nel modo in cui articolano la loro comunicazione. Sono benchmark molto importanti. Anche per le organizzazioni di rappresentanza di cui fanno parte. Il consorzio Cgm, di cui Goel è socio, e che sta investendo molto in comunicazione. E Legacoopsociali, di cui Le Mat è membro, ha organizzato proprio poco tempo fa un convegno in cui si chiedeva perché “il sociale non passa sui media”. Beh, a quanto pare qualcuno c’è riuscito.
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