Famiglia
Il Rwanda sotto accusa
Le Monde: un rapporto Onu punta il dito contro il regime rwandese per crimini contro l'umanità e di genocidio
Il Rwanda torna nell’occhio del ciclone. Secondo le anticipazioni di Le Monde che cita un rapporto di prossima pubblicazione dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, il regime del presidente rwandese Paul Kagame si sarebbe reso protagonista di “gravi violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale in Repubblica democratica del Congo tra marzo 1993 a giugno 2003”. Nelle oltre 600 pagine che ripercorrono un decennio di massacri e saccheggi perpetrati in Congo, il rapporto ipotizza addirittura reati di genocidio contro rifugiati rwandesi Hutu, scappati in territorio congolese dal Rwanda nel 1994 all’indomani di un altro genocidio – l’unico finora accertato dalla Comunità internazionale nella regione dei Grandi Laghi – in cui 800mila rwandesi tutsi furono uccisi da estremisti hutu.
Non è la prima volta che i soldati del presidente Kagame sono accusati di massacri in Congo. Già in passato rapporti pubblicati dall’Onu e ong internazionali avevano puntato il dito contro le esazioni commesse dall’Esercito patriottico rwandese (Apr) su civili nell’est del Congo. Ma è la prima volta – sostengono gli esperti delle Nazioni Unite – che un rapporto rinchiude al termine di un anno di inchiesta “prove e testimonianze contro i responsabili di crimini contro l’umanita’, crimini di guerra e persino di genocidio”.
Dopo lo sterminio consumatosi in Rwanda tra l’aprile e il luglio 1994, la gran parte dei responsabili dell’eccidio – tutti estremisti hutu – si mescolarono nella massa di rwandesi hutu in fuga dal Rwanda per paura di rappresaglie dei nuovi padroni del paese, il movimento ribelle tutsi guidato da Paul Kagame. Da allora, lo stesso Kagame giustificò l’occupazione dei suoi soldati nel Congo orientale per dare caccia agli estremisti hutu e impedire loro di tornare in Rwanda con la forza. Al di là delle minacce, in molti sospettarono Kagame di nascondere in realtà ben altre ambizioni, e cioè sfruttare il crollo del regime congolese di Mobutu per mettere le mani sulle immense risorse minerarie e naturali del Congo e trovare nel paese africano uno sbocco territoriale in grado di assorbire una parte della popolazione del Rwanda, noto per la sua fortissima densità demografica.
Secondo Le Monde, nelle ultime settimane il regime rwandese avrebbe esercitato pressioni fortissime sulle Nazioni Unite “per soffocare il rapporto”. Durante un incontro a Madrid nel luglio scorso, il presidente Kagame avrebbe addirittura minacciato Ban Ki-Moon di ritirare i soldati rwandesi dalle missioni di pace delle Nazioni Unite. Il Segretario Generale dell’Onu avrebbe in seguito “messo in guardia l’Alto Commissario per i diritti umani, la sudafricana Navanethem Pillay, contro l’utilizzo della parola genocidio per i crimini dell’esercito rwandese nella versione finale del rapporto la cui pubblicazione è prevista – in teoria – a settembre”. Nota per il suo carattere inflessibile, la Pillay sarà difficile da piegare, anche perché dopo aver ricoperto le funzioni di presidente del Tribunale penale internazionale per il Rwanda tra il 1995 e il 2003, l’ex magistrato di origine sudafricana conosce molto bene il dossier rwandese. Tuttavia, la Pillay dovrà fare i conti con altri “otto eserciti nazionali” e “21 gruppi armati irregolari” citati nel rapporto, tutti accusati di crimini perpetrati durante la seconda guerra del Congo tra il 1998 e il 2003. Di sicuro, il Rwanda non accetterà mai di diventare il capro espiatorio di una guerra che ha coinvolto numerosi paesi africani, tra cui l’Uganda e l’Angola. Per non parlare delle esazioni commesse dall’esercito regolare congolese.
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