Il rugby si riprende Librino

di Simone Chiaramonte

Riconquistare in gruppo lo spazio circostante fino a oltrepassare la meta. Non solo sul campo di gioco: a Librino, quartiere periferico di Catania, una squadra di rugby guida la riappropriazione di un’area urbana abbandonata, in un contesto sociale dominato dalla criminalità organizzata.

Opere pubbliche incompiute, sprechi, passaggi di mano e di responsabilità. Fenomeni noti e diffusi in gran parte della Sicilia, una regione magnificata dai tesori della classicità e deturpata dalle rovine dell’inaugurazionismo. Esemplare è il caso di Librino, periferia sud-ovest di Catania, dove a metà degli anni Novanta l’amministrazione investe circa 10 milioni di euro per la costruzione di un centro sportivo polifunzionale in vista delle Universiadi del 1997. Le scadenze non vengono rispettate, la struttura viene consegnata incompleta nel 2003 e successivamente abbandonata. Neppure una convenzione tra l’amministrazione e la Calcio Catania è risolutiva, nonostante l’impegno della società ad organizzare una scuola calcio.

I campi, gli uffici, le palestre e gli spogliatoi nell’arco di poco tempo vengono vandalizzati e resi inagibili: per la sistemazione del centro si calcolano circa 8 milioni di euro, più o meno quelli spesi per la sua costruzione. Librino non è un quartiere facile e il centro polifunzionale sorge a ridosso del “Palazzo di cemento”, vero e proprio covo della criminalità organizzata nonché uno dei principali luoghi di spaccio, traffico di armi, ricettazione. L’abbandono della struttura, di per sé già grave, in un contesto di forte degrado risulta devastante.

Ma contro l’indifferenza si mobilitano i volontari dell’associazione Iqbal Masih, attivi nel quartiere dal 1995 con vari laboratori e fondatori nel 2006 de “I Briganti” Rugby Librino. Coraggio, generosità, sacrificio, altruismo, rispetto dei compagni, dell’avversario e delle regole. Il rugby non è soltanto una pratica agonistica ma uno stile di vita che in 5 anni di lavoro, su un campo bonificato pezzo per pezzo, viene trasmesso a più di 300 ragazzi del quartiere. Per ridare vita all’impianto abbandonato “I Briganti”, conformandosi al Regolamento degli strumenti di partecipazione democratica, chiedono al Comune di ottenerne la gestione con una petizione popolare che raccoglie 7mila adesioni. Altri cittadini, associazioni e sindacati appoggiano la richiesta. Interviene addirittura il presidente della Federazione italiana rugby con una lettera indirizzata all’Assessorato allo sport di Catania. Senza alcun esito tangibile.

Per restituire la struttura pubblica abbandonata alla collettività, “I Briganti” avviano allora una battaglia di legalità: pur non possedendo alcun titolo sull’area, riescono a riunire un centinaio di cittadini per ripulire, spostare, estirpare, mettere in sicurezza i tombini scoperchiati, ripristinare gli accessi. Costituiscono il Comitato San Teodoro Liberato, riunendo cittadini e tante realtà dell’associazionismo catanese. Danno vita ad una campagna di azionariato popolare, con la sottoscrizione di “buonAzioni”, per sostenere le spese materiali di recupero. Nell’arco di alcuni mesi ripuliscono gli spazi esterni, creando una piccola arena, lavorano sull’impianto elettrico, realizzano un’area attrezzata per la serigrafia, danno vita ad un progetto di orto sociale con l’aiuto di consorzi bio e aziende agricole.

E dopo aver lavorato duramente per ripristinare il terreno, la palestra, gli spogliatoi, riescono ad ottenere dalla Federazione – a tempi record – l’omologazione del campo da gioco a cui, un mese più tardi, fa seguito l’inaugurazione della club house. Dopo 15 anni i ragazzi di Librino hanno finalmente un campo dove poter allenarsi e svolgere gare ufficiali. E comprendere – attraverso il rugby – il valore della fatica, del gruppo e delle regole.

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