Mondo
Il rispetto del popolo è l’antidoto contro i populismi
«Steve Bannon e Aleksandr Dugin sono i sacerdoti di populismi che evocano una falsa realtà pseudo-religiosa e pseudo-mistica, che nega il centro della teologia occidentale». Lo scrive il presidente dei vescovi europei sull'ultimo quaderno de La Civiltà Cattolica
L’uomo europeo, che ha perduto i suoi legami familiari e non si definisce più come persona ma come individuo, ha smarrito la propria identità. Poiché l’identità è molto diversa da un passaporto, che possiamo metterci in tasca; la vera identità si costruisce nel dialogo permanente della nostra vita: dialogo con Dio e dialogo con gli uomini.
L’Europa, che sta perdendo la propria identità, si costruisce identitarismi, populismi, in cui la nazione non è più vissuta come comunità politica, ma diventa un fantasma del passato, uno spettro che trascina dietro di sé le vittime delle guerre dovute ai nazionalismi della storia. I populismi vogliono allontanare i problemi reali, organizzando danze intorno a un vitello d’oro.
Essi costruiscono una falsa identità, denunciando nemici che sono accusati di tutti i mali della società: ad esempio, i migranti o l’Unione Europea. I populismi legano gli individui non in comunità dove l’altro è una persona vicina, un partner nel dialogo e nell’azione, ma in gruppi che ripetono gli stessi slogan, che creano nuove uniformità, che sono l’anticamera dei totalitarismi.
Un cristianesimo autoreferenziale rischia di veder emergere punti comuni con questa negazione della realtà e rischia di creare dinamiche che alla fine divoreranno il cristianesimo stesso. Steve Bannon e Aleksandr Dugin sono i sacerdoti di tali populismi che evocano una falsa realtà pseudo-religiosa e pseudo-mistica, che nega il centro della teologia occidentale, che è l’amore di Dio e l’amore del prossimo. Perché l’amore non può esistere senza libertà, e la libertà è la condizione indispensabile di ogni interazione umana, è la condizione indispensabile dell’agire e della responsabilità politica.
Senza libertà la nostra fede non esiste. Risvegliamo quindi nei nostri cittadini il senso della libertà, della responsabilità e della solidarietà, diamo priorità a una fede viva, che è relazione, a una fede che non ha bisogno di offrire sacrifici sugli altari di Baal.
Ma non lasciamoci ingannare: in un mondo che è alla ricerca di comunità, l’identità è importante. Si devono rispettare tutte le identità; al tempo stesso, però, si deve fare di tutto perché esse non siano chiuse, ma aperte, e divengano identità dialoganti.
Il rispetto del popolo è l’antidoto contro i populismi. L’Europa è composta da popoli diversi con culture diverse che formano la civiltà europea. Il popolo non è un’identità mitica fissata da geni ancestrali, ma è piuttosto una comunità di persone che condividono una stessa cultura e sono chiamate insieme a operare per il bene comune.
Come scriveva Bergoglio nel 2010: «Non serve un progetto di pochi e per pochi, di una minoranza illuminata o di testimoni, che si appropria di un senso collettivo. Si tratta di un accordo per vivere insieme. È la volontà espressa di voler essere popolo-nazione nel mondo contemporaneo».
Queste parole, scritte dall’arcivescovo di Buenos Aires dopo le elezioni in Argentina del 4 marzo 2010, conservano oggi tutta la loro attualità e possono essere intese come una critica alle élites che hanno perso il senso del popolo, come i filosofi e i prìncipi dell’Illuminismo. Chi governa è chiamato a sentirsi parte del popolo e a servirlo non dall’alto in una struttura piramidale, ma dal suo interno stesso. Il popolo non è una massa anonima che chiede di essere dominata: è composto da persone molto diverse – con la loro esperienza umana che le rende uniche –, che sono i soggetti dei diritti dell’uomo. È questo profondo rispetto per i diritti dell’uomo che distingue le sètte dalle religioni, i totalitarismi dalle democrazie.
Estratto da Jean-Claude Hollerich, "Veso le elezioni europee", La Civiltà Cattolica, n. 4052 (2019)
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