Cultura

Il rettore Carlo Secchi annuncia… E ora, aprire agli immigrati

La Bocconi lancia un’agenzia per l’imprenditoria multietnica. "Sogno una nuova Umanitaria". Ecco tempi e particolari.

di Francesco Maggio

Cento anni, occasione per guardare avanti. I numerosi eventi che scandiscono l?anniversario della Bocconi si stanno rivelando una preziosa occasione per ripensare il ruolo, i programmi di studio, la vocazione internazionale e territoriale al contempo, del tempio degli studi economici. I lavori sono in corso e, tra le principali iniziative in cantiere, spicca l?idea di dar vita a un?agenzia per l?imprenditoria etnica. Ne abbiamo parlato con il rettore Carlo Secchi, tra i più convinti sostenitori del progetto. Vita: Come nasce l?iniziativa di costituire un?agenzia per l?impresa multietnica? Carlo Secchi: La Bocconi è un?università che sin dalla nascita cerca di coniugare la sua vocazione internazionale con il radicamento territoriale, altrettanto forte, a Milano. Proprio questo legame ci ha spinto a porci la domanda: cosa possiamo fare per Milano? Vita: E che risposta vi siete dati? Carlo Secchi: Ci siamo innanzitutto guardati intorno e abbiamo individuato nel fenomeno dell?immigrazione una delle grandi questioni aperte della città. Abbiamo quindi affidato a un gruppo di studiosi, coordinati dal professor Antonio Chiesi, il compito di realizzare una ricerca sul tema delle iniziative imprenditoriali tra gli immigrati. Vita: E che cosa è emerso? Secchi: Che ci sono ancora molti ostacoli di ordine culturale e strutturale che ne impediscono lo sviluppo. E ciò sebbene i cittadini stranieri rappresentino ormai il 9% della popolazione di Milano e il 4,7% di quella della provincia mentre il 19% dei matrimoni coinvolgono almeno un partner immigrato. Vita: Quindi? Secchi: Questo vuol dire che l?immigrazione è vista a volte come un fattore di destabilizzazione sociale, altre come opportunità per creare posti di lavoro medio-bassi che non trovano più candidati italiani. Da qui l?interrogativo: cosa può fare la nostra università per contribuire alla soluzione o, perlomeno, alla buona impostazione di questi rapporti? E la risposta: diamo vita a un?agenzia che aiuti a valorizzare le potenzialità degli immigrati, coinvolgendo nell?iniziativa più soggetti, dalla Camera di commercio alle fondazioni bancarie, dalle imprese al mondo del non profit. Da parte sua la Bocconi si è subito dichiarata disponibile a offrire mille ore dei propri docenti e studenti, destinate alla ?formazione dei formatori?, di coloro cioè che organizzano corsi e lezioni per gli immigrati; e, ancora, altre mille ore di consulenza post formazione agli immigrati da parte degli aderenti all?Associazione laureati della Bocconi. Vita: Quali risultati si aspetta a breve? Secchi: Che nei primi mesi del 2003 partano i primi moduli formativi. Entro Pasqua la macchina va messa in moto. Vita: Sotto quale veste giuridica? Secchi: Stiamo valutando alcune opzioni. Forse costituiremo una fondazione. Vita: E nel lungo periodo? Secchi:L?auspicio è che l?agenzia acquisti riconoscibilità, diventi un centro di eccellenza nel suo campo, una sorta di Umanitaria. Vita: Che ruolo assegna al non profit? Secchi: Un ruolo importantissimo, direi fondamentale, per almeno due ordini di ragioni: le riconosciute capacità imprenditoriali del settore in una serie di ambiti dove né lo Stato né il mercato sono in grado di competere; la disponibilità di risorse umane altamente qualificate che producono beni relazionali indispensabili per portare avanti un progetto come l?agenzia. Vita: Indagini recenti hanno dimostrato che le banche italiane, nel complesso, non prestano particolare attenzione alle esigenze degli immigrati. Crede che la finanza etica possa essere una valida alternativa? Secchi: E’ vero, finora nel complesso le banche sono state un po? alla finestra riguardo al fenomeno dell?immigrazione. Ma la situazione sta rapidamente migliorando. Quanto alla finanza etica, la penso allo stesso modo del non profit: anch?essa è importantissima. Sia perché si dimostra capace di raggiungere target di utenti ?scoperti?, i cosiddetti soggetti unbanked. Sia in quanto, nella sua accezione di socially responsible investing, promuove una cultura di un uso responsabile del denaro, non speculativo, riavvicina la finanza ai fondamentali dell?impresa e dell?economia, si rivela uno strumento di apertura all?altro. E gli immigrati, per sviluppare le loro capacità imprenditoriali, hanno bisogno di aperture di credito, in tutti i sensi.


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