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Il reporter da Gaza: l’ansia della prima notte di assedio

Cosimo Caridi, 32 anni, è entrato nella Striscia subito dopo l'inizio delle ostilità, e i suoi video stanno facendo il giro del mondo. "Qui si corre, la paura della gente è tanta, Hamas si nasconde nei tunnel e Israele fa evacuare anche gli ospedali a suon di bombe"

di Daniele Biella

“Questa mattina la situazione a Gaza city e nei dintorni è relativamente tranquilla, qualche eco di spari o movimenti di mezzi, ma nessuna grossa azione militare. Stanotte, invece, è stata dura: le informazioni sulle modalità dell’invasione israeliana via terra del Nord Est della Striscia erano confuse, i colpi di cannone, i missili lanciati dai droni dell’Idf, Israeli defence forces, e da Hamas sono stati parecchi, alcuni di noi giornalisti hanno dovuto lasciare un hotel che era vicino a un altro luogo segnalato come possibile obiettivo militare…”. Ha tanto da raccontare il collega freelance Cosimo Caridi (e lo sta facendo con articoli e video in prima linea, come quello girato per 'Il fatto quotidiano' pochi istanti dopo l’orrenda uccisione dei quattro bambini palestinesi nel capanno sulla spiaggia, essendo stato uno dei primi reporter ad arrivare sul luogo), 32 anni, che raggiungiamo al telefono dopo la prima notte in cui il governo di Israele ha lanciato la fase due dell’operazione Protection edge, Margine protettivo, avente come obiettivo il ritrovamento dell’arsenale e dei miliziani di Hamas nascosti perlo più sottoterra e che finora ha causato la morte di almeno 280 persone, gran parte dei quali civili, almeno uno su cinque minorenne.

Cosa è successo ieri sera?
L’invasione, seppure alla fine è avvenuta solo per qualche centinaio di metri e ora i soldati sono ritornati in territorio israeliano, ci ha fatto correre tutta la notte. Il momento più duro è stato quando l’Idf ha attaccato l’ospedale di Al Wafa, posto vicino alla buffer zone, la zona cuscinetto che divide gli edifici della Striscia dal confine con Israele. L’esercito ha fatto di tutto per evacuare il posto, considerato logisticamente importante: vi ha sparato nei pressi o sul muro esterno, obbligando così i pazienti, il personale medico e i volontari internazionali che facevano da scudi umani ad abbandonare a fatica il luogo, dato che l'80 per cento era in coma, essendo un centro di riabilitazione per casi gravi. Una volta liberato l’ospedale, è stato più facile per l’Idf portare avanti la propria strategia.

Quale strategia?
Quella che vuole portare avanti azioni mirate, almeno da quattro punti distinti e soprattutto con i carri armati e i soldati a piedi, per trovare i tunnel in cui si nascondono gli uomini di Hamas e con loro le armi. Considerano infatti che gli imbocchi dei tunnel siano nascosti tra le case, per questo hanno intimato alla popolazione di lasciare le loro abitazioni. Finora, però, non si sa se stanotte hanno raggiunto il loro scopo.

Sei riuscito a vedere qualcuno di questi tunnel?
No, è praticamente impossibile. Parlando con gli abitanti della Striscia, nessuno sa dove sono, o meglio l’impressione è che non ne vogliano parlare nello specifico. C’è omertà in tal senso, tutti sanno che ci sono uomini in clandestinità di Hamas, che mantengono un basso profilo come da formazione militare appresa dai miliziani libanesi di Hezbollah. Di certo non ci sono i leader di Hamas, perché già almeno due settimane fa, alle prime avvisaglie di conflitto, sono fuggiti altrove.

La popolazione sta con Hamas o è critica verso il lancio di razzi?
La gente ha paura perché i morti sono tanti e potrebbe accadere a chiunque visto l’alto numero di civili ammazzati dai bombardamenti israeliani: per questo si affida a chi la difende, come successo in passato. E parte della popolazione è disposta a sacrificare la propria quotidianità, accettando la guerra, in nome di un futuro diverso da quello attuale, dato che l’embargo l’ha portata a una sorta di ‘non vita’. Ma parlando con la gente ti rendi conto che tutti sono coscienti del fatto che sulla lunga distanza Hamas non potrà mai prevalere, anche perché prima del conflitto era nel momento peggiore della propria storia politica, in discesa nei consensi tanto che era arrivata al primo storico accordo con Fatah. Ora, paradossalmente, è tornata ad avere l’appoggio dei gazawi, gli abitanti di Gaza, in conseguenza dell’attacco israeliano, che è particolare: di logoramento, psicologico.

Così come tra Israele e Hamas non c’è oggi dialogo, nonostante le comunque deboli mediazioni dell’altro partito israeliano, Al Fatah di Abu Mazen, e della comunità internazionale, l’opinione pubblica esterna a Gaza è come sempre divisa in due fazioni, un muro contro muro in cui prevale la rabbia reciproca. Non c’è verso di superare le divisioni?
No, fino a quando ognuno racconta la propria narrativa a senso unico. Anche la divisione tra i media è evidente, e in Italia più che mai, e ciò è profondamente sbagliato perché non porta da nessuna parte. Le uccisioni di civili di Israele suscitano indignazione ma qualcuno in qualche modo le legittima, dall’altra parte non c’è una condanna univoca alle azioni di Hamas da parte di chi ha a cuore la questione palestinese, e quello che è difficile da sopportare è quando si esagera da entrambe le parti: ricevo tesi di persone che reputano, nonostante l’evidenza giornalistica, l’attacco ai bambini in spiaggia un’azione strategica di Hamas, mentre altri inviano foto raccapriccianti del genocidio in Siria facendole passare per immagini di Gaza, ‘in solidarietà’ con le vittime palestinesi. Tutto questo non ha senso, aumenta solo la spirale d’odio.

Che percezione hai sul proseguimento della guerra?
Il governo di Israele si sta giocando tutto in questo attacco. Sa di avere gli occhi del mondo e di tutte le organizzazioni di diritti umani puntati addosso. Qua Hamas si nasconde, e ogni errore come l’uccisione dei quattro cugini sulla spiaggia, ma anche di altri tre bambini ieri in una casa della periferia, è una macchia difficile da giustificare. È davvero dura pensare come potrebbe evolversi in positivo la situazione. Il dato di fatto è che ora il valico di Eretz, unica via d’uscita dalla Striscia essendo il confine con l'Egitto, Rafah, chiuso da tempo se non aperto sporadicamente per i feriti, è chiuso per almeno due giorni. Né noi reporter, né gli abitanti di Gaza possiamo uscire. Aspettiamo, in apprensione. E documentiamo.
 

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